«Non si trovò nessuno tra loro che tornasse indietro a rendere gloria a Dio, se non questo straniero!» (Luca 17:11-19)

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Vangelo di Gesù Cristo secondo San Luca

A quel tempo,
    Gesù, camminando verso Gerusalemme,
attraversò la regione tra la Samaria e la Galilea.
    Mentre entrava in un villaggio,
dieci lebbrosi gli vennero incontro.
Si fermarono a distanza
    e gli gridarono:
“Gesù, maestro,
"Abbiate pietà di noi."
    Quando Gesù vide questo, disse loro:
«Andate e mostratevi ai sacerdoti».
Lungo il cammino vennero purificati.

    Uno di loro, vedendo che era guarito,
ritornarono, glorificando Dio a gran voce.
    Cadde con la faccia a terra ai piedi di Gesù
rendendogli grazie.
Ora, lui era un samaritano.
    Allora Gesù parlò e disse:
"Non furono forse purificati tutti e dieci?"
Dove sono gli altri nove?
    Tra loro è stato trovato solo questo straniero
per ritornare sui suoi passi e dare gloria a Dio!
    Gesù gli disse:
«Alzati e va'; la tua fede ti ha salvato».

    – Acclamiamo la Parola di Dio.

Gratitudine dall'estero

Alleluia. Alleluia.
«In ogni cosa rendete grazie a Dio, perché questa è la volontà di Dio in Cristo Gesù verso di voi».
Alleluia. (1 Tess 5:18)

Fratelli e sorelle, entriamo in questo mistero semplice e sorprendente: dieci gridano, dieci sono purificati, solo uno ritorna; ed è lo straniero. Portiamo questa storia nel nostro oggi: sui marciapiedi delle nostre città, nelle sale d'attesa affollate, nei messaggi non letti, nelle notifiche e nei sospiri dietro gli schermi. Tra Samaria e Galilea, tra periferia e centro, tra indifferenza e stupore, impariamo la strada del ritorno, il passo che torna indietro, la voce che torna piena, il volto che si abbandona al ringraziamento.

«Non c'era nessuno tra loro che tornasse indietro e rendesse gloria a Dio, se non questo straniero!» E Gesù ci dice: «Alzati e va': la tua fede ti ha salvato».

La Parola Oggi

Il Signore cammina verso Gerusalemme. La sua traiettoria è una linea tesa verso il dono totale di sé. Noi camminiamo spesso verso i nostri obiettivi. Lui attraversa una zona di confine, tra Samaria e Galilea: una zona grigia, un vuoto di sfiducia, storie incompiute. Questo non è un luogo da cartolina; è un luogo intermedio, una soglia. È proprio lì che sorge la supplica.

Dieci lebbrosi, separati dalla malattia, si fermano a distanza, alzano la voce: «Gesù, maestro, abbi pietà di noi». Gesù non fa analisi scientifiche; apre una strada: «Andate a mostrarvi ai sacerdoti». Se ne vanno, e lungo la strada vengono purificati. Uno si ferma, si volta, torna sui suoi passi. Glorifica Dio a gran voce, si prostra e rende grazie. Ed è un samaritano, uno straniero. Gesù è stupito: «Gli altri nove, dove sono?». Poi pronuncia la frase che apre un orizzonte: «Alzati e va': la tua fede ti ha salvato».

Oggi, questi versetti ci invitano a tre cambiamenti: dal distacco al grido, dall'obbedienza al cammino, dalla guarigione al ringraziamento. E al cuore: la scoperta che la gratitudine spesso si rivela in coloro che meno ci aspettiamo.

I "lebbrosi" di oggi

La lebbra isolava, segnava il corpo e la reputazione, e scavava una fossa di paura. Le nostre società moderne hanno le loro forme di lebbra: hanno nomi non meno spaventosi.

  • Esaurimento silenzioso, quando l'anima si spezza e la dignità si logora.
  • Dipendenze nascoste, incollati agli schermi, alle sostanze, agli sguardi di approvazione.
  • Depressioni mascherate da un sorriso professionale.
  • Debiti soffocanti che impediscono di respirare.
  • Insicurezza amministrativa: documenti mancanti, diritti sospesi, forte invisibilità.
  • Isolamento relazionale nelle metropoli sovraffollate.
  • Malattie croniche, dove il tempo diventa un corridoio di attesa.
  • Discriminazioni che si ripetono, stigmi che non si sciolgono nelle buone intenzioni.

Da lontano, si fermano di nuovo. Non vogliono disturbare, o non credono più di essere ascoltati. Eppure il grido continua a fluttuare: messaggi inviati a tarda notte: "Hai cinque minuti?", "Non ce la faccio più", "Gesù, Maestro, abbi pietà di noi".

La Parola non promette soluzioni immediate. Offre una direzione: "Va' e mostrati...". Vai verso ciò che permette il riconoscimento della tua dignità; avanza alla luce di un cammino; riconnettiti con una comunità, un corpo. Un umile paradosso: è camminando che la guarigione trova la sua strada.

Il cammino come guarigione

La guarigione non aspetta l'arrivo; inizia nel cammino. Non è la magia di un momento, è la fedeltà di un passo. Obbedire alla Parola mette già in moto le cose: usciamo dal cerchio, entriamo in una storia, ci lasciamo unire da una promessa.

  • Chiami un amico dopo mesi di silenzio: già un pezzo di solitudine cade.
  • Prendi appuntamento con il medico che temevi: la paura sta già perdendo il suo potere.
  • Scrivi un'e-mail di scuse: la vergogna è già meno opprimente.
  • Ti rechi allo sportello amministrativo: il tuo nome è già udibile in città.

Cristo spesso guarisce inviandoci a meditazioni. Non annienta le istituzioni; le restituisce alla loro vocazione: riconoscere, reintegrare e convalidare la vita. "Andate a presentarvi ai sacerdoti" oggi diventa: andate da coloro che possono attestare che avete un posto tra noi.

«Non si trovò nessuno tra loro che tornasse indietro a rendere gloria a Dio, se non questo straniero!» (Luca 17:11-19)

Uno si ferma, si gira, torna indietro

Lo stupore cristiano risiede in questo capovolgimento. Nel mezzo di una buona notizia, si accende una grazia. L'uomo percepisce di non essere solo sollevato: è raggiunto, amato, sollevato. Capisce che la vita non è un diritto, ma un dono. Torna sui suoi passi, perché la gratitudine non è lineare: si volge, torna alla fonte. E questa fonte ha un volto.

Ritornare è riconoscere. Glorificare è non tenere per sé. Inchinarsi è acconsentire a ricevere. Rendere grazie è entrare nella liturgia del mondo, dove tutto viene e tutto ritorna al Padre, attraverso il Figlio, nello Spirito.

Il testo specifica: «Era un Samaritano». Il Vangelo ci educa: la gratitudine più pura a volte emerge dai margini. Chi non possedeva i codici religiosi sembra cogliere meglio la gratuità di Dio. Lo straniero non è folcloristico; è teologico. Rivela che la salvezza si estende oltre i nostri confini.

Gli altri nove

Non giudichiamoli troppo in fretta. Hanno obbedito. Proseguono verso i sacerdoti, forse nella fretta di trovare famiglia, lavoro, un nome. Non sono "ingrati" in senso moralistico; sono come noi quando la gioia di aver ottenuto qualcosa cancella la fonte del dono. Non danno scandalo; vivono la vita che scorre veloce. Il Vangelo non umilia; apre una breccia: e se la pienezza consistesse non solo nel sentirsi meglio, ma nel tornare a dire grazie?

Appare la distinzione: tutti purificati; uno salvato. La guarigione tocca il corpo; la salvezza accende l'intera persona. C'è la fine dell'esclusione, poi c'è l'ingresso nell'alleanza. La gratitudine è questa soglia.

Lo straniero oggi

Chi è lo straniero? Spesso, colui la cui voce ci disturba perché non usa le nostre parole. Lo straniero politico, sociale, religioso. Quello che proviene dall'altra sponda ideologica. Quello che non rientra nei nostri calendari. A volte lo straniero è dentro di noi: la parte ferita, dimenticata, relegata in fondo a una stanza.

  • Un migrante che, dopo un pasto condiviso, dice “grazie” con una chiarezza che scioglie le lingue.
  • Un adolescente lontano dalla Chiesa che, rendendo un servizio, si meraviglia di rendersi utile.
  • Un collega tranquillo che invia un messaggio di gratitudine al team e cambia l'atmosfera in ufficio.
  • Il vicino musulmano che porta torte per una nascita e ci insegna la semplice gioia della benedizione.
  • Un anziano che, nell'ombra, ringrazia silenziosamente e tiene in piedi la città.

Lo straniero non ci minaccia; ci evangelizza. Ci ricorda il cuore dell'Eucaristia: eucharistia, rendimento di grazie. La nostra liturgia domenicale è una scuola di ringraziamento, un'educazione dello sguardo, un dialogo di tutti i nostri gesti con la bontà di Dio.

"La tua fede ti ha salvato"

Gesù non dice: "I tuoi meriti ti hanno salvato", né "La tua giusta pratica ti ha salvato". Dice: "La tua fede ti ha salvato". La fede, qui, non è un esame teorico; è un movimento: vedere, fermarsi, voltarsi, glorificare, ringraziare. La fede riconosce l'origine: Dio. Riconosce la mediazione: Gesù. Riconosce l'orizzonte: la marcia continua, "va". La gratitudine non limita; rilancia.

Impariamo quindi una grammatica della salvezza. Non si tratta di collezionare interventi divini, ma di entrare in relazione. Dire "grazie" a Dio non lusinga la sua autostima; trasforma il nostro cuore. Passiamo dall'appropriazione all'accoglienza, dalla tensione all'offerta, dalla paura alla fiducia.

«Non si trovò nessuno tra loro che tornasse indietro a rendere gloria a Dio, se non questo straniero!» (Luca 17:11-19)

Scene contemporanee

Immaginiamo alcuni luoghi in cui questo testo prende forma.

  • Sala d'attesa dell'ospedale. Una donna riceve un risultato rassicurante. Compone un numero. Potrebbe correre fuori; si ferma. Fa un segno della croce quasi timido e sussurra: "Grazie, Signore". Un altro paziente la vede e non osa parlare, ma il suo cuore si rilassa. Il grazie è missionario senza rumore.
  • Open space. Un dipendente che recupera energie dopo mesi di esaurimento. Invece di perdersi nel flusso, invia un messaggio di gratitudine al team, citando due gesti concreti ricevuti. L'aria cambia, respiriamo meglio. Il ringraziamento riabilita la realtà.
  • Ufficio di quartiere. Un'immigrata irregolare ottiene finalmente un appuntamento cruciale. Se ne va con un documento temporaneo. Potrebbe sparire, ma torna sui suoi passi, bussa delicatamente alla porta e dice: "Volevo solo ringraziarla. Dio la benedica". L'impiegata tace, le tocca il cuore: c'è più di un fascicolo. Il ringraziamento riforma un popolo.
  • Cimitero. Un uomo ai margini della fede viene a chiedere un battesimo tardivo. Accolto, se ne va sentendosi in pace. La domenica successiva, torna non per lamentarsi, ma per lodare. La sua voce è forte, un po' goffa, commovente. La congregazione capisce: la salvezza è qui.
  • Cucina in famiglia. Un adolescente apparecchia la tavola senza che nessuno glielo chieda. Mentre ci sediamo, la madre suggerisce: "Oggi, tutti ringraziano". Ridiamo, esitiamo, parliamo. Il pasto diventa un'eucaristia domestica.

Piccoli gesti, grande liturgia

La gratitudine non è un supplemento per l'anima; è una disciplina. Proprio come si impara a suonare uno strumento, si impara a ringraziare.

  • Tre ringraziamenti al giorno. Al mattino per ciò che arriva, a mezzogiorno per ciò che si sta tessendo, alla sera per ciò che si è conservato.
  • Diario dei riconoscimenti. Annota due eventi, anche piccoli: una parola, una luce, l'odore del caffè, un messaggio inaspettato.
  • Ringraziamenti diretti. Dire a qualcuno esattamente cosa ha portato. Un ringraziamento vago favorisce la cortesia; un ringraziamento specifico favorisce la comunione.
  • Liturgia della mensa. Prima di mangiare, un versetto, un silenzio, una frase: "Ti rendiamo grazie, Signore, per questo pane e per coloro che lo hanno preparato".
  • Loda in mezzo alle avversità. Senza dire che va tutto bene, trova una via d'uscita: "Grazie per la presenza di N., grazie per la forza di resistere oggi".

La gratitudine non nega il male. Porta luce nelle crepe. Non sostituisce la giustizia; la rende desiderabile.

Lo straniero come padrone

Dall'Antico Testamento al Vangelo, lo straniero insegna. Abramo accoglie tre visitatori; riceve la promessa. Il Samaritano nel fosso si ferma; diventa prossimo. L'Emmaus dello straniero apre le Scritture; i nostri cuori cominciano ad ardere. Nel nostro mondo, teso da identità ansiose, lo straniero apre la casa. Ci riporta al centro: Dio non è geloso dei nostri confini; è geloso dei nostri cuori.

  • Accogliete una storia. Lasciate che qualcuno racconti da dove viene, senza correggere, senza recuperare.
  • Fissa un appuntamento. La gratitudine cresce con regolarità: una zuppa condivisa ogni giovedì, un laboratorio di lingua, una preghiera comune mensile.
  • Ricevere un dono. Non trasformare l'altro in un progetto; lasciare che ci faccia del bene. L'ospitalità è rovesciata: mi lascio servire.

Il Samaritano che ritorna è un “missionario della gratitudine”. Egli proclama: Dio ha agito; Cristo è degno di lode; la salvezza è più del benessere.

Eucaristia e vita

Eucharistia: ringraziamento. La Messa ci fa esercitare il ritorno. Veniamo con le nostre settimane, le nostre folle interiori. Confessiamo, ascoltiamo, offriamo, riceviamo, siamo inviati. Il ciclo è impresso in noi: riconoscere, ringraziare, donare noi stessi, ripartire.

  • Liturgia della Parola. Sentiamo una voce che ci solleva, come i dieci che ascoltano “Andate…”
  • Offertorio. Portiamo la strada: la fatica, i progetti, i nomi propri.
  • Preghiera eucaristica. La Chiesa benedice e ringrazia a nome di tutti, anche di coloro che non sanno ancora come tornare indietro.
  • Comunione. Ci inchiniamo interiormente, come il Samaritano, e riceviamo il cibo della salvezza.
  • Inviare. “Vai”: gratitudine e missione sono inseparabili.

La gratitudine diventa una forma di resistenza. Resiste alle narrazioni di mancanza, agli algoritmi di confronto e alle narrazioni ciniche. Non è ingenuità; è profezia.

«Non si trovò nessuno tra loro che tornasse indietro a rendere gloria a Dio, se non questo straniero!» (Luca 17:11-19)

Esercitazione d'esame

Ogni sera pratichiamo una liturgia semplice.

  • Renditi presente. Inspira, espira, di': "Eccomi, Signore".
  • Chiedi luce. “Spirito Santo, dammi il tuo sguardo”.
  • Rileggi la giornata. Cerca le tracce: dove sono stato purificato? Dove ho ricevuto? Dove ho dato?
  • Ringrazia. Nomina senza confusione. Fermati, girati, torna alla fonte.
  • Chiedi perdono. Riconosci le nove volte in cui me ne sono andato e non sono mai più tornato.
  • Prega per domani. "Prendimi e mandami."

Questo esame non pesa, ma alleggerisce. Prepara i ringraziamenti di domani.

Gratitudine e giustizia

Si potrebbe obiettare: la gratitudine non basta, serve giustizia. Esatto: la gratitudine ci apre gli occhi sul bene, e quindi sull'ingiustizia. Ci rende più perspicaci nelle nostre azioni. Il ringraziamento non sostituisce la riforma; ci dà l'energia per desiderarla senza odio.

  • In un team, organizzate un "giro di ringraziamenti" all'inizio della riunione. Poi, prendete una decisione strutturale per alleviare la pressione ingiusta.
  • In una parrocchia, tenete un "libro delle meraviglie" in cui annotare le azioni di Dio nelle vite. Poi, aprite un centro di ascolto e supporto.
  • In una città, celebra una "Domenica del Ringraziamento" con altre fedi e associazioni. Poi, lancia un progetto di integrazione congiunto.

La gratitudine non è un sedativo, è un lievito.

Soffrire e ringraziare

“Rendere grazie in ogni circostanza” non significa “rendere grazie per ogni cosa”. Non rendiamo grazie per il male, la violenza, l’ingiustizia. Ringraziamo perché Dio rimane Dio nel cuore del male, perché si accendono scintille di bene, perché la croce non ha l’ultima parola. C’è spazio per il lamento; non è nemico del ringraziamento, è suo fratello. I salmi lo sanno: la lode spesso si leva intrisa di lacrime.

  • Nel lutto, ringraziando per una data, un gesto, una frase lasciata come un solco.
  • Quando sei malato, ringrazia qualcuno per averti assistito, per un miglioramento, per una visita.
  • Nel conflitto, ringrazia per un inizio di ascolto, una tregua, una parola pacifica.

Grazie è un soffio di resurrezione.

Testimonianze

Marie, 42 anni, racconta: "Avevo sofferto di fratture per un anno. Un giorno, mentre uscivo dall'ambulatorio, il medico mi disse: "I marcatori sono buoni". Avevo voglia di correre. Mi fermai. Mi voltai e andai nella chiesa locale. Non pregavo da molto tempo. Mi sedetti, piansi e dissi: grazie. Da allora, torno ogni settimana. Ho scoperto la Messa: questa preghiera che fa del ringraziamento il nostro respiro".

Omar, 27 anni: “Mi vergognavo di chiedere aiuto. Una sera scrissi al mio parroco: ‘Ho bisogno di parlare’. Mi rispose. Ci incontrammo. Non ricevetti una soluzione miracolosa. Ma ricevetti una passeggiata. Dopo qualche settimana, sentii che qualcosa dentro di me si era purificato: la vergogna. Tornai a trovarlo, solo per ringraziarlo. Sorrise e mi chiese: ‘Vuoi servire alla zuppa del giovedì?’. Dissi di sì. Era il mio modo di andare avanti.”

Elise, 16 anni: "Mi sentivo un'estranea. Un'amica mi ha trascinata a una veglia. Ho detto che non ci credevo. Alla fine, ho scritto su un piccolo pezzo di carta: grazie per la luce che ho visto. Avevo paura di essere considerata un'ipocrita. Mi sono girata e ho dato il pezzo di carta. Quella è stata la mia risposta. Mi hanno detto: "Alzati e vai". Così ho continuato."

«Non si trovò nessuno tra loro che tornasse indietro a rendere gloria a Dio, se non questo straniero!» (Luca 17:11-19)

Liturgia domestica

Per una preghiera in famiglia, in un alloggio condiviso o con un gruppo di amici:

  • Canto di apertura o semplice coro di lode.
  • Lettura: «Non c'era nessuno tra loro, se non questo straniero…» Testo di Lc 17, 11-19.
  • Breve silenzio.
  • Condivisione: ognuno esprime un ringraziamento per la settimana e un “passo da compiere”.
  • Salmo di gratitudine: “Benedici il Signore, anima mia” o una semplice preghiera inventata.
  • Intercessioni: per i “lebbrosi” di oggi, per gli stranieri, per i nove che non hanno ancora ritrovato la strada di casa.
  • Padre nostro.
  • Azione: scrivi un ringraziamento concreto a qualcuno e invialo entro la settimana.
  • Invio della benedizione: “Va’, la tua fede ti ha salvato”.

Preghiera di ringraziamento

“Gesù, Maestro, abbi pietà di noi.
Hai sentito il grido delle nostre distanze.
Lungo il cammino, ci purifichi dalla paura e dalla vergogna.
Torniamo a te, fonte della nostra gioia.
Ricevete i nostri umili e pieni ringraziamenti.
Rendici estranei al risentimento,
familiare con la lode,
passanti che si collegano,
testimoni che si inchinano.
Sollevateci e dite alle nostre vite: “Vai”.
Per la nostra fede, piccola ma reale,
trova la salvezza in te stesso. Amen."

Cultura del ringraziamento sul lavoro

La gratitudine può strutturare i nostri spazi professionali.

  • Inizia le riunioni con un rapido giro di riconoscimenti: un fatto, un nome, un perché.
  • Integrare i ringraziamenti nei processi: ringraziare lo sforzo, non solo il risultato.
  • Coltiva un feedback gentile: dì la verità senza schiacciare, nomina gli aspetti positivi senza adulare.
  • Festeggia i traguardi raggiunti: anche quelli modesti, diventano ricordi di squadra.
  • Onora un "estraneo" nel servizio: una professione invisibile, un partner, un addetto alla manutenzione. Dai loro voce.

Questi gesti combattono la stanchezza e la competizione. Ampliano l'anima.

Grazie e digitale

I nostri schermi amplificano le voci; possono anche amplificare la gratitudine.

  • Regola dei 3 ringraziamenti: ogni giorno, tre messaggi di riconoscimento, pubblici o privati.
  • Commenti edificanti: nominare ciò che ha nutrito, evitando l'ironia e i facili sospetti.
  • Pause di lode: ferma l'algoritmo per 5 minuti, leggi un salmo, respira, rendi grazie.
  • Ecologia della notifica: proteggere gli spazi per ascoltare Dio e ascoltare gli altri.

Il ringraziamento impedisce alle nostre dita di lanciare pietre. Le abitua ad alzare le mani in segno di benedizione.

Ritorno e missione

Il Samaritano torna per rendere gloria e se ne va. La gratitudine non è un appoggio; è un ponte. Il nostro mondo attende ponti. Le comunità cristiane esistono per questo collegamento: luoghi in cui la gratitudine viene celebrata, appresa e trasmessa.

  • Offrire una “veglia di ringraziamento” mensile: testimonianze, canti, Parola.
  • Crea un “muro di ringraziamento” in chiesa: post-it, disegni, intenzioni.
  • Offrire delle “biglietti di gratitudine” da distribuire: una parola, una benedizione.
  • Formare “visitatori di consolazione”: ascoltare, riconoscere, incoraggiare a nominare le grazie.

Grazie, ripetuti, costruiscono strade. E su queste strade, gli estranei diventano fratelli.

Quando non posso farlo

Ci sono giorni senza. Non mi vengono parole. Un "grazie" sembra fuori luogo. Allora, prendiamo in prestito la voce della Chiesa. La liturgia mi sostiene quando non ne posso più. Un "Ave Maria" sussurrato. Un "Gloria al Padre". Una candela accesa. Un "Kyrie eleison". La fede dell'altro mi sostiene. Il Samaritano che ritorna mi ricorda che Cristo è lì, anche quando le mie labbra sono silenziose. Dio conosce il peso dei miei passi. Raccoglie la mia fatica. E a volte, contro ogni previsione, spunta un piccolo "grazie". È sufficiente.

Teologia della soglia

Tra Samaria e Galilea. Tra lontananza e prossimità. Cristo sceglie la soglia per rivelare la salvezza. La nostra vita è piena di soglie: inizi, transizioni, addii. Il grazie agisce come un cardine. Chiude una porta senza amarezza, ne apre un'altra senza eccessiva angoscia. Conserva la memoria, senza imprigionare.

  • Grazie a una stagione: ciò che ho ricevuto, ciò che lascio.
  • Grazie a una persona: per quello che ha fatto, per quello che mi ha insegnato.
  • Grazie a Dio: per la sua pazienza, per la sua fedeltà che non calcola.

Questo ringraziamento non cancella le ferite, ma le integra nella storia della salvezza.

«Non si trovò nessuno tra loro che tornasse indietro a rendere gloria a Dio, se non questo straniero!» (Luca 17:11-19)

La questione di Cristo

"Gli altri nove, dove sono?". Non è un freddo rimprovero; è una domanda che ci cerca. Dove sono oggi? Tra i nove che hanno fretta, tra i giusti che hanno fretta? O tra coloro che si fermano e tornano? Forse sono entrambe le cose, a seconda del giorno. Cristo, tuttavia, rimane sulla strada, paziente. Accoglie il ringraziamento dello straniero e, attraverso di lui, rinnova l'appello ai nove: "Tornate". La Chiesa non allestisce un accampamento di meritevoli; insegna come tornare indietro.

Azioni concrete per la settimana

  • Scrivi una lettera di gratitudine a una persona vivente che ti ha cambiato la vita. Se possibile, leggigliela.
  • Chiamare qualcuno a cui non hai mai detto esplicitamente grazie.
  • Ricordatevi, ogni sera, tre grazie e un “ritorno” da compiere il giorno dopo.
  • Offrire un ringraziamento eucaristico durante la settimana per un'intenzione specifica.
  • Accogliere uno sconosciuto (in senso lato): caffè, pasto, passeggiata, ascolto senza secondi fini.
  • Inserire un ringraziamento in uno spazio digitale spesso aggressivo.
  • Ringraziare Dio nel mezzo di una prova: una sola parola può bastare.

Benedizione

Signore Gesù,
Hai attraversato i nostri confini e ti sei unito a noi nelle nostre distanze.
Hai udito il grido dei dieci e hai ricevuto il ritorno di uno.
Insegnaci l'arte di ringraziare,
la scienza del girarsi,
la gioia della lode.
Che lo straniero che incontriamo e che siamo,
sii il nostro padrone e il nostro fratello.
Dite alle nostre vite: “Alzatevi e andate”.
E possa la tua Parola salvarci.

Fratelli e sorelle, accogliamo questo messaggio: andate e, dovunque andiate, che la vostra prima parola e il vostro ultimo gesto siano un grazie. Il mondo riconoscerà una Chiesa che ricorda.

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