«Il battesimo di Giovanni da dove veniva?» (Mt 21,23-27)

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Vangelo di Gesù Cristo secondo San Matteo

In quel tempo, Gesù entrò nel tempio e, mentre insegnava, gli si avvicinarono i capi dei sacerdoti e gli anziani del popolo e gli dissero: «Con quale autorità fai queste cose? E chi ti ha dato questa autorità?». Gesù rispose loro: «Vi farò una sola domanda e, se mi rispondete, vi dirò con quale autorità faccio queste cose. Il battesimo di Giovanni da dove veniva? Dal cielo o dagli uomini?». Essi discutevano tra loro dicendo: «Se diciamo: «Dal cielo», ci dirà: «Perché allora non gli avete creduto?». Se diciamo: «Dagli uomini», abbiamo timore della folla, perché tutti considerano Giovanni un profeta». Rispondendo allora a Gesù, dissero: «Non lo sappiamo». Ed egli disse loro: «Neanch'io vi dico con quale autorità faccio queste cose».»

Quando l'autorità divina smaschera i calcoli umani

Come Gesù capovolge la questione della legittimità per rivelare la verità dei cuori e chiamare a un discernimento autentico.

Vi sentite mai in bilico tra ciò che sapete essere giusto e ciò che sembra politicamente sostenibile? Questa tensione è persistita nei secoli, da quel giorno in cui, nel Tempio di Gerusalemme, le autorità religiose cercarono di intrappolare Gesù con una domanda apparentemente semplice sulla sua legittimità. La loro trappola si ritorse contro di loro, rivelando non solo la divina saggezza di Cristo, ma anche la nostra stessa difficoltà nello scegliere la verità quando minaccia le nostre posizioni consolidate. Questa storia ci parla di autorità, coraggio, discernimento e della formidabile arte di porre le domande giuste.

I fondamenti biblici della vera autorità spirituale, distinta dal potere istituzionale • La strategia retorica di Gesù di fronte alla malafede e il suo insegnamento sul discernimento • Le implicazioni concrete per le nostre scelte quotidiane tra autenticità e compromesso • Una meditazione pratica per riconoscere e seguire l'autorità che viene dal cielo.

Lo scontro al Tempio: decifrare un duello teologico

Il Vangelo di Matteo ci colloca nel capitolo 21, durante gli ultimi giorni del ministero pubblico di Gesù a Gerusalemme. Il contesto immediato è esplosivo: solo pochi versetti prima, Gesù aveva cacciato i mercanti dal Tempio e maledetto il fico sterile, due potenti atti profetici che sfidavano la gestione del culto religioso da parte delle autorità costituite. Matteo colloca questo scambio dopo l'ingresso trionfale a Gerusalemme, un momento in cui la popolarità di Gesù era al suo apice, mentre l'ostilità dei leader religiosi si stava consolidando.

Il contesto spaziale è cruciale: Gesù insegna nel Tempio, il cuore spirituale di Israele, il luogo in cui si crede dimori la Presenza divina. Questo è il loro territorio, il loro dominio di legittima autorità. I sommi sacerdoti e gli anziani del popolo rappresentano l'establishment religioso, coloro che ufficialmente detengono il potere di insegnare e guidare il culto. La loro domanda non è neutrale: "Con quale autorità fai questo, e chi ti ha dato questa autorità?". Presuppone un sistema di delega umana, una catena gerarchica di cui loro sono i garanti. Stanno cercando di incastrarlo: o Gesù rivendica l'autorità divina (il che sarebbe blasfemia ai loro occhi), oppure ammette di agire senza un mandato legittimo (il che screditerebbe il suo insegnamento).

La risposta di Gesù rivela un'eccezionale maestria retorica. Invece di rispondere direttamente, pone una contro-domanda che espone il loro dilemma morale: "Il battesimo di Giovanni: da dove veniva? Dal cielo o dagli uomini?". Questa domanda non è un'evasione, ma una trappola simmetrica che rivela la loro ipocrisia. Giovanni Battista godeva di un'immensa popolarità come autentico profeta, ma le autorità non lo avevano mai riconosciuto ufficialmente, attendendo cautamente di vedere come si sarebbe sviluppato il suo movimento. Matteo ci dà accesso ai loro pensieri più intimi, rivelando il loro calcolo politico piuttosto che la loro ricerca della verità: "Se diciamo: 'Dal cielo', ci dirà: 'Perché allora non gli avete creduto?'. Ma se diciamo: 'Dagli uomini', abbiamo paura della folla".«

La loro risposta finale – «Non lo sappiamo» – costituisce un’inconsapevole ammissione di incompetenza spirituale. Come possono presumere di giudicare l’autorità di Gesù se sono incapaci di discernere quella di Giovanni, che è chiaramente profetica? Gesù allora ribalta la loro domanda senza risposta: «Neanch’io vi dirò con quale autorità faccio queste cose». Questo apparente silenzio è in realtà una risposta sonora: la sua autorità proviene dalla stessa fonte di quella di Giovanni, dal cielo, ma loro sono spiritualmente ciechi. Il racconto di Matteo sottolinea quindi che la vera autorità non è riconosciuta da certificati istituzionali, ma dai frutti spirituali e dalla coerenza profetica.

Autorità celeste contro potere terreno: un'analisi di un conflitto fondamentale

Un'analisi approfondita di questo brano rivela un'opposizione fondamentale tra due concezioni di autorità che attraversano tutta la storia della salvezza. Da un lato, l'autorità istituzionale dei sommi sacerdoti e degli anziani si fonda sulla successione, sulla funzione ufficiale e sul controllo dell'apparato cultuale. Dall'altro, l'autorità profetica di Giovanni e Gesù deriva da una chiamata diretta di Dio, attestata da segni, da una parola potente e dal riconoscimento spontaneo del popolo.

Questa tensione non è nuova nelle Scritture. Profeti dell'Antico Testamento come Amos, Geremia ed Ezechiele incontrarono spesso l'opposizione dei sacerdoti ufficiali e dei falsi profeti di corte. Ad Amos, un semplice pastore chiamato da Dio, fu proibito di profetizzare a Betel dal sacerdote Amazia, che gli ordinò di tornare in Giuda per guadagnarsi da vivere (Amos 7:10-17). Geremia incontrò una feroce resistenza da parte delle autorità del Tempio, che lo minacciarono di morte per averne annunciato la distruzione (Geremia 26). Il conflitto nel Vangelo di Matteo fa quindi parte di una lunga tradizione biblica in cui l'autentica parola di Dio turba coloro che hanno una religione istituzionalizzata.

La genialità della strategia di Gesù risiede nella sua capacità di spostare il dibattito dal terreno legale-formale al terreno della discernimento spirituale. I suoi interlocutori vogliono documenti, credenziali, convalida burocratica. Gesù li rimanda a una domanda di fede: hanno riconosciuto in Giovanni il precursore predetto da Malachia? La loro incapacità di rispondere con franchezza tradisce la loro mancanza di libertà interiore e la loro sottomissione al calcolo politico. Matteo usa il verbo "dialogizomai" per descrivere il loro ragionamento interiore, un termine che altrove nel Vangelo denota spesso dubbio, ansiosa perplessità, paralizzante esitazione (Mt 16,7-8; 21,25).

Ciò che colpisce in modo particolare è la paura che governa la loro deliberazione: «bisogna temere la folla» (phoboumetha ton ochlon). Non temono Dio, ma l'opinione pubblica. La loro posizione di potere li ha resi prigionieri della popolarità, incapaci di assumersi il rischio della verità. Questa dinamica illumina un meccanismo spirituale cruciale: quando si sceglie il potere istituzionale come fine a se stesso piuttosto che come servizio alla verità, si perde gradualmente la capacità di discernere quella verità. La vera autorità libera; il potere schiavo del calcolo umano imprigiona anche chi lo esercita. Gesù, al contrario, manifesta una libertà radicale: insegna con autorità (exousia), non come gli scribi che citano autorità precedenti (Monte 7,29), perché la sua parola procede direttamente dalla sua comunione col Padre.

Le tre dimensioni dell'autorità autentica

Riconoscere la fonte: dal cielo o dagli uomini

La domanda che Gesù pone riguardo al battesimo di Giovanni – "Da dove viene? Dal cielo o dagli uomini?" – stabilisce una dicotomia fondamentale che struttura l'intera vita spirituale. Questa alternativa non è metaforica ma ontologica: ci sono due fonti radicalmente diverse di autorità, legittimità e azione. Ciò che viene "dal cielo" (ek ouranou) procede da Dio, partecipa alla sua iniziativa salvifica ed è parte del suo piano. Ciò che viene "dagli uomini" (ex anthrôpôn) è una costruzione umana, forse legittima a suo modo, ma fondamentalmente diversa.

Questa distinzione attraversa tutta la Bibbia. Già in Deuteronomio, Mosè mette in guardia contro i falsi profeti che parlano senza essere stati inviati da Dio (Dt 18,20-22). Il criterio di verifica? L'adempimento di quanto annunciato, la coerenza con la rivelazione precedente e, soprattutto, il fatto che la parola indichi Dio piuttosto che l'uomo che la pronuncia. Giovanni Battista incarnava perfettamente questa autorità celeste: tutta la sua predicazione indicava "colui che viene dopo di me", egli si rimpicciolì affinché Cristo crescesse (Giovanni 3,30). Il suo battesimo di conversione non fu un rito autoistituito, ma una risposta obbediente alla chiamata divina, che preparava la via del Signore.

Tuttavia, riconoscere questa fonte divina richiede un discernimento attivo e coraggioso. I sommi sacerdoti e gli anziani possedevano tutti gli strumenti intellettuali e scritturali per identificare un autentico profeta. Conoscevano i criteri, i testi, le profezie messianiche. Ma la loro volontà era corrotta dall'interesse personale. Matteo ci mostra il loro calcolo: soppesavano le conseguenze politiche di ogni possibile risposta piuttosto che cercare semplicemente la verità. È qui che risiede la tragedia spirituale: la fonte celeste dell'autorità non è imposta con la forza, ma è rivelata attraverso fede. Richiede un cuore libero e retto, capace di anteporre Dio ai propri interessi.

Questa dinamica ci riguarda direttamente oggi. Nelle nostre chiese, nelle nostre comunità e nelle nostre scelte personali, ci confrontiamo costantemente con questa domanda: qual è la fonte di ciò che facciamo, diciamo e decidiamo? Agiamo per conformismo sociale, per abitudine religiosa o per interesse istituzionale? Oppure le nostre azioni derivano da un ascolto autentico della volontà divina, da una chiamata interiore verificata dal discernimento comunitario e dalla coerenza con il Vangelo? La tentazione è sempre presente di etichettare i nostri progetti umani come "volontà di Dio", quando sono semplicemente guidati dal desiderio di comodità, prestigio o sicurezza. La storia della Chiesa è disseminata di decisioni prese "in nome di Dio" che, in realtà, servivano ambizioni terrene. La domanda posta da Gesù rimane il nostro costante esame di coscienza.

Abbracciare il rischio della verità

Il contrasto tra l'atteggiamento di Gesù e quello delle autorità religiose rivela una seconda dimensione dell'autorità autentica: il coraggio della verità contro il calcolo della prudenza. I sommi sacerdoti e gli anziani sono prigionieri delle loro paure: paura di perdere la faccia, paura della reazione popolare, paura della coerenza che li costringerebbe a cambiare. La loro risposta, "Non lo sappiamo", è una menzogna palese. Sanno perfettamente cosa pensano di Giovanni Battista; hanno semplicemente paura delle conseguenze della franchezza.

Gesù, al contrario, manifesta una libertà radicale. Non cerca di compiacere, di non offendere nessuno, di preservare la propria incolumità. La sua risposta, una contro-domanda, non è un vuoto svolazzo retorico, ma un profondo metodo pedagogico: rimanda i suoi interlocutori alla propria coscienza, costringendoli a confrontarsi con la propria incoerenza. Questo metodo socratico, che Gesù impiega spesso nei Vangeli (si pensi alla donna adultera, al giovane ricco, a Pietro dopo il rinnegamento), mira sempre alla verità interiore piuttosto che alla vittoria dialettica. Potrebbe facilmente schiacciare i suoi avversari con una dimostrazione della sua divinità; sceglie invece di rimandarli al loro giudizio, rispettando drammaticamente la loro libertà anche quando ne abusano.

Questo atteggiamento ci insegna qualcosa di essenziale sull'esercizio dell'autorità spirituale. Non è mai un dominio che schiaccia, ma un invito che libera. Gesù non dice: «Sono il Figlio di Dio, inchinatevi», anche se è vero. Egli pone le basi per un autentico discernimento: se hai saputo riconoscere Giovanni, puoi riconoscere colui che lui ha preannunciato. La vera autorità crea lo spazio per il libero riconoscimento; non si impone con la violenza. San Paolo sviluppa questa intuizione: «Non intendiamo intimidire sulla vostra fede, ma siamo collaboratori della vostra gioia» (2 Corinzi 1,24).

Il rischio corso da Gesù era assoluto. Pochi giorni dopo questo confronto, le stesse autorità avrebbero orchestrato la sua condanna a morte. Lui lo sapeva, eppure non cedette nulla alla verità. Questa posizione intransigente non era orgoglio, ma amore: amare veramente le persone significa dire loro la verità, anche quando è scomoda, rifiutarsi di lasciarle intrappolare nelle loro comode bugie. L'approccio pastorale disinvolto che evita le domande difficili, l'insegnamento annacquato che non rischia mai di offendere, la guida spirituale compiacente che rafforza l'illusione: tutto questo non deriva dall'amore, ma dalla codardia. Gesù ci mostra un'altra via, più esigente, più pericolosa, ma infinitamente più liberatoria.

Per mostrare risultati riconoscibili

La terza dimensione dell'autorità autentica, implicita nel nostro brano, riguarda i frutti osservabili. Gesù non chiede ai suoi ascoltatori di credere ciecamente nella sua autorità; li rimanda all'esperienza verificabile di Giovanni Battista. "Tutti ritengono Giovanni un profeta", osserva Matteo. Questo riconoscimento popolare non è mera demagogia; riflette una sana percezione spirituale che le élite hanno perso. La gente comune riconobbe l'autenticità profetica di Giovanni perché ne vide i frutti: una vita ascetica coerente con il suo messaggio, una parola che convertiva i cuori, un'integrità che non ebbe timore di denunciare persino il re Erode.

Gesù stesso applica questo criterio dei frutti alla valutazione dei profeti: «Dai loro frutti li riconoscerete» (Monte 7,(pp. 16-20). Un albero buono produce frutti buoni; un albero cattivo produce frutti cattivi. Questa semplice ma formidabile verità si applica a tutte le forme di autorità, inclusa l'autorità ecclesiastica. L'autorità che proviene veramente da Dio produrrà frutti di conversione, liberazione, crescita spirituale e beneficenza autentico. Un'autorità che procede solo da meccanismi umani produrrà nella migliore delle ipotesi conformismo esteriore, nella peggiore oppressione, ipocrisia, legalismo sterile.

I Padri della Chiesa hanno ampiamente riflettuto su questa questione dei frutti dell'autorità spirituale. San Giovanni Crisostomo, nelle sue omelie su Matteo, insiste sul fatto che l'autorità pastorale è verificata dall'autorità santità La vita del pastore e la costruzione concreta della comunità. San Gregorio Magno, nella sua Regola Pastorale, sviluppa l'idea che chiunque eserciti l'autorità deve prima governare se stesso, manifestando le virtù che insegna, altrimenti le sue parole sono vuote. Questa tradizione patristica è in linea con la saggezza biblica: l'autorità spirituale non è principalmente funzionale (avere un titolo) ma esistenziale (incarnare la verità che si proclama).

Per noi oggi, questo significa che dobbiamo esaminare costantemente i frutti delle nostre azioni, delle nostre comunità e dei nostri impegni. Un'intensa attività religiosa che non produce crescita in beneficenza, pace, giustizia, misericordia, Questo dovrebbe farci riflettere. Un insegnamento che moltiplica discepoli dipendenti anziché discepoli liberi e spiritualmente maturi rivela un'autorità distorta. Una struttura ecclesiale che protegge l'istituzione a spese delle sue vittime, che soffoca le voci profetiche in nome della tranquillità, che preferisce le apparenze alla verità, ha perso il contatto con la sua fonte celeste. Esaminare i frutti di questa fede è una disciplina impegnativa ma essenziale per mantenere l'autenticità della nostra vita di fede.

«Il battesimo di Giovanni da dove veniva?» (Mt 21,23-27)

Discernere e scegliere la vera autorità nelle nostre vite concrete

Come si traduce questa riflessione teologica sull'autorità nella nostra vita quotidiana? La domanda non è meramente accademica, ma vitale. Ogni giorno ci confrontiamo con voci che pretendono di dirci come vivere, credere e agire. Alcune provengono dal cielo, altre dall'umanità; alcune liberano, altre schiavizzano. Imparare a discernere diventa un'abilità spirituale essenziale.

Nell'ambito della nostra fede personale, dobbiamo distinguere tra l'obbedienza meccanica alle norme religiose e una libera risposta alla chiamata di Dio. I sommi sacerdoti e gli anziani conoscevano perfettamente la Legge, ne osservavano scrupolosamente le regole e occupavano posizioni legittime all'interno del sistema religioso. Eppure, non si resero conto della venuta del Messia. Perché? Perché la loro pratica religiosa era stata svuotata della sua sostanza relazionale con Dio, ridotta a mera amministrazione rituale e alla conservazione del potere. Rischiamo la stessa reclusione: la pratica sacramentale regolare, la solida conoscenza dottrinale e la partecipazione attiva alla vita parrocchiale possono coesistere con una profonda sordità a ciò che lo Spirito dice oggi. Il criterio di verifica? La genuina fecondità spirituale: la mia pratica mi rende più amorevole, più libero, più attento ai poveri e più interiormente unito?

Nelle nostre relazioni e comunità, la questione dell'autorità si pone in modo diverso, ma con la stessa urgenza. Quando qualcuno afferma di esercitare autorità su di noi – un pastore, un direttore spirituale, un leader della comunità, un genitore – dobbiamo discernere la fonte di tale autorità. Deriva da un servizio autentico che mira al nostro benessere e alla nostra libertà? Oppure si tratta di dominio mascherato, manipolazione emotiva, bisogno di controllo da parte dell'altra persona? abusi I conflitti spirituali all'interno della Chiesa e delle comunità cristiane spesso derivano da una confusione tra autorità e potere, tra guida e dominio. Una sana autorità spirituale amplia la nostra libertà, ci aiuta ad ascoltare la voce di Dio da soli e ci riconduce alla nostra coscienza illuminata. La falsa autorità ci infantilizza, ci rende dipendenti e sostituisce il nostro discernimento personale.

Nella sfera pubblica e civica, la lezione del nostro brano evangelico rimane attuale. Viviamo in società in cui le autorità politiche, mediatiche ed economiche competono per ottenere il nostro sostegno, guidare le nostre scelte e plasmare le nostre opinioni. Come i sommi sacerdoti di fronte a Giovanni e Gesù, queste autorità potrebbero essere tentate di dare priorità alla cura della propria immagine e alla preservazione della propria posizione rispetto all'onesto perseguimento del bene comune. La nostra fede ci chiama a un discernimento critico e coraggioso: quali voci meritano la nostra fiducia? Quali ci manipolano? In base a quali criteri giudichiamo: popolarità, coerenza, frutti concreti di giustizia e pace? La paura di dispiacere o di essere emarginati può paralizzarci come paralizzò le autorità ebraiche. Ma lealtà In realtà, a volte bisogna andare controcorrente, denunciando ciò che è ingiusto, anche quando è socialmente costoso.

Infine, nel nostro esercizio di influenza e responsabilità, dobbiamo esaminare noi stessi con la stessa chiarezza. Genitori, insegnanti, leader professionali, leader ecclesiastici: tutti esercitiamo una qualche forma di autorità sugli altri. Da dove proviene? Serviamo il nostro ego, il nostro bisogno di riconoscimento, il nostro conforto? Oppure cerchiamo veramente il bene di coloro che sono affidati alle nostre cure, a rischio di dispiacere agli altri, perdere la nostra popolarità o incontrare resistenza? La tentazione di "non sapere" per evitare le conseguenze di una posizione chiara è in agguato per tutti noi. Ma l'esempio di Gesù ci ricorda che l'autorità che viene dal cielo accetta il rischio della verità, anche quando conduce alla croce.

Quando la tradizione cristiana riflette sull’autorità e sul discernimento

I Padri della Chiesa hanno contemplato con particolare attenzione questo brano di Matteo 21, scoprendovi ricchezze teologiche che ancora oggi alimentano la nostra riflessione. San Giovanni Crisostomo, nelle sue omelie su Matteo, si meraviglia della sapienza pedagogica di Cristo, che non risponde direttamente ma conduce i suoi interlocutori a riconoscere la propria cecità. Per Crisostomo, questo metodo rivela la filantropia divina: Dio non ci schiaccia mai con la sua potenza, ma cerca pazientemente di risvegliare la nostra libertà. Il Dottore di Antiochia nota anche la differenza tra la paura che paralizza le autorità («dobbiamo temere la folla») e la fiducia filiale che anima Gesù nel suo rapporto con il Padre.

Sant'Agostino, Nei suoi commenti ai Vangeli, egli medita a lungo sul "non sappiamo" dei sommi sacerdoti e degli anziani. Per il vescovo di Ippona, questa falsa ammissione di ignoranza illustra la menzogna fondamentale del peccato: preferire le tenebre alla luce perché le nostre opere sono malvagie (Giovanni 3,(pp. 19-20). Agostino vede in questa scena una prefigurazione del giudizio: davanti a Cristo cadranno tutte le evasioni, si dissolveranno tutte le giustificazioni ipocrite. Ma sottolinea anche misericordia Questo è presente nella contro-domanda di Gesù: fino alla fine, il Signore offre una via d'uscita, una possibilità di conversione. Se avessero avuto il coraggio di dire: "Il battesimo di Giovanni veniva dal cielo", avrebbero potuto poi riconoscere: "E anche tu vieni dal cielo".«

La tradizione monastica, in particolare attraverso gli scritti di San Benedetto e Giovanni Cassiano, fecero del discernimento degli spiriti e dell'obbedienza all'autorità legittima due pilastri della vita spirituale. Ma questa è sempre un'obbedienza libera e illuminata, non una cieca sottomissione. La Regola di San Benedetto insiste: l'abate deve insegnare più con l'esempio che con le parole, e la sua autorità è verificata dalla sua conformità a Cristo, il Buon Pastore. Questa tradizione spirituale riecheggia il nostro brano evangelico: l'autentica autorità spirituale si riconosce dalla sua fonte (radicata nel Vangelo e nella vita sacramentale), dai suoi frutti (santità della vita, edificazione della comunità) e al suo scopo (condurre a Cristo, non a se stessi).

Nel magistero moderno, il Concilio Vaticano II ha rinnovato la teologia dell'autorità nella Chiesa ricordando che ogni autorità ecclesiastica è un servizio (diakonia) e non un dominio. La Costituzione Lumen Gentium insiste sul fatto che pastori devono svolgere i loro compiti "seguendo l'esempio del Buon Pastore", nel«umiltà e servizio. Questa visione conciliare riecheggia il nostro brano: Gesù non rivendica un'autorità che schiaccerebbe o domini, ma invita al discernimento e al libero riconoscimento. papa Francesco, In Evangelii Gaudium, egli denuncia le "strutture ecclesiastiche che possono alimentare uno spirito disincarnato della Chiesa", dove l'autorità diventa autoreferenziale anziché servire la missione. Questa critica estende direttamente il confronto di Gesù con i sommi sacerdoti e gli anziani che avevano perso di vista la finalità profetica del loro ufficio.

La teologia contemporanea, in particolare con autori come Hans Urs von Balthasar o Joseph Ratzinger (Benedetto XVIRatzinger, nella sua opera *Gesù di Nazareth*, ha approfondito la distinzione tra potere e autorità. Il potere può essere mantenuto attraverso la coercizione, la manipolazione e l'abilità politica; l'autorità, in senso teologico, nasce dalla verità liberamente riconosciuta e custodita. Questa distinzione illumina il nostro brano: i sommi sacerdoti detengono il potere istituzionale, ma hanno perso l'autorità spirituale che il popolo riconosce spontaneamente in Giovanni e in Gesù. In *Gesù di Nazareth*, Ratzinger discute ampiamente le controversie di Gesù nel Tempio, dimostrando come Cristo riveli una nuova forma di autorità, radicata non nella successione istituzionale ma nella comunione immediata con il Padre, attestata da segni e insegnamenti.

Una meditazione in quattro movimenti per accogliere l'autorità di Cristo

Primo passo: Situarsi nel Tempio della propria vita
Inizia con un momento di silenzio, immaginandoti all'interno del Tempio di Gerusalemme, questo luogo di preghiera che è diventato anche un luogo di commercio e potere. Identifica i "templi" della tua vita: quegli spazi, relazioni e attività che consideri sacri, importanti e strutturanti. Poi poniti la domanda implicita che Gesù pone: chi insegna veramente lì? Quali voci, influenze e autorità guidano le tue scelte in questi ambiti cruciali? Annota mentalmente (o sulla carta) queste diverse voci senza ancora giudicarle, semplicemente nominandole: l'opinione della famiglia, gli standard professionali, le aspettative della Chiesa, i media, i tuoi desideri, la Parola di Dio...

Secondo movimento: Discernere la fonte (dal cielo o dagli uomini)
Prendi ciascuna delle voci identificate e poni loro la domanda di Gesù: "Da dove viene questa autorità? Dal cielo o dagli uomini?". Nello specifico, per ogni influenza sulla tua vita, chiediti: produce frutti di pace, libertà e... beneficenza È autentico (segni dal cielo)? Oppure genera ansia, dipendenza ed egoismo (segni di origine puramente umana)? Presta particolare attenzione alle aree in cui "non sai", in cui preferisci non porre la domanda perché la risposta implicherebbe un cambiamento. Come i sommi sacerdoti, tutti noi abbiamo aree di cecità volontaria in cui evitiamo la lucidità per paura delle conseguenze.

Terzo movimento: Confrontarsi con le proprie paure e calcoli
Le autorità del Tempio ragionavano: "Se diciamo... allora accadrà..." Identifica nella tua vita questi calcoli che ti impediscono di riconoscere la verità o di agire di conseguenza. Di cosa hai paura in particolare? Del giudizio degli altri, di perdere la sicurezza, di sconvolgere un fragile equilibrio, di affrontare la sofferenza? Nomina queste paure davanti al Signore, senza minimizzarle ma anche senza dare loro il potere di paralizzarti. Gesù stesso ha sperimentato la paura nel Getsemani, ma l'ha superata arrendendosi al Padre. Chiedi adornare preferire la verità che libera alla falsa pace delle menzogne o del compromesso.

Quarto movimento: Scegliere l'obbedienza libera
Concludi pronunciando un atto concreto di obbedienza all'autorità che hai riconosciuto come proveniente dal cielo. Non devono necessariamente trattarsi di decisioni drastiche, ma di piccole scelte quotidiane che allineano la tua vita alla volontà divina percepita attraverso la preghiera, il discernimento comunitario e la Scrittura. Forse confessare una verità scomoda, forse rinunciare a un falso senso di sicurezza, forse abbracciare una chiamata a cui hai resistito. Chiedi allo Spirito Santo il coraggio di dire "sì" a ciò che viene veramente da Dio e "no" – con rispetto ma fermezza – a ciò che deriva solo dalle convenzioni o dalla paura umana. Concludi affidando a Cristo il tuo desiderio di autenticità e il tuo bisogno di aiuto per viverlo.

«Il battesimo di Giovanni da dove veniva?» (Mt 21,23-27)

Affrontare le sfide contemporanee dell'autorità e del discernimento

La nostra epoca sta attraversando una profonda crisi dell'autorità in tutte le sue forme: politica, morale, religiosa e intellettuale. Questa crisi presenta aspetti positivi – un gradito rifiuto dell'autoritarismo, una legittima affermazione della libertà e della dignità di ogni persona – ma anche eccessi preoccupanti: un relativismo che rende impossibile ogni discernimento, un individualismo che rifiuta ogni voce esterna, uno scetticismo che mina la possibilità stessa della verità. In che modo il nostro brano evangelico illumina queste tensioni?

In primo luogo, il racconto di Matteo convalida la legittimità dell'interrogazione. Gesù non rimprovera le autorità per aver chiesto "Con quale autorità?"; rimprovera la loro malafede, la loro incapacità di cercare veramente la risposta. In una società pluralistica in cui mille voci concorrenti pretendono di possedere la verità, non è solo legittimo, ma necessario, interrogarsi sulla fonte e la legittimità delle informazioni. Il problema sorge quando questa domanda diventa puramente retorica, un gioco cinico che non cerca autenticamente una risposta. Il nostro tempo soffre meno di un eccesso di domande che di una mancanza di rigore nella ricerca delle risposte, di una pigrizia intellettuale e spirituale che si accontenta di "non sappiamo" senza nemmeno cercare di scoprirlo.

L'episodio ci mette poi in guardia contro due tentazioni simmetriche. Da un lato, il fondamentalismo, che assolutizza le autorità umane (testi, istituzioni, leader) sostenendo che provengono direttamente dal cielo, evitando così qualsiasi esame critico. Questo atteggiamento rispecchia quello dei sommi sacerdoti che si credevano titolari della legittimità religiosa e si rifiutavano di riconoscere qualsiasi parola profetica esterna al loro sistema. Dall'altro, il relativismo, che rifiuta ogni autorità trascendente e riduce ogni pretesa di verità a meri costrutti umani equivalenti. Questa posizione si rifiuta persino di porsi la domanda "dal cielo o dagli uomini?", affermando a priori che tutto proviene dall'umanità. Tra queste due insidie, il Vangelo propone una terza via: un discernimento paziente e umile, attento ai frutti, aperto alla sorpresa di Dio che può parlare in modi inaspettati (come Giovanni nel deserto), ma anche capace di riconoscere l'autenticità quando si manifesta.

Una sfida particolare riguarda il rapporto tra l'autorità istituzionale della Chiesa e la libertà di coscienza dei fedeli. L'episodio di Matteo 21 ci ricorda che queste due realtà non sono necessariamente contrapposte: l'autorità legittima (quella dei sommi sacerdoti e degli anziani aveva un fondamento oggettivo nella Legge di Mosè) deve costantemente verificare e rinnovarsi attraverso la sua fedeltà alla sua fonte divina e attraverso i frutti che produce. Quando un'autorità ecclesiastica esercita autenticamente il suo servizio, nel’umiltà E nella sua ricerca del bene delle anime, aiuta le coscienze a formarsi e a discernere; non le opprime. Ma quando questa autorità diventa autoreferenziale, preoccupata soprattutto di preservare se stessa, perde la sua credibilità e la sua fecondità. Gli scandali che hanno scosso la Chiesa negli ultimi decenni derivano in gran parte da un'autorità esercitata per proteggere l'istituzione piuttosto che per servire la verità e le vittime. Il nostro brano evangelico è un richiamo profetico rivolto a tutte le autorità ecclesiastiche: saranno giudicate sulla loro capacità di riconoscere i segni dei tempi, di accogliere anche pronunciamenti profetici inquietanti e di scegliere la verità rispetto al calcolo politico.

Infine, la difficoltà contemporanea del discernimento in un mondo saturo di informazioni contraddittorie risuona con la nostra storia. I sommi sacerdoti e gli anziani sono paralizzati non dalla mancanza di informazioni, ma da un eccesso di considerazioni: "Se diciamo questo... se diciamo quello...". La nostra epoca moltiplica i "se" all'infinito, producendo una paralisi del processo decisionale. La saggezza di Gesù ci insegna a semplificare: qual è la domanda veramente importante? Qual è la verità fondamentale che guida tutto il resto? Per lui, la domanda centrale non è "Come posso preservare il mio potere?", ma "Da dove viene l'autorità di Giovanni?", una domanda che in ultima analisi riconduce a "Chi è mandato da Dio?". Riscoprire questa capacità di dare priorità alle domande, di identificare il criterio decisivo, diventa una disciplina spirituale vitale nel nostro contesto di sovraccarico di informazioni e crescente complessità.

Preghiera per accogliere l'autorità di Cristo nelle nostre vite

Signore Gesù, Parola vivente del Padre,
tu che insegnavi nel Tempio con autorità che veniva dal cielo,
Ti riconosciamo come nostro unico Maestro e Signore.
In un mondo in cui così tante voci pretendono di guidarci,
Donaci il discernimento per riconoscere la tua voce.,
la saggezza di distinguere ciò che viene da te
di ciò che risulta unicamente dalle costruzioni umane.

Perdonaci quando, come i sommi sacerdoti e gli anziani,
Calcoliamo le conseguenze prima di cercare la verità.,
quando preferiamo il conforto dell'ignoranza volontaria
a rischio esigente della lucidità.
Perdonaci per tutte le volte che abbiamo detto "non lo sappiamo"«
anche se lo sapevamo molto bene ma ci mancava il coraggio
per assumere le implicazioni della nostra conoscenza.

Liberaci dalla paura che paralizza la nostra fede:
paura di essere giudicati dagli altri, paura di perdere la nostra sicurezza,
paura di sconvolgere le nostre abitudini, paura di affrontare la nostra verità.
Donaci il coraggio di Giovanni Battista
che ha annunciato la tua venuta senza cercare la propria gloria,
che hanno testimoniato la verità anche di fronte al potere,
che stava diminuendo affinché tu potessi crescere.

Insegnaci a praticare con precisione
qualsiasi autorità potremmo avere sugli altri:
nelle nostre famiglie, nelle nostre comunità, nelle nostre responsabilità professionali.
Che non dovremmo mai cercare di dominare ma sempre di servire,
che non abbiamo mai manipolato ma liberato,
che non ci imponiamo mai nulla, ma rendiamo umilmente testimonianza
della verità che ci supera infinitamente.

Rafforzare la nostra capacità di discernere gli spiriti:
per riconoscere ciò che viene da te e ciò che ti è contrario,
per distinguere la vera autorità dal potere illegittimo,
per identificare i veri profeti e i falsi messia.
Concedici di cercare i frutti piuttosto che le apparenze,
coerenza piuttosto che popolarità,
santità piuttosto che il successo mondano.

Signore, ti preghiamo per tutti coloro che esercitano l'autorità:
nella tua Chiesa, nelle nostre società, nelle nostre famiglie.
Fate loro riconoscere che ogni autorità viene da voi.
e deve essere esercitato secondo il tuo Spirito di servizio e di verità.
Converti i cuori induriti, illumina le menti ottenebrate,
rafforza coloro che resistono coraggiosamente alla pressione.
per rimanere fedele alla tua volontà.

Ti affidiamo soprattutto coloro che soffrono.
abuso di autorità spirituale, manipolazione religiosa,
dominio mascherato da servizio pastorale.
Consolateli, liberateli, curate le loro ferite.
Date loro l'opportunità di incontrare testimoni autentici del vostro amore.
che rivelano loro il tuo vero volto.,
così diversi dalle caricature che venivano loro imposte.

Il tuo Spirito Santo ci renda docili alla tua parola,
libero dai poteri di questo mondo,
coraggiosi nel rendere testimonianza alla verità,
misericordioso verso coloro che cercano sinceramente,
pazienti con la nostra stessa lentezza e resistenza.

Rendici veri discepoli,
che riconoscono la tua autorità non con la forza
ma per amore gioioso della tua verità liberatrice.
Affinché possiamo portare in noi frutti degni della tua vita:
Amore, gioia, pace, pazienza, gentilezza,
gentilezza, lealtà, dolcezza, autocontrollo.

Per tua intercessione, Sposato, tu che hai detto "sì"«
all'autorità della Parola divina portata dall'angelo,
insegnaci l'obbedienza libera e fruttuosa
che fa nascere Cristo nelle nostre vite e nel nostro mondo.

Amen.

«Il battesimo di Giovanni da dove veniva?» (Mt 21,23-27)

Diventare discepoli dell'autorità autentica

Il dialogo nel Tempio tra Gesù e le autorità religiose ci pone di fronte a un interrogativo scottante: da che parte stiamo? Cerchiamo davvero di riconoscere ciò che viene dal cielo o valutiamo attentamente i pro e i contro di ogni posizione? La questione va ben oltre un astratto dibattito teologico; coinvolge l'intero nostro stile di vita. fede, per esercitare le nostre responsabilità, per collocarci nel mondo.

Questa storia ci chiama a una triplice conversione. In primo luogo, una conversione intellettuale: accettare che la verità esiste, che può essere conosciuta, che è lei a giudicarci piuttosto che noi a giudicarla. In un clima Da una prospettiva culturale relativistica, affermare che esistano verità e falsità, giustizia e ingiustizia, autorità legittima e potere illegittimo, costituisce già un atto di resistenza. Ma questa affermazione non è arrogante se è accompagnata da’umiltà : riconosciamo la verità, non la creiamo; la serviamo, non la possediamo.

Poi, una conversione del cuore: scegliere la libertà della verità anziché la schiavitù del calcolo. Sommi sacerdoti e anziani sono prigionieri delle loro paure, della loro posizione e dell'opinione pubblica. Lo siamo tutti, in varia misura. Fede La fede cristiana offre una liberazione graduale da queste schiavitù: «Conoscerete la verità e la verità vi farà liberi» (Gv 8,32). Questa libertà non si conquista tutta in una volta, ma si coltiva giorno dopo giorno, nelle piccole scelte in cui accettiamo di perdere qualcosa per guadagnare autenticità, dove rischiamo il conflitto per non tradire la nostra coscienza, dove diciamo la verità che disturba piuttosto che la menzogna che conforta.

Infine, una conversione pratica: sottomettere la nostra vita all'autorità che viene veramente dal cielo. Concretamente, questo significa dare priorità all'ascolto della Parola di Dio, al discernimento nella preghiera e alla partecipazione ai sacramenti dove Cristo esercita la sua autorità di grazia. Significa anche esaminare regolarmente i frutti delle nostre scelte, dei nostri impegni e delle nostre relazioni: stanno portando frutto? pace, gioia, beneficenza Quali rendono testimonianza allo Spirito? Oppure generano divisione, amarezza, sterilità spirituale? Esaminare i frutti richiede tempo, di pazienza, Abbiamo bisogno di prospettiva; la nostra cultura dell'immediatezza le resiste. Ma non ci sono scorciatoie per un discernimento autentico.

Il cammino che Gesù ci apre in questo brano è esigente ma profondamente liberante. Non chiede una sottomissione cieca, ma un impegno lungimirante, non un'obbedienza servile, ma un'accoglienza libera e gioiosa di ciò che viene dal Padre. Le autorità del Tempio persero il momento della visita divina perché preferirono il loro comodo sistema alla novità inquietante del Regno. Non commettiamo lo stesso errore. Permettiamo a Cristo di mettere in discussione le nostre certezze, di sfidare le nostre convinzioni, di condurci oltre le nostre paure verso la verità che salva.

Cosa puoi fare adesso

  • Identificare una decisione in sospeso quando esiti per paura delle conseguenze, chiediti onestamente: "Quale sarebbe la verità da dire o l'azione giusta da intraprendere se non avessi paura?", quindi prega per ricevere il coraggio necessario.
  • Esaminare un'abitudine religiosa che pratichi regolarmente (Messa domenicale, preghiera quotidiana, opere di carità) chiedendoti: "Questo nasce ancora da un desiderio vivo di incontrare Dio o è diventato una routine meccanica?"«
  • Identificare un'autorità (persona, istituzione, tradizione) a cui fai spesso riferimento nelle tue scelte; verifica i frutti che produce concretamente nella tua vita: libertà o dipendenza? Pace o ansia? Beneficenza o egoismo?
  • Pratica il silenzio discernente riservando un momento settimanale per ascoltare la voce di Dio senza un programma, senza aspettative specifiche, semplicemente aperti a tutto ciò che può emergere dalle vostre profondità spirituali.
  • Partecipare a una conversazione reale con qualcuno di cui ti fidi (amico, direttore spirituale, gruppo di condivisione) su una questione su cui "non sai" perché preferisci non sapere; accetta di essere aiutato a vedere più chiaramente.
  • Leggi un testo biblico profetico (ad esempio, Geremia 7 o Amos 5) che denuncia la religione vuota e superficiale; lascia che questa parola interroghi la tua pratica di fede.
  • Offri una parola vera a qualcuno che ha bisogno di sentirselo dire, anche se potrebbe dispiacere o complicare la vostra relazione; scegliete il vero amore invece della falsa pace dell'autocompiacimento.

Riferimenti

Testi biblici
Matteo 21:23-27 (brano principale) • Matteo 7,15-20 (I frutti dei veri e falsi profeti) Giovanni 3,27-30 (Testimonianza di Giovanni Battista dell'autorità dal cielo) • Amos 7:10-17 (conflitto tra il profeta Amos e il sacerdote Amasia) • Geremia 26 (Processo a Geremia per aver profetizzato contro il Tempio)

tradizione patristica
Giovanni Crisostomo, Omelie sul Vangelo secondo Matteo, Omelia LXVII • Agostino d'Ippona, Commenti sull'armonia dei Vangeli • Gregorio Magno, Regola pastorale (sull'esercizio dell'autorità pastorale)

Magistero e teologia contemporanea
Concilio Vaticano II, Lumen Gentium, n. 27 (sull'autorità come servizio) • Francesco, Evangelii Gaudium, n. 49 (critica delle strutture ecclesiastiche autoreferenziali) • Joseph Ratzinger / Benedetto XVI, Gesù di Nazareth, Volume II (Commento alle controversie del tempio) • Hans Urs von Balthasar, La verità è sinfonica (distinzione tra potere e autorità)

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