Vangelo di Gesù Cristo secondo San Luca
In quel tempo, mentre alcuni discepoli di Gesù parlavano del Tempio, delle sue magnifiche pietre e delle offerte che lo adornavano, Gesù disse loro:
«"Ciò che ammirate, arriveranno giorni in cui non rimarrà pietra su pietra: tutto sarà demolito."»
Gli chiesero: «Maestro, quando accadrà questo? E quale sarà il segno che ciò sta per accadere?».»
Gesù rispose: «Guardate di non lasciarvi ingannare, perché molti verranno dicendo: "Sono io", oppure: "Il tempo è vicino". Non seguiteli! Quando sentirete parlare di rivoluzioni e di rivolte, non allarmatevi. Devono accadere prima queste cose, ma non sarà subito la fine«.»
Poi Gesù continuò: «Le nazioni combatteranno tra loro e i regni combatteranno contro i regni; vi saranno terremoti, carestie e malattie in vari luoghi; vi saranno anche fatti terrificanti e grandi segni dal cielo.
Ma prima di tutto questo, sarete afferrati e oppressi; sarete trascinati davanti alle assemblee e nelle prigioni, sarete condotti davanti ai sovrani e ai governatori, a causa del mio nome. Questa sarà la vostra occasione di rendere testimonianza.
Decidete dentro di voi di non preoccuparvi di ciò che direte per giustificarvi. Vi concederò parole e un'intelligenza che tutti i vostri nemici non potranno contraddire o combattere.
Sarete traditi perfino dai vostri genitori, dai vostri fratelli, dalla vostra famiglia e dai vostri parenti, e manderanno alcuni di voi alla morte. Sarete odiati da tutti a causa del mio nome.
Eppure, non andrà perduto nemmeno un capello del vostro capo. È grazie alla vostra perseveranza che salverete la vostra vita.»
Aggrapparsi alla vita quando tutto crolla: il potere della perseveranza secondo Luca 21
Comprendere la resistenza attiva (hupomonē) non come sopravvivenza passiva, ma come la via verso la vera redenzione, guidata dalla promessa di Cristo.
Questo messaggio è rivolto a voi, che vivete in un mondo in cui le "belle pietre" della nostra sicurezza sembrano scricchiolare. Guerre, crisi personali, istituzioni vacillanti... la paura è una risposta naturale. In questo brano, Gesù non nega il caos. Lo guarda in faccia e ci offre una via maestra per attraversarlo: non evitando la tempesta, ma trovando in essa una forza rinnovata. Questa è la via della "perseveranza". Insieme, esploreremo come questa parola, lungi dall'essere semplicemente "coraggio", sia una promessa divina, un dono della presenza di Cristo che ci permette di "aggrapparci alla nostra vera vita".
Dalla contemplazione dei templi umani alla certezza della Redenzione divina.
… attraverso il discernimento di fronte al caos e ai falsi profeti.
… scoprendo la prova non come un fine, ma come un luogo di testimonianza.
… basata sulla promessa di sapienza fatta da Cristo stesso.
… per «acquisire» finalmente la nostra vera vita attraverso una perseveranza attiva e piena di speranza.

Quando il tempio crolla
Il passaggio di Luca 21, Spesso definito "discorso escatologico" (discorso sulla fine dei tempi), si apre in un luogo di grande solennità: il Tempio di Gerusalemme. La scena è immediatamente ambientata. I discepoli, forse abbagliati come turisti spirituali, ammirano "le belle pietre e le offerte votive". Bisogna immaginare la scena. Il Tempio di Erode era una delle meraviglie architettoniche del mondo antico, un progetto colossale durato decenni. Per un ebreo del I secolo, non era semplicemente un luogo di culto; era il cuore pulsante dell'identità nazionale, il centro dell'economia e il simbolo visibile dell'alleanza di Dio con il suo popolo. Era il più solido, il più permanente, il più... Sicuro al mondo.
Ed è proprio su questo simbolo di sicurezza assoluta che Gesù pronuncia una parola di demolizione: «Verranno giorni nei quali, di tutto quello che ammirate, non sarà lasciata pietra su pietra che non venga diroccata» (v. 6). È uno shock senza precedenti. Non è semplicemente una previsione architettonica; è un «terremoto del Tempio» teologico. Gesù annuncia la fine di un mondo, la fine di un certo modo di intendere la presenza di Dio. Se anche il Tempio può cadere, su cosa possiamo contare?
La reazione dei discepoli è immediata e terribilmente umana: «Maestro, quando accadranno queste cose? E quale sarà il segno che esse stanno per accadere?» (v. 7). Vogliono un calendario. Vogliono un «GPS di l'apocalisse Se non possono più contare sulla solidità della pietra, vogliono almeno affidarsi alla prevedibilità del tempo. Cercano di riprendere il controllo attraverso la conoscenza, di gestire la loro ansia attraverso la comprensione.
Il Vangelo di Luca è stato probabilmente scritto Dopo l'anno 70 d.C., cioè Dopo la distruzione effettiva del Tempio da parte degli eserciti romani. La comunità di Luca, quindi, non interpreta questo come una previsione futura, ma come l'interpretazione di un trauma da loro vissuto. Già esperienza vissuta. La domanda non è più "accadrà?", ma "come vivere ORA "Cosa è successo?". Come possiamo continuare a credere, a sperare, a vivere come discepoli, quando il simbolo più sacro della nostra fede è stato ridotto in cenere? È in questo contesto di stress post-traumatico e incertezza che la risposta di Gesù assume il suo pieno significato. Non darà loro un orario, ma una bussola per i loro cuori.
Smascherare la falsa fine dei tempi
La risposta di Gesù è una brillante manovra di riorientamento spirituale. I discepoli sono concentrati sul fuori (il "quando", i "segni", le pietre che cadono). Gesù richiamerà costantemente la loro attenzione sul dentro (discernimento, lealtà, (la testimonianza). Egli decostruisce la loro paura in tre passaggi.
In primo luogo, li mette in guardia non contro il caos, ma contro il inganno. «Guardatevi dal lasciarvi ingannare» (v. 8). Il primo pericolo non sono le pietre che cadono, ma i falsi salvatori. «Molti verranno nel mio nome, dicendo: ‘Sono io’, oppure: ‘Il tempo è vicino’. Non seguiteli!» Gesù minimizza l'urgenza. Dice ai suoi discepoli di guardarsi da coloro che affermano di conoscere il calendario segreto, da coloro che creano panico gridando: «È la fine!». Il primo atto di perseveranza è intellettuale e spirituale: rifiutare il richiamo irresistibile della paura e le soluzioni facili offerte dai guru.
Poi, Gesù «normalizza» il caos storico. «Quando sentirete parlare di guerre, di rivoluzioni… di grandi terremoti… di carestie e di pestilenze…» (vv. 9-11). Il suo insegnamento è radicale: «Non abbiate timore». Non dice che non è una cosa seria. Dice che non è non è ancora la fine. «È necessario che queste cose accadano prima, ma non sarà subito la fine» (v. 9). Gesù rimuove il fascino apocalittico di questi eventi. Guerre e catastrofi non sono la cartello della fine; sono i struttura della storia umana decaduta. Questi sono i "dolori del parto", non il parto in sé. Ci chiede di non essere così ossessionati dalle notizie da rimanere paralizzati dalla paura.
Infine, dopo aver disinnescato le due paure principali (l’inganno spirituale e il caos globale), Gesù passa al vero problema del discepolo: «Ma prima di tutto ciò… (v. 12). Anche prima che questo grande caos storico si dispieghi pienamente, VOI, Discepoli miei, andate e vivete una prova più personale e intima. "Vi metteranno le mani addosso e vi perseguiteranno... a causa del mio nome". Il vero campo di battaglia non è geopolitico, è teologico. La prova della fede non sarà sopravvivere a un terremoto, ma rimanere fedeli al "nome" di Gesù quando ciò comporta un alto costo sociale, politico e persino familiare. L'analisi di Gesù è chiara: il problema non è mondo che crolla, il problema è se il nostro fede rimarrà saldo.

I tre pilastri della perseveranza
Gesù non si limita a predire le difficoltà; fornisce i mezzi per superarle. La "perseveranza" (v. 19) non è un sentimento vago; poggia su tre pilastri concreti, tre promesse divine che cambiano tutto.
La testimonianza al centro del calvario
«Questo vi porterà a rendere testimonianza» (v. 13). Ecco la prima grande sovversione. Il processo, la persecuzione, l’arresto… non è un semplice incidente. Non è un’interruzione della missione cristiana. È il posto anche della missione. L'opposizione non è un fallimento, è un opportunità.
Gesù descrive nei dettagli i luoghi di questa prova: «Vi consegneranno alle sinagoghe e alle prigioni, sarete condotti davanti a re e governatori» (v. 12). Questi sono i centri del potere religioso (sinagoghe) e politico (re, governatori). Il discepolo, spesso emarginato, sarà trascinato al centro dell'attenzione, sulla scena pubblica. Ma i ruoli sono invertiti: credono di giudicare un criminale, ma in realtà stanno per ascoltare un testimone. Il tribunale diventa un leggio. L'accusato diventa il pubblico ministero.
Pensiamo all'apostolo Paolo, incatenato davanti al re Agrippa in gli Atti degli Apostoli (Atti 26). Paolo non è terrorizzato, non è sulla difensiva. È raggiante. Coglie l'occasione per raccontare il suo incontro con Cristo e annunciare la Resurrezione. La persecuzione ha dato Un pubblico che altrimenti non avrebbe mai potuto raggiungere. Questa è la perseveranza attiva: vedere nella crisi non una minaccia per la propria vita, ma un'opportunità per la propria missione. I nostri moderni "prigionieri" (un conflitto sul lavoro, una malattia, una crisi familiare) non sono ostacoli alla nostra vita spirituale; sono il luogo stesso in cui siamo chiamati a "dare testimonianza".
La promessa della presenza: «Sono io che ti darò»
Come si può restare saldi in una situazione del genere? Come si possono trovare le parole giuste di fronte a un "governatore"? L'istinto umano è quello di prepararsi, di provare, di anticipare, di "preparare la propria difesa". Gesù afferma il contrario, e questo è il secondo pilastro: "Perciò, mettetevi in testa di non preoccuparvi della vostra difesa" (v. 14).
Questa istruzione è liberatoria, ma terrificante. Richiede un abbandono totale. Ma non è un salto nel vuoto, è un salto tra le braccia di Cristo: «Io vi darò parola e sapienza, a cui tutti i vostri avversari non potranno resistere né opporsi» (v. 15). La perseveranza non è una virtù stoica, una «forza di carattere» che attingiamo da noi stessi. Lo stoico stringe i denti e resiste di propria volontà. Il cristiano riceve la forza di resistere.
Questa "sapienza" (sophia) promessa è l'assistenza dello Spirito Santo (come specifica Luca in 12,11-12). Non è la nostra intelligenza, la nostra eloquenza o la nostra retorica. È una parola dati, parola che viene da altrove, e che ha autorità divina («irresistibile»). La perseveranza cristiana è quindi, paradossalmente, un atto di dipendenza Radicale. Ci svuota del nostro orgoglio, del nostro bisogno di controllare tutto, per riempirci della presenza attiva di Cristo. Non ci aggrappiamo. Per Cristo, ci aggrappiamo di Cristo.
Il grande paradosso: morire senza perire
Qui sta il cuore del mistero, il terzo pilastro. Gesù annuncia una realtà brutale: «Sarete traditi perfino dai genitori, dai fratelli, dai parenti e dagli amici, e uccideranno alcuni di voi. Sarete odiati da tutti a causa del mio nome» (vv. 16-17). Questo è il tradimento supremo, la rottura dei legami più sacri. E significa morte fisica. Gesù non lo addolcisce. Il martirio è una possibilità reale.
Eppure, subito dopo, fa questa sorprendente promessa: "Ma neppure un capello del vostro capo perirà" (v. 18). Come possono questi due versetti essere veri contemporaneamente? Come si può essere "messi a morte" e allo stesso tempo non "perire neppure un capello"?
È qui che Gesù ridefinisce cosa significa "vivere" e "perire". Il mondo, i traditori, i governanti, possono distruggere la tua biografie, la tua vita biologica. Possono prendere il tuo corpo. Ma non possono toccare il tuo psiche, La tua anima, la tua vera vita, la tua identità più profonda in Dio. L'espressione "nemmeno un capello del tuo capo" è un'espressione proverbiale (vedi 1 Samuele 14:45) che simboleggia la protezione divina. totale E meticoloso.
Ciò significa che Niente Qualunque cosa ti accada, nemmeno il tradimento più crudele o la morte più ingiusta possono strapparti dall'amore di Dio. Il tuo io essenziale, la tua vera vita, è al sicuro. Il tuo destino ultimo non è nelle mani dei tuoi persecutori, ma nelle mani di tuo Padre. È questa assoluta certezza che fonda la perseveranza. È proprio perché la nostra vera vita è già al sicuro che possiamo rischiare la nostra vita fisica per amore della testimonianza.
È qui che la frase finale assume il suo pieno significato: «Con la vostra perseveranza salverete la vostra vita» (v. 19). Il verbo greco (ktaomai) significa «acquisire, possedere». Non si tratta solo di «salvare la pelle». Si tratta di «prendere possesso» della propria anima, della propria vita eterna. Aggrappandosi saldamente alla fede, aggrappandosi a Cristo in mezzo al caos, non si è subire la storia, sei nel processo di’acquisire la tua vera identità.

Vivere il hupomonē (resistenza attiva) oggi
Questo testo non è una reliquia antica. È straordinariamente attuale oggi. Come si traduce questa "perseveranza" nella nostra vita, qui e ora?
Nella nostra vita personale e interiore, la prima implicazione è una chiamata a basta con il "doomscrolling"«. Quando Gesù dice: "Non siate spaventati" da guerre ed epidemie (v. 9), si rivolge direttamente a noi. Il panico è una scelta. L'ansia persistente è una forma di disobbedienza a questo insegnamento. "Preservare la propria vita" significa prima di tutto preservare la propria anima dalla saturazione della paura. Ciò implica una disciplina dell'attenzione: scegliere di non lasciare che il caos del mondo diventi il caos dei nostri cuori e preferire meditare sulla promessa (v. 15) piuttosto che rimuginare sulla minaccia (v. 9).
Nelle nostre relazioni e nella vita familiare, il testo è dolorosamente realistico. Parla di tradimento (v. 16). Oggi, le "guerre" si combattono anche all'interno delle nostre famiglie, lacerate da conflitti ideologici, politici o religiosi. La perseveranza qui non consiste nel "vincere" la discussione, ma nel continuare ad amare "per amore del suo nome". Si tratta di rifiutarsi di odiare colui che ci "odia" (v. 17). Si tratta di rendere silenziosa testimonianza alla grazia, anche quando i nostri legami più cari sono messi alla prova.
Nella nostra vita professionale e sociale, le nostre "sinagoghe e governanti" sono i nostri luoghi di lavoro, le nostre istituzioni, le strutture di potere che incontriamo. Quando siamo spinti a compromettere la nostra integrità, la nostra etica, la nostra fede (il nostro "nome"), è qui che entra in gioco il versetto 13: "Questo condurrà alla vostra testimonianza". "Prepareremo la nostra difesa" (v. 14) calcolando, manipolando, proteggendoci? Oppure agiremo con semplice integrità, fiduciosi che Cristo ci darà la "sapienza" (v. 15) per parlare e fare ciò che è giusto, a qualunque costo? La perseveranza è lealtà nelle piccole cose, che ci prepara per lealtà in quelli grandi.
Là hupomonē, un'eco dell'Alleanza
Perseveranza (in greco, hupomonēQuesta non è un'invenzione di Luca. È un filo conduttore che attraversa tutta l'Apocalisse. È la virtù biblica per eccellenza, perché è la forma che la fede assume quando incontra la prova del tempo e delle avversità.
Nell'Antico Testamento, il hupomonē (come tradotto nella Settanta) è la perseveranza di Giobbe, che, avendo perso tutto, può dire: «Anche se mi uccidesse, confiderò in lui» (Gb 13,15). È la perseveranza di Geremia, il profeta perseguitato dal suo stesso popolo, che continua a proclamare la parola di Dio anche quando questa gli vale la prigione e la fossa. È lealtà di Daniele e dei suoi compagni, che si presentano "davanti ai re e ai governatori" di Babilonia e si rifiutano di compromettere la loro fede, confidando nella promessa che il loro Dio li salverà.
Nel Nuovo Testamento, l'apostolo Paolo fa di hupomonē la firma del suo ministero. Egli si presenta come un servitore di Dio «con grande perseveranza nelle tribolazioni, nelle angustie, nelle angosce…» (2 Corinzi 6:4). Per Paolo, la perseveranza non è un’impresa umana, ma un frutto dello Spirito (Galati 5:22 – pazienza/perseveranza) e la conseguenza diretta della speranza (Romani 5, 3-4).
La Lettera di Giacomo la pone al centro della maturità cristiana: «Considerate una grande gioia, fratelli miei, quando vi trovate di fronte a prove di ogni genere, sapendo che la prova della vostra fede produce pazienza» (hupomonē). » (Giacomo 1, 2-3). Infine, in l'Apocalisse, l'ultimo libro della Bibbia, tutto si riduce alla "perseveranza dei santi" (Apocalisse 14:12), coloro che "osservano i comandamenti di Dio e la fede in Gesù" in mezzo al caos finale.
La perseveranza, quindi, non è una virtù secondaria e facoltativa. È la prova che la nostra fede non è un'emozione passeggera, ma un patto sigillato. È la risposta fedele dell'umanità a lealtà instancabile nel servizio di Dio.

L'esercizio "senza perdita di capelli"«
Per ancorare questo messaggio dentro di noi, prendiamoci qualche momento per una meditazione pratica, radicata nel testo.
- Identificare il "Tempio" (v. 5): Siediti in silenzio. Qual è la "pietra meravigliosa" che stai contemplando nella tua vita in questo momento? (La tua carriera, la tua salute, la tua sicurezza finanziaria, la tua reputazione, una relazione). Riconoscine la bellezza e ringraziala. Poi, onestamente, riconoscine la fragilità. Offrila a Dio, accettando che non è il tuo fondamento ultimo.
- Identificare il "Caos" (v. 9): Quali sono le "guerre e i disordini" che ti terrorizzano oggi? (Una notizia, un'ansia personale, un conflitto in lontananza, un disordine nella tua vita). Nominali. Poi, ascolta Gesù che ti dice: "Non aver paura". Respira.
- Rifiutando la "Difesa" (v. 14): Quale "processo" stai preparando nella tua mente? (Una conversazione difficile in arrivo, un'e-mail che stai rimuginando nella tua mente, una giustificazione delle tue azioni passate). Prendi la decisione attiva di "non preoccuparti della tua difesa". Mettila da parte.
- Per ricevere la "Promessa" (v. 15): Invoca la promessa. Dì semplicemente: "Signore Gesù, non sto preparando nulla. Confido che Tu mi darai, a tempo debito, le parole e la saggezza. Tu parlerai". Rimani in questa fiducia.
- Affermare la "Vita" (vv. 18-19): Medita su questo paradosso: "Non perderai un capello del tuo capo". Pensa alla tua più grande paura. Affrontala con questa promessa. Senti la sicurezza. definitivo (non fisica, ma spirituale) che Dio ti offre. La tua vera vita è al sicuro in Lui. Concludi dicendo: "Attraverso la mia perseveranza, ancorato a Te, mantengo la mia vera vita".«
La perseveranza è una forma di fuga?
Il discorso di Gesù sulla perseveranza solleva interrogativi legittimi per il nostro tempo, che valorizza l'azione e l'efficienza.
La prima sfida è quella di quietismo. «Non preoccuparsi» (v. 14) e «non lasciarsi spaventare» (v. 9) significano forse che dovremmo rimanere passivi di fronte a ingiustizie, guerre ed epidemie? È un’abdicazione alle nostre responsabilità? La risposta è un no netto. Non si tratta di «non agire», ma di «non agire attraverso” Paura«La perseveranza non è inazione. È un'azione giusta, quella che non è una semplice reazione in preda al panico per il caos. La "sapienza" (v. 15) che Cristo promette potrebbe benissimo essere la saggezza di costruire un ospedale, di negoziare pace, o per denunciare un'ingiustizia. Ma questa azione verrà da un cuore pacifico, ancorato a Dio, e non da un cuore terrorizzato, concentrato su se stesso.
La seconda sfida è quella di istantaneità. La nostra cultura detesta l'attesa e la perseveranza. Vogliamo risultati immediati, soluzioni rapide. La perseveranza sembra noiosa, lenta, inefficiente. Ma è proprio qui che risiede il suo potere controculturale. hupomonē Non è la forza dello sprinter, ma quella del maratoneta. È la forza della quercia che cresce lentamente ma resiste alla tempesta. Nell'era della gratificazione immediata, la perseveranza è la scelta radicale del... profondità contro il velocità, del lealtà contro il prestazione.
La terza sfida è quella di esaurimento. Non è pericoloso predicare la "perseveranza" a persone già esauste? Non è forse la ricetta per il burnout? È un completo equivoco. Il burnout deriva da... perseveranza stoica, quello in cui cerchi di portare tutto con le proprie forze. Questa è la stanchezza di chi «prepara la sua difesa» (v. 14) giorno e notte. La perseveranza cristiana è l'antidoto esatto. È un scarico. " È Me chi vi darà… (v. 15). Questo è il permesso di lasciar andare il risultato, di rinunciare alla responsabilità di controllare tutto e di concentrarsi su una sola cosa: rimanere fedeli e presenti a Cristo. Oggi.
Preghiera per la grazia di hupomonē
Signore Gesù, Signore del tempo e della storia,
Hai contemplato la bellezza del Tempio e ne hai visto la fine.
Vedete le "belle pietre" che ammiriamo: le nostre sicurezze, i nostri progetti, i nostri orgogli.
Dacci il coraggio di sentirti dire che tutto questo è fragile.
Fai di Te stesso, e non delle nostre costruzioni, la nostra unica pietra angolare, il nostro unico fondamento.
Quando sentiamo voci di guerre ed echi di disordine mondiale,
Quando le nostre vite sono scosse da carestie del cuore ed epidemie di paura,
Liberaci, Signore, dal terrore (v. 9).
Non si turbi il nostro cuore, perché Tu ci dici che questa non è la fine.
Proteggici dai falsi profeti e dalle voci che gridano: «Il tempo è molto vicino!» (v. 8).
Tienici lontani dall'urgenza e dal panico e dalla ricerca di segnali nel cielo.
Che la tua Parola sia la nostra unica bussola e che tu sia il nostro unico Messia.
Signore, quando saremo consegnati ai giudizi degli uomini,
Quando siamo fraintesi, criticati o perseguitati "a causa del tuo nome" (v. 12),
Fate sì che questa prova non sia una trappola, ma un «momento di testimonianza» (v. 13).
Chiudiamo la bocca alle nostre difese (v. 14),
E aprili alla tua Sapienza (v. 15).
Non siamo noi a parlare, ma il tuo Spirito che testimonia in noi.
Concedici la grazia dell'hupomone, la santa perseveranza.
Quando i legami più cari si spezzano (v. 16),
Quando la morte stessa ci minaccia,
Incidi in noi la tua straordinaria promessa:
«Non andrà perduto neppure un capello del vostro capo» (v. 18).
Che questa certezza sia la nostra ancora nella tempesta.
E così, Signore, nel cuore stesso del caos,
Concedici di non chinare il capo, ma di tenerlo alto.
Non guardare i nostri piedi, ma alzare gli occhi.
Perché non è la distruzione che ci aspettiamo,
È la nostra Redenzione che si avvicina (cfr. Luca 21, 28).
Sei Tu che vieni.
Alleluia. Amen.

Alza la testa
Il capitolo 21 di Luca non è un film catastrofico. È una lettera d'amore. È il messaggio di un Dio che non ci promette un mondo senza tempeste, ma che ci promette la Sua presenza nel cuore della tempesta. Ci dice che i nostri «templi» umani cadranno, e che questa è una buona notizia, perché finalmente cederanno il passo all’unico vero Tempio: Lui stesso.
La distruzione delle "belle pietre" (v. 6) non è l'ultima parola. L'ultima parola, pronunciata dall'Alleluia della liturgia odierna (v. 28), è: "Alzatevi e levate il capo, perché la vostra liberazione è vicina".«
La «perseveranza» (v. 19) è il ponte tra i due. È il «come» ci muoviamo dal tempio caduto alla redenzione che sta arrivando. Non è una perseveranza oscura e rassegnata. È un attesa attiva e gioiosa. È la conseguenza diretta della speranza. Perché noi saponi che la nostra Redenzione si avvicina, perché noi saponi che non perirà un solo capello del nostro capo, COSÌ Possiamo resistere.
La domanda che questo testo pone non è quindi: "Quando accadrà tutto questo?". La domanda è: "Come vivrò?". Oggi Vivrai nel terrore, preparando le tue difese? O vivrai con perseveranza, a testa alta, confidando nella promessa della Sua saggezza, sapendo che la tua vera vita è al sicuro? Il caos è una certezza. Ma lo è anche la Redenzione. Scegli di vivere come figlio della Redenzione.
7 giorni per la perseveranza
- Individua un «tempio» personale (sicurezza, orgoglio) e mettine in prospettiva l’importanza nella tua preghiera.
- Scegliere UN «Disattiva per 24 ore il "rumore" del mondo (media, social network) che ti terrorizza.
- Individua una situazione in cui stai "preparando la tua difesa" (giustificazione, riflessione) e smetti di farlo.
- Quando ci troviamo di fronte a una battuta d'arresto, chiediamo a Gesù: «Quali parole di sapienza hai qui per me?» (v. 15).
- Ringraziamo Dio per una prova passata che, a posteriori, è diventata un'opportunità di testimonianza (v. 13).
- Medita sul versetto 18 ("nemmeno un capello") mentre pensi alla tua più grande paura attuale.
- Metti in pratica il versetto 28 (Alleluia): stai in piedi, alza la testa e di': "La mia redenzione si avvicina".«
Riferimenti
- Testo di origine principale: La Bibbia, Traduzione Ecumenica (TOB) O La Bibbia, Nuova Corrente Francese.
- Commento accademico: Bovon, François. L'’Vangelo secondo San Luca (20.27–24.53). Commento al Nuovo Testamento. Ginevra: Labor et Fides, 2009. (Per un'analisi esegetica dettagliata).
- Commento accademico (inglese): Fitzmyer, Joseph A. Vangelo secondo Luca X-XXIV. Bibbia dell'ancora. New York: Doubleday, 1985.
- Panoramica: Brown, Raymond E. Introduzione al Nuovo Testamento. New York: Doubleday, 1997.
- Teologia spirituale: Bonhoeffer, Dietrich. Il prezzo della grazia. Ginevra: Labor et Fides. (Per la nozione di "a causa del suo nome" e il costo della vita di un discepolo).
- Teologia spirituale: Peterson, Eugene H. Una lunga obbedienza nella stessa direzione: il discepolato in una società istantanea. Downers Grove: IVP Books, 2000. (Una classica meditazione sulla perseveranza).
- Laurea Magistrale: Catechismo della Chiesa Cattolica, §675-677. (Su "La prova ultima della Chiesa" e temi escatologici).


