«Guai a voi, farisei! Guai anche a voi, dottori della legge!» (Luca 11:42-46)

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Vangelo di Gesù Cristo secondo San Luca

In quel tempo, Gesù disse:
    «Guai a voi, farisei,
perché paghi la decima
su tutte le piante del giardino,
come la menta e la ruta
e ti perdi il giudizio e l'amore di Dio.
Questo doveva essere osservato,
senza rinunciare a questo.
    Guai a voi, farisei,
perché amate il primo posto nelle sinagoghe,
e saluti nelle piazze pubbliche.
    Che sfortuna per te,
perché sei come quelle tombe che non vediamo
e su cui camminiamo senza saperlo.

    Allora un dottore della Legge gli rispose e disse:
“Maestro, così parlando,
Anche noi siamo quelli che insulti."
    Gesù rispose:
“Anche voi, dottori della Legge, siete infelici,
perché fai pagare le persone
di fardelli impossibili da sopportare,
e voi stessi non toccate neppure questi fardelli
con un dito.

            – Acclamiamo la Parola di Dio.

Oltre il legalismo verso l'amore: ascoltare e seguire la voce di Cristo

Dalla critica dei farisei alla libertà dei discepoli: discernere, agire e portare frutto oggi.

Questo testo è rivolto a coloro che cercano una fede densa e semplice al tempo stesso: esigente per il cuore, luminosa per la coscienza e feconda per la vita. Partendo dai "guai" rivolti ai farisei (Lc 11,42-46) e dalla chiamata luminosa "Le mie pecore ascoltano la mia voce" (Gv 10,27), seguiremo un filo di trasformazione: passando dal peso delle esigenze alla grazia delle relazioni, dal prestigio religioso alla carità concreta, dall'ansia di fare il bene alla gioia di amare meglio. L'obiettivo: un metodo riproducibile per discernere, agire e trasmettere.

Collochiamo Lc 11,42-46 e Gv 10,27 nel loro contesto e nella loro portata spirituale.

Identificare l'idea guida: l'integrazione del giudizio e dell'amore come cuore della Legge.

Distribuire tre assi: criteri, conversione delle motivazioni, condivisione degli oneri.

Tradurre in pratica: ambiti di vita, progetti concreti, schede pratiche attuabili.

Ancorarsi alla tradizione, rispondere alle sfide, invocare un inizio gioioso.

Contesto

Il brano di Luca 11,42-46 è al centro di una controversia tra Gesù e alcuni farisei e dottori della Legge. Il rimprovero non è rivolto all'osservanza in quanto tale, ma al suo squilibrio: scrupoloso nel pagare la decima su menta e ruta, negligente nei confronti "del giudizio e dell'amore di Dio". Questa tensione rivela un sottile cambiamento: quando la pratica, anche meticolosa, si stacca dal suo scopo, diventa un peso inutile e un paravento contro la misericordia.

La menzione dei "posti in prima fila" e dei "saluti nelle piazze" introduce la dimensione sociale della religione: il riconoscimento diventa moneta di scambio simbolica. Tuttavia, la vita spirituale, non appena si nutre dello sguardo sociale anziché dello sguardo di Dio, si espone a una doppia corruzione: vanità da un lato, cinismo dall'altro. Gesù non castiga per umiliare, ma per liberare: toglie la maschera per restituire al volto la sua luce.

Un'immagine sconvolgente struttura la denuncia: "tombe che non si vedono". Nell'Ebraismo del Secondo Tempio, il contatto con una tomba rende impuri. Una tomba nascosta contamina all'insaputa di chi vi passa accanto. È l'illustrazione di una religiosità che, priva di trasparenza interiore, diventa fonte di impurità sociale: trasmette paura e ossessione invece di trasmettere vita.

Il dialogo con un dottore della Legge sposta la critica dalla scena rituale al campo etico: «Voi caricate gli uomini di pesi insopportabili, e voi non potete toccarli neppure con un dito». L'indurimento normativo, senza sostegno, produce esaurimento e schiacciamento. Gesù propone un'altra logica: non abolire la Legge, ma compierla orientandola al suo fine, l'amore di Dio e del prossimo, la giustizia come stile di relazione. Da qui la convergenza con Gv 10,27: «Le mie pecore ascoltano la mia voce e io le conosco ed esse mi seguono». L'autorità che viene da Cristo è relazionale, non oppressiva; conosce, parla, guida e conduce alla vita.

Farisei e dottori della legge

I farisei formarono un movimento di risveglio che valorizzava la santità nella vita quotidiana, al di là del Tempio. I dottori della Legge (scribi) erano interpreti riconosciuti della Torah orale e scritta. Gesù dialogava con loro dall'interno di un mondo ebraico plurale, criticando le deviazioni, non un popolo o una tradizione nel suo complesso. La sua polemica era un intervento chirurgico, non una condanna generalizzata.

Sfumando il contesto si evita l'anacronismo e qualsiasi antigiudaismo.

«Guai a voi, farisei! Guai anche a voi, dottori della legge!» (Luca 11:42-46)

Analisi

Idea guida: Gesù contrappone l'ossessione per i dettagli alla dimenticanza dell'essenziale, ma senza contrapporre l'essenziale ai dettagli. La chiave ermeneutica risiede nella sua frase di equilibrio: "Questo si doveva osservare, senza abbandonare quello". Non si tratta di una decostruzione morale, ma di una gerarchia dei beni: amore e giustizia sono la misura di ogni osservanza. Quando un precetto apparentemente minore (la decima della menta) prende il posto del cuore (il retto giudizio e la carità), la bussola impazzisce.

La retorica dei "guai" è profetica. Smaschera una facciata di logica: primo posto, saluti, tombe invisibili. La religione diventa un teatro dove si gioca il proprio valore. In risposta, Giovanni 10:27 offre la controfigura: il rapporto tra il pastore e le pecore. Non si sale sul palco; si cammina dietro una voce. Non si tratta di essere visti, ma di imparare ad ascoltare.

Evidenze interne al testo: l'opposizione "decima... giudizio e amore", le immagini dell'impurità nascosta, la critica dei pesi, tracciano una geografia della deviazione. Evidenze esterne (tradizione): la Legge mira alla carità; l'autorità pastorale è un servizio; il discernimento prevale sull'esecuzione. Conseguenza: l'autentica riforma spirituale non abolisce riti o regole, ma li riorienta e li alleggerisce reinserendoli nella relazione che salva. La voce di Cristo è meno un ordine che un orientamento vitale: attrae, riconosce, precede.

“Questo… senza abbandonare quello”

Due errori simmetrici: 1) Legalismi estenuanti, senza amore. 2) Sentimenti vaghi, senza forma né fedeltà. Gesù unisce sostanza (carità) e forma (pratiche), ordinando la seconda alla prima. La fede matura si riconosce da questo equilibrio vivente.

riunire l'essenziale e il secondario, ma nel giusto ordine.

«Guai a voi, farisei! Guai anche a voi, dottori della legge!» (Luca 11:42-46)

Giudizio e amore: i criteri del cuore

Il binomio "giudizio e amore di Dio" (Lc 11,42) riassume l'etica biblica: giudicare con giustizia e amare con fedeltà. Il giudizio qui si riferisce al discernimento relazionale e sociale: saper soppesare equità e misericordia, dare a ciascuno ciò che gli è dovuto e superare i punti ciechi delle nostre preferenze. L'amore di Dio non è un'emozione diffusa; permea tutte le scelte concrete, soprattutto quelle che comportano un costo. L'uno senza l'altro si altera: il giudizio senza amore diventa freddezza; l'amore senza giudizio si dissolve in sentimentalismo.

Emerge un criterio pratico: ciò che accresce la capacità di una vera relazione fa parte dell'amore; ciò che la diminuisce è un falso zelo. Applicato alle osservanze, questo significa: una pratica è giusta se ritaglia in me lo spazio per una carità più ardente e una giustizia più raffinata. Al contrario, se mi rende più duro, più superiore, più ansioso, si allontana dal suo scopo. Questa sobria verifica richiede onestà e sostegno.

L'immagine delle "tombe invisibili" richiama un altro criterio: la trasparenza. La santità non è uno strato bianco su una tomba; è la vita che opera nel fango della realtà. Una comunità che sa dare un nome ai propri limiti si purifica profondamente. Una comunità che li nasconde lascia affiorare una contaminazione silenziosa: paura, vergogna, doppi sensi. Le "disgrazie" assumono allora il valore di un salutare allarme.

Infine, Giovanni 10,27 propone la regola ultima: ascoltare la voce di Cristo. Come? Attraverso le Scritture ricevute nella Chiesa, attraverso la preghiera silenziosa, attraverso la prova della carità concreta, attraverso il consiglio dei poveri e dei piccoli che ci ri-insegnano il centro. Il discernimento diventa un'arte: una pratica, una parola, una regola mi rendono più capace di amare Dio e il prossimo in modo giusto? Se sì, continuiamo, a volte semplificando. Altrimenti, ci riaggiustiamo, a volte rinunciando all'accessorio.

Motivi purificati: dal prestigio alla presenza

"Amate il posto migliore e i saluti": la tentazione del prestigio non è esclusiva dei farisei. Colpisce ogni ambiente impegnato e virtuoso. Dove c'è eccellenza, riconoscimento e capitale simbolico, c'è confronto, paura di cadere e calcolo della reputazione. Gesù non abolisce l'onore dovuto; ci libera dall'idolatria dello sguardo. L'antidoto non è l'inciviltà, ma la presenza umile: vedere e servire senza vedersi come servitori.

Un cammino di purificazione implica la giusta intenzione: prima di un atto religioso o caritativo, chiediti interiormente: per chi lo sto facendo? Per Cristo e i suoi piccoli, o per mantenere un'immagine di me stesso? Questa domanda non umilia; unifica. Trasforma la prestazione in offerta, il protocollo in presenza. Gradualmente, l'identità cambia: non più "essere colui che...", ma "essere conosciuto da Cristo". La frase "Io li conosco" in Giovanni 10 è tenera e decisa: la vera sicurezza non sta nell'essere visti, ma nell'essere riconosciuti da Colui che conosce.

Nelle comunità, la conversione delle motivazioni richiede forme concrete: rotazione delle responsabilità, gratitudine condivisa, rilettura congiunta delle decisioni a partire dai più vulnerabili. Il "primo posto" diventa un'unità di servizio che circola. Il discorso si sposta dall'"io" al "noi". L'attenzione si sposta verso le periferie: chi non ha un posto, chi non viene salutato? Allora la liturgia degli onori si trasfigura in una liturgia della carità.

Siate attenti a un paradosso: la visibilità può essere giustificabile quando serve a un bene superiore. La testimonianza pubblica, la presa di parola e l'accettazione di una missione non sono intrinsecamente sospetti. Ciò che conta è la fonte (la chiamata ricevuta), lo scopo (l'edificazione degli altri) e il modo (l'umiltà gioiosa). Il segno della salute: la gioia rimane anche se la posizione scompare.

Indice di vanità spirituale

Segnali di allarme: ricerca sistematica di ringraziamenti, risentimento per essere trascurati, confusione delle critiche con attacchi personali, preferenza per compiti visibili, accumulo di titoli. Antidoti: servizio discreto, ascolto di chi non ha potere, esame ignaziano, correzione fraterna.

Osserva senza giudicare; converti senza esaurirti.

«Guai a voi, farisei! Guai anche a voi, dottori della legge!» (Luca 11:42-46)

Fardelli da portare insieme: accompagnamento evangelico

«Voi portate pesi insopportabili»: l'ingiustizia non è dovuta solo alla norma, ma anche al modo in cui viene applicata. Una regola giusta diventa oppressiva se vengono tolti pedagogia, progressismo e aiuto fraterno. Gesù propone un altro stile di autorità: cammina davanti e accanto. Insegna e porta. Corregge e solleva. In breve, trasforma la Legge in una via.

Concretamente, questo implica un'arte dell'accompagnamento. Innanzitutto, alleggerire ciò che è incidentale, chiarire ciò che è essenziale, riconoscere ciò che è impossibile. La vita morale cristiana non è un esame costante, ma una crescita. Poi, unire le mani nell'azione: "non toccare nemmeno con un dito" è la diagnosi di un'autorità che delega la costrizione senza condividerne il costo. L'autorità evangelica, al contrario, si espone e si impegna.

Nelle famiglie, nei gruppi e nelle parrocchie, dobbiamo passare da una logica di prescrizione a una logica di compagnia: lavorare con essa, mostrare come, celebrare i progressi. La classica confessione "meno, di più, meglio" aiuta: meno istruzioni, più esempi, migliore supporto. I pesi diventano sopportabili quando vengono condivisi e quando sappiamo perché li portiamo.

Infine, collega l'esigenza alla promessa. "Le mie pecore ascoltano la mia voce": se l'ascolto è reale, il cammino diventa possibile. Una comunità che incoraggia l'ascolto (silenzio, Parola, rilettura) scopre l'adattamento delle regole e il coraggio delle decisioni. La voce di Cristo non impone dall'alto; attrae dal futuro. Per questo la Chiesa avanza non per pressione, ma per persuasione nutrita dalla speranza.

Criteri per un sostegno equo

Chiarezza di intenti (carità), progressività dei passi, reale corresponsabilità, valutazione degli effetti sui più vulnerabili, diritto alla prova e all'errore, regolare rilettura orante.

Quando l'accompagnamento è giusto, il peso diventa il percorso.

Implicazioni e applicazioni

  • Vita personale: pratica un esame quotidiano delle tue intenzioni. Annota un atto in cui amore e giustizia si sono incontrati, un altro in cui uno dei due è mancato. Modifica un punto concreto per il giorno successivo.
  • Vita familiare: ridurre al minimo le "regole" domestiche, specificare il motivo di ogni regola, consentire eccezioni e ritualizzare la gratitudine anziché la punizione.
  • Vita comunitaria/ecclesiale: verificare gli "oneri" (calendario, obblighi, moduli). Eliminare il superfluo, spiegare l'essenziale, creare coppie di mutuo soccorso, aprire "finestre di ascolto" di quindici minuti.
  • Vita professionale: sostituire un'istruzione imposta con un processo co-costruito. Stabilire criteri misurabili legati al significato del lavoro. Condividere il peso dei compiti ingrati attraverso la rotazione.
  • Vita civica: Sostieni iniziative locali per la giustizia che alleviano i pesi reali (debiti, isolamento, abbandono scolastico). Partecipa per un'ora a settimana a un'azione concreta e visibile.
  • Vita digitale: scopri il "primo posto" virtuale. Definisci regole di utilizzo che incoraggino l'ascolto (silenzio, commenti gentili, verifica condivisa dei fatti). Vieta l'umiliazione pubblica.
  • Vita spirituale: reinserisci le pratiche (digiuno, decima, pellegrinaggio) in un progetto di beneficenza. Associa ogni pratica a una persona da amare e a un atto di giustizia da compiere.

Risonanze

La Legge orientata alla carità è un leitmotiv patristico. Agostino riassume: "Ama e fa' ciò che vuoi" (non "ciò che ti piace", ma "ciò che l'amore illuminato comanda"). Tommaso d'Aquino specifica: il fine della nuova legge è la grazia dello Spirito che ci rende capaci di carità; i precetti hanno senso solo in relazione a questo fine. La norma è buona se istruisce, migliore se accompagna, perfetta se trasforma.

La tradizione ebraica stessa ne sfuma l'osservanza. Il Talmud e la Mishnah discutono i diversi gradi di obbligo della decima, rivelando una preoccupazione per la coerenza piuttosto che per lo scrupolo. Il rabbino Hillel condensa la Torah in una regola d'oro: "Ciò che è odioso a te, non farlo al tuo prossimo". Gesù segue questa dinamica conducendo al compimento: amare Dio e il prossimo riassume la Legge e i Profeti.

Nel Nuovo Testamento, Giacomo ci ricorda che la "religione pura" consiste nel prendersi cura degli orfani e delle vedove e nel conservarsi puri dal mondo. Paolo afferma che "il compimento perfetto della Legge è l'amore"; denuncia anche i "falsi fratelli" che impongono pesi inutili. Il Vangelo secondo Matteo (capitolo 23) offre un parallelo sviluppato con i "guai", confermando la centralità della giustizia, della misericordia e della fedeltà.

Il Magistero contemporaneo prosegue: il Vaticano II (Dei Verbum) insiste sull'ascolto della Parola; la Gaudium et Spes reinserisce la fede nelle gioie e nelle speranze del mondo. Testi recenti denunciano la "mondanità spirituale", questa miscela di codici pii ed ego, più pericolosa delle debolezze visibili. L'ecclesiologia di comunione ridefinisce l'autorità come servizio, la richiesta come cammino, la missione come uscita da sé.

«Guai a voi, farisei! Guai anche a voi, dottori della legge!» (Luca 11:42-46)

Percorso di pratica e meditazione

Proponi una settimana di ascolto per allineare intenzione, pratica e beneficenza.

  • Giorno 1 — Silenzio di orientamento (10 minuti): "Signore, fammi sentire la tua voce". Respira lentamente. Condividi tre situazioni in cui desidero discernere.
  • Giorno 2 — Lectio (Lc 11,42-46): Leggere lentamente, sottolineando “questo… senza abbandonare quello”. Chiedere luce su un “quello” per alleggerire, un “questo” per approfondire.
  • Giorno 3 — Lectio (Gv 10,27): Ascolta la voce del Pastore. Nota una parola che richiede un'azione concreta oggi. Agisci con umiltà.
  • Giorno 4 — Piccola elezione: scegli una pratica da semplificare e una relazione da onorare. Scrivi su un biglietto: "Meno forma superflua, più presenza reale".
  • Giorno 5 — Supporto: trova un compagno di viaggio. Condividi un carico, chiedi consiglio, offri aiuto. Organizza una revisione congiunta tra due settimane.
  • Giorno 6 — Misericordia: Compi un atto discreto di giustizia misericordiosa. Ad esempio, salda un piccolo debito morale o riabilita qualcuno che è stato giudicato male con una parola.
  • Giorno 7 — Ringraziamento: ripercorri la settimana. Quali pesi sono stati eliminati? Quale gioia è emersa? Ringrazia e decidi un passo duraturo.

Problemi e sfide attuali

  • Questa critica non alimenta forse l'antigiudaismo? Il testo è una disputa intra-ebraica. Gesù, ebreo, parla agli ebrei in un contesto di riforma. La nostra lettura deve respingere qualsiasi generalizzazione abusiva. Gli abusi presi di mira esistono in ogni religione, ogni ideologia, ogni istituzione. La vigilanza etica è universale.
  • Dovremmo allora abolire le pratiche religiose? No. Gesù dice "questo... senza abbandonare quello". Le forme sono preziose quando sono al servizio della relazione. La soluzione non è l'anomia, ma l'ordine: semplificare l'accessorio, approfondire l'essenziale, articolare i due.
  • Chi decide cosa è “essenziale”? Né capriccio individuale né dettato anonimo. Il discernimento è radicato nella Scrittura, verificato nella Tradizione, ricevuto dalla comunità e attualizzato dalla coscienza illuminata. L'episcopato e i pastori hanno un ruolo di garanzia; il sensus fidei del popolo di Dio contribuisce; la carità verso i piccoli è una prova decisiva.
  • Come evitare il burnout dovuto al “portare pesi”? Ponendo limiti equi, condividendo veramente, diversificando le forme di aiuto (tempo, competenza, incoraggiamento), ricordando che non tutto dipende da me. Lo Spirito agisce al di là delle nostre possibilità. La gioia è indice di una buona carica.
  • E l'autorità nella Chiesa? L'autorità evangelica è servizio. Non è né morbida (laissez-faire) né dura (imporre senza guida). Insegna, ascolta, decide e riferisce. Accetta la correzione fraterna. Si lascia convertire dai frutti della missione piuttosto che dalla paura di perdere la faccia.

Preghiera

Signore Gesù, vero Pastore, la tua voce ci chiama alla vita. Ti benediciamo per la tua conoscenza amorevole, più forte delle nostre paure, più chiara della nostra confusione. Guidaci all'ascolto che libera e all'obbedienza che dona gioia.

Signore, confessiamo la nostra durezza: quando abbiamo preferito le apparenze alla verità, il primo posto all'ultimo servizio, la fredda lettera all'amore vivo. Purifica le nostre intenzioni, semplifica le nostre pratiche, unifica i nostri cuori. R/ Concedici di ascoltare la tua voce.

Tu ci ricordi che «il giudizio e l’amore di Dio» sono il cuore della Legge. Illumina il nostro discernimento, affinché la giustizia non diventi severità e la misericordia non si diluisca in indifferenza. Donaci la capacità di scegliere ciò che fa crescere le relazioni e di scartare ciò che le distrugge. R/ Donaci la capacità di ascoltare la tua voce.

Preghiamo per i pastori e i leader: impedisci loro di caricarsi di pesi impossibili da portare. Ispira in loro un governo umile, paziente e coraggioso, che accompagna camminando, che insegna servendo, che corregge sollevando. R/ Concedici di ascoltare la tua voce.

Ti affidiamo coloro che sono oppressi dal peso di obblighi senza sostegno, di regole senza spiegazione, di un isolamento senza voce. Invia loro fratelli e sorelle che tocchino delicatamente questi pesi, condividano il cammino e aprano cammini praticabili. R/ Fa' che possiamo ascoltare la tua voce.

Visita le nostre comunità: liberaci dal “primo posto” e dai saluti vani. Rendi le nostre assemblee case di trasparenza, dove possiamo nominare senza vergogna le nostre debolezze e ricevere aiuto senza indugio. Che la liturgia dei nostri cuori trabocchi di opere di giustizia e di pace. R/ Concedici di ascoltare la tua voce.

Insegnaci l'arte dell'essenziale: meno accessori, più presenza; meno parole vuote, più gesti utili; meno calcolo, più gratuità. Che ogni regola rimandi alla carità, ogni esigenza alla grazia, ogni decisione al bene degli ultimi. R/ Fa' che sappiamo ascoltare la tua voce.

Tu che conosci le tue pecore e chi le tue pecore seguono, tienici stretti a te. Possa il tuo Spirito imprimere in noi la legge nuova e la tua parola, accolta nel silenzio, diventare sentiero sotto i nostri piedi. Tu che vivi e regni nei secoli dei secoli. Amen.

Indicatori di frutta

Meno ansia e più gioia; meno lamentele e più iniziative; meno apparenza e più presenza; meno parole vuote e più gesti utili; più poveri raggiunti.

I frutti del Vangelo si misurano dalla vita che trasmettono.

Conclusione

Cristo non ci invita a compiere un atto religioso più efficace, ma a stringere un'alleanza più semplice e vera: ascoltare la sua voce, camminare dietro di lui, amare con giudizio. Le "sventure" non hanno lo scopo di condannare, ma di risvegliare: la vita è troppo preziosa per perdersi in accessori; le relazioni sono troppo belle per essere atrofizzate dal prestigio. La riforma che propone è gioiosa: alleggerire, ordinare, accompagnare.

Inizia in piccolo e subito: un atto di ascolto, un gesto di giustizia, la rimozione di un accessorio, un aiuto concreto. Circondati: scegli un compagno di viaggio, unisciti a un piccolo gruppo. Rileggi: nota i frutti, correggi con gentilezza. E soprattutto, torna alla fonte: "Le mie pecore ascoltano la mia voce". La voce del Pastore non grida; chiama. Non carica; porta. Non adula; conosce e ama. È così che la Legge diventa via e la fede diventa vita.

Pratico

  • Ogni mattina, leggi un breve Vangelo e, prima di mezzogiorno, decidi un atto di carità concreto, modesto e realizzabile.
  • Ogni settimana, elimina un obbligo accessorio e aggiungi un supporto tangibile a un requisito essenziale.
  • Prima di qualsiasi azione visibile, prega per trenta secondi: "Per chi? Con chi? Perché?". Poi agisci e basta.
  • Stabilire una rotazione trimestrale dei ruoli visibili e un rituale di gratitudine per i compiti nascosti.
  • Organizzare un audit “Essenziale/Accessorio” della durata di un mese con criteri, decisioni, comunicazione e valutazione dei risultati.
  • Scegli un compagno spirituale con cui rivedere ogni due settimane i progressi e le insidie, con gentilezza e verità.
  • Misura i frutti: gioia, pace, iniziativa, cura per i più vulnerabili, chiarezza interiore. Aggiusta di conseguenza.

Riferimenti

  • Vangelo secondo Luca, 11, 42-46; parallelo: Matteo 23.
  • Vangelo secondo Giovanni, 10, 1-30 (in particolare 10, 27).
  • Lettera di san Giacomo, 1, 27; Lettera ai Romani, 13, 8-10; Galati 6, 2.
  • Mishnah, Ma'aserot (sulla decima delle erbe); Talmud, Shabbat 31a (Hillel).
  • Agostino, Omelie sulla prima lettera di Giovanni (sermone 7: “Ama e fa’ ciò che vuoi”).
  • Tommaso d'Aquino, Summa Theologica, I-II, qq. 90-97 (diritto), II-II (carità).
  • Catechismo della Chiesa Cattolica, 1965-1974 (Nuova Legge e Grazia).
  • Insegnamenti contemporanei sulla mondanità spirituale e la conversione pastorale.

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