CAPITOLO 2
Luca 2:1-20 = Matteo 2:1
I versetti 1 e 2 contengono una nota storica volta a spiegare perché Gesù non nacque a Nazaret, dove vivevano sua madre e suo padre adottivo, ma a Betlemme, lontano dalla Galilea. Questi versi sono stati oggetto di rinnovate discussioni, di numerosi sistemi e, nel campo razionalista, di accuse appassionate contro l'autenticità o la veridicità di questo passo di San Luca. cfr. Strauss, Vita di Gesù, § 31, vol. 1, p. 232 ss. Non è possibile, in un commento, trattare in modo approfondito una questione così complessa; indicheremo almeno i principi migliori per una soluzione e rimandiamo il lettore a H. Wallon, Sulla fede dovuta al Vangelo, Parigi, 1858, pp. 296-339.
Luca 2.1 In quei giorni fu emanato un decreto da parte di Cesare Augusto che ordinava il censimento di tutta la terra. – 1. In quei giorni. Questa data, di per sé vaga (cfr. Matteo 3,1 e la spiegazione), è chiarita dal contesto: 1,26.36.56; 2,6 e 7; ci riporta al versetto 79 del capitolo 1, quindi ai giorni successivi alla nascita di Giovanni Battista. L'editto proveniva da Cesare Augusto, nipote del celebre Giulio Cesare e primo degli imperatori romani. Il suo scopo era quello di effettuare un censimento del mondo intero. Questa espressione a volte rappresenta la sola Palestina nella Bibbia, ma non è possibile attribuirle questo significato ristretto con Paulus, Kuinoel, Hug, ecc.: il modo in cui è collegata al nome di Augusto preclude tale interpretazione. Si riferisce quindi veramente all'Impero Romano, che i Latini chiamavano con orgoglio il "disco della terra". L'iperbole, del resto, non era troppo esagerata, poiché la maggior parte del mondo conosciuto era allora soggetta al diritto romano. Per "censimento" dobbiamo intendere l'atto di registrare nei registri civili il nome, l'età, lo stato, la ricchezza e la patria di tutti gli abitanti di una regione. cfr. Polibio 10:7. L'evangelista non intendeva quindi parlare di una semplice rilevazione catastale, come credevano Kuinoel, Olshausen, Ebrard, Wieseler, ecc. – Il fatto così chiaramente affermato dall'evangelista in questo primo versetto solleva già serie difficoltà perché, ci viene detto, 1) gli storici latini e greci dell'epoca tacciono completamente su questo editto di Augusto; 2) anche se il decreto fosse stato emanato, non avrebbe potuto applicarsi alla Giudea, che non era ancora una provincia romana al tempo della nascita di Gesù Cristo, poiché era governata da Erode. Consideriamo a turno queste due obiezioni: 1) anche se la storia secolare tacesse completamente sull'editto menzionato da San Luca, il suo silenzio costituirebbe solo una prova negativa, che non potrebbe invalidare la chiarissima testimonianza dell'evangelista. Allo stesso modo, gli annalisti contemporanei omettono i censimenti condotti in precedenza da Giulio Cesare, eppure la loro esistenza è fuori dubbio. Inoltre, come è possibile che Celso e Porfirio, quegli implacabili nemici del... cristianesimo, Coloro che si compiacevano maliziosamente di sottolineare le presunte contraddizioni o errori nei Vangeli, non hanno forse sollevato obiezioni a questo passo di San Luca? Ma abbiamo ragioni più convincenti da offrire. Come oggi riconoscono i più illustri archeologi, giuristi e storici (Savigny, Huschke, Ritschl, Peterson, Marquardt, ecc.), la compilazione di resoconti e documenti statistici è uno dei tratti distintivi della politica di Augusto. Documenti importanti, di cui possediamo almeno alcuni frammenti, dimostrano senza ombra di dubbio che il primo imperatore romano dovette compiere durante il suo regno diverse operazioni simili a quella menzionata da San Luca. Alla sua morte, leggiamo in Svetonio, Aug. C. CI., tre protocolli furono trovati legati al suo testamento. "Dei tre volumi, uno è dedicato alle disposizioni per il suo funerale; l'altro doveva essere un resoconto delle sue imprese, da incidere su tavole di bronzo poste davanti al mausoleo; il terzo un riassunto del suo regno". Esiste una celebre copia dell'«index rerum gestarum», incisa all'ingresso del tempio di Ancira in Galazia, eretto in onore di Augusto: vi si menzionano espressamente tre censimenti, uno dei quali ebbe luogo nell'anno 746 di Roma, cioè poco prima della nascita di Nostro Signore Gesù Cristo (cfr. Wallon, 1cp 300 ss.; Bougaud, Jésus-Christ, 2a ed., p. 158 ss.). Il ’Breviarium imperii« è andato perduto. Sappiamo dai riassunti di Tacito e Svetonio quali argomenti trattasse: »Era un quadro del potere pubblico: mostrava quanti cittadini e alleati erano in armi, il numero delle flotte, dei regni e delle province, lo stato dei tributi e dei pedaggi, una panoramica delle spese necessarie e delle ricompense« (Tacito, Annali, 1.11). Non è forse evidente che, per raccogliere tutte queste informazioni, era stato necessario effettuare censimenti in tutto l'impero e persino tra i popoli alleati? Aggiungiamo infine che gli storici successivi confermano i dati di San Luca nel modo più positivo, e certamente da fonti indipendenti dal Vangelo, poiché aggiungono i dettagli più minuti. "Cesare Augusto", scrive Suida, "dopo aver scelto venti uomini tra i più eccellenti, li inviò in tutte le regioni dei popoli sottomessi e fece registrare gli uomini e i loro beni". »Allo stesso modo, Sant'Isidoro di Siviglia, Cassiodoro, ecc. Vedi Wallon, loc. cit., p. 305 ss. – 2) Al tempo della nascita di Nostro Signore Gesù Cristo, la Giudea, è vero, non era ancora una provincia romana, ed Erode il Grande, che la governava, deteneva il titolo di "Rex socius"; ma questa apparenza di libertà non impedì al paese e al suo capo di essere umili vassalli dell'impero, come dimostra la storia ebraica di quei tempi. L'indipendenza della nazione teocratica era allora puramente nominale, e non si vede cosa avrebbe impedito ad Augusto di effettuare un censimento del popolo d'Israele se questa fosse stata la sua intenzione. Chi non sa che in pratica Erode non cessò mai di agire come un obbedientissimo servitore di Augusto?« Un giorno, quando ebbe manifestato una certa inclinazione a liberarsi da questa assoluta sottomissione, l'imperatore non esitò a scrivergli che se »fino ad allora lo aveva trattato come un amico, d'ora in poi lo avrebbe trattato come un suddito« (Flavio Giuseppe Flavio, Ant. 16, 9, 3). Del resto, un esempio positivo, quello dei »Cliti«, un piccolo popolo della Cilicia (Tacit. Ann. 6, 41), ci insegna che i Romani talvolta costringevano le nazioni alleate a sottoporsi a un censimento.
Luca 2.2 Questo primo censimento ebbe luogo mentre Quirinio era al comando della Siria. – Questo censimento è stato il primo di quelli compiuti da Cirino: l'autore sacro distingue così diversi censimenti compiuti da Cirino (cfr At 5,37), e afferma che quello a cui si riferisce attualmente è il primo. Governatore di Siria. Là Siria era allora una provincia romana (delimitata a nord dai Monti del Tauro, a ovest dal Mar Mediterraneo, con Antiochia (per capitale); oppure; essere a capo di una provincia significava essere un "proconsole". Tale era quindi il titolo ufficiale della persona che la Vulgata chiama Cirino, e che sarebbe più corretto chiamare "Quirino", poiché quello era il suo vero nome latino. Cfr. Svetonio, Tito 49; Tacito, Annali 3, 48. Publio Sulpicio Quirino, nato a Lanuvio da genitori oscuri, raggiunse le più alte cariche dello Stato grazie al suo zelo marziale e alla sua abilità negli affari. Fu console nel 742 (UC), qualche tempo dopo ottenne gli onori di un trionfo per aver sottomesso le feroci tribù montane di Homona in Pisidia, accompagnò il giovane Gaio Cesare in Armenia nel 755 come consigliere e governò l' Siria dal 759 al 764. Ma è proprio quest'ultima data che crea la maggiore difficoltà all'esegeta in questo brano, poiché, secondo san Luca, Quirino sarebbe stato proconsole di Siria l'anno stesso della nascita del Salvatore, mentre, secondo gli storici romani, lo divenne solo sei anni dopo. I razionalisti più moderati ne concludono che il racconto di San Luca è "evidentemente errato". Altri gridano al mito, alla leggenda, persino all'inganno. Come risolvere questo problema? Tra i molti sistemi proposti, alcuni sono particolarmente deboli, ad esempio quelli di Venema, Valckenaer, Kuinoel, Olshausen, ecc., che vorrebbero rimuovere il versetto 2 come interpolazione, e in generale, tutti quelli che consistono nell'introdurre qualche modifica nel testo. La perfetta autenticità del versetto 2 è troppo ben dimostrata per consentire congetture così arbitrarie. Ma non mancano ipotesi serie. 1° Herwart, Bynaeus, Périzonius, Padre Pétau, D. Calmet, Huschke, Wieseler, Ernesti, Ewald, Haneberg e altri critici traducono: Questo censimento ebbe luogo prima che Quirino fosse governatore della Siria. Essi ritengono di poter giustificare la loro opinione con numerosi esempi tratti sia da autori sacri che classici. 2. Secondo Lardner e Münter, il titolo di governatore fu dato a Quirino in anticipo (questo primo censimento avvenne sotto la direzione di Quirino, che in seguito divenne proconsole di Siria), oppure 3° non designerebbe il proconsolato in sé, ma poteri straordinari in virtù dei quali Quirino avrebbe presieduto il censimento del 75° (Casaubon, Grozio, Deyling, Sanclemente, Neander, Hug, Sepp, Schegg, ecc.). Questo spiega come Tertulliano, Adv. Marcion. 4, 19, attribuisca a Sentio Saturnino, governatore di Siria Qualche tempo prima della nascita di Gesù, il censimento menzionato in questo luogo da San Luca, mentre San Giustino afferma più volte che fu diretto da Quirino (Apol. 1, 34, 46; Dial. c. Tryph. 78). I nostri due scrittori ecclesiastici avrebbero ragione, poiché, in questo sistema, Saturnino e Quirino avevano presieduto congiuntamente al censimento. 4. Il censimento sarebbe effettivamente iniziato intorno al 750 sotto gli ordini del proconsole di allora; ma, interrotto poco dopo dalla morte di Erode, non sarebbe stato ripreso e completato fino al governo di Quirino, quando la Giudea perse completamente la poca indipendenza che ancora possedeva (Paulus, J.P. Lange, van Oosterzee, Hales, Wallon, ecc.). Per dare più forza a questa opinione, molti dei suoi difensori modificano il testo, che diventa, combinando i versetti... 1 e 2: In quel tempo, Cesare Augusto emanò un editto che ordinava un censimento dell'intero impero; ma la piena attuazione di questo decreto in Giudea non ebbe luogo fino al proconsolato di Quirino. 5. Calcoli tanto dotti quanto ingegnosi del signor Zumpt (lc) hanno reso del tutto plausibile l'ipotesi che Quirino fosse proconsole di Siria In due occasioni, la prima tra P. Quintilio Varo e M. Lollio, precisamente all'epoca della Natività del Salvatore, e la seconda tra il 759 e il 764. Lo stesso razionalista E. de Bunsen ammette la possibilità di ciò (Cronologia della Bibbia, 1874, p. 70). Inoltre, San Giustino afferma in modo molto formale in uno dei passi citati sopra (Apol. 1, 46) che Gesù nacque "sotto Quirino", cioè sotto il governo di Quirino. Certamente, nessuno dei sistemi precedenti elimina completamente la difficoltà che abbiamo segnalato, poiché nessuno di essi è del tutto certo; almeno tutti forniscono una soluzione molto ragionevole, soprattutto gli ultimi tre. In ogni caso, sono sufficienti a dimostrare che San Luca non si è sbagliato e che non ha distorto la storia. Ma ammiriamo le straordinarie pretese – non intendiamo la malafede – dei razionalisti nei confronti degli scrittori sacri. «Se dovessimo trovare in Zonara, o in Malalas, o in qualche altro compilatore bizantino informazioni analoghe a quelle che il terzo Vangelo ci fornisce qui, le considereremmo semplicemente una preziosa risorsa per la scienza storica, un complemento alle fonti antiche, così spesso incomplete. Perché allora San Luca dovrebbe essere trattato in modo meno favorevole?» (Aberle, loc. cit., p. 102; cfr. Wallon, loc. cit., p. 298, e il Vangelo secondo San Matteo). Abbiamo detto abbastanza per dimostrare che tra San Luca, contemporaneo degli eventi che racconta, e i critici che giudicano quegli stessi eventi tanti secoli dopo, una persona ragionevole non ha difficoltà a fare la sua scelta.
Luca 2.3 E tutti sarebbero stati contati, ognuno nella propria città. Dopo aver menzionato l'editto di Cesare Augusto (v. 1) e aver nominato il commissario imperiale incaricato della sua esecuzione (v. 2), Luca spiega brevemente come avveniva il censimento nelle terre ebraiche. È infatti alla Palestina che, a seconda del contesto, dobbiamo limitare l'applicazione del versetto 3: "Ciascuno alla sua città". Tra gli ebrei, la città propria di una persona non era né quella di nascita né quella di residenza; era quella in cui era stata fondata la famiglia a cui apparteneva (vedi versetto 4). Ogni israelita era quindi considerato appartenente alla città o al villaggio originariamente abitato dai suoi antenati. Inoltre, lì venivano conservati i registri familiari e lì, per questo motivo, ogni cittadino veniva a far verificare la propria identità in occasione del censimento. È vero che, secondo il diritto romano, iscrizioni ufficiali di questo tipo avevano luogo o nella città di origine o presso la residenza attuale, e i razionalisti non hanno mancato di accusare il nostro evangelista di incoerenza e inesattezza anche qui; ma, per confutare questa nuova obiezione, basti ricordare che i Romani, per ragioni politiche, spesso si rifacevano alle usanze particolari dei popoli che avevano soggiogato in dettagli non essenziali. Fu quindi in conformità con le antiche usanze di Israele che fu eseguito l'attuale editto di Augusto. Vedi Wallon, 11, pp. 334 e segg.
Luca 2.4 Giuseppe salì dalla Galilea, dalla città di Nazaret, in Giudea, alla città di Davide, chiamata Betlemme, perché era della casa e della famiglia di Davide, – Dall’imperatore romano, dal proconsole di Siria, Dal censimento degli ebrei, si arriva, attraverso cerchi sempre più stretti, a San Giuseppe e a Sposato. «Salire» era, nella letteratura ebraica, l’espressione consolidata per indicare un viaggio a Gerusalemme e dintorni, perché, da qualunque direzione si provenisse, si doveva salire prima di arrivarci. Vedi Matteo 20:17. Le seguenti parole, di Galileo… Betlemme, indicano il punto di partenza e la meta del cammino della santa coppia. Dalla Galilea, Giuseppe e Sposato andarono in Giudea; dalla città di Nazaret giunsero alla città di Davide, chiamata Betlemme. Il viaggio fu lungo e faticoso: del resto, non differiva molto da quello che la Madre di Dio aveva compiuto qualche mese prima (vedi nota 1, 39), per andare a trovare la cugina Elisabetta. Betlemme, Vedi il Vangelo secondo Matteo, p. 49. Si chiamava Betlemme La "Città di Davide" perché lì nacque e trascorse la sua giovinezza il fondatore della più famosa delle dinastie ebraiche. Cfr. 1 Samuele 16:1; 17:12. Era della casa e della famiglia di David. cfr. 1, 27. Le parole Casa E famiglia sono grosso modo sinonimi in questo brano: è tuttavia possibile stabilire una leggera differenza tra loro, se ci si riferisce all'antica organizzazione del popolo ebraico. Famiglia sembra corrispondere ai rami principali in cui erano divise le tribù; Casa Ciò designerebbe, per metonimia, le suddivisioni di questi rami, cioè le famiglie. Il significato del primo di questi nomi (famiglia) sarebbe quindi più ampio di quello del secondo (casa). San Luca li associa ovviamente per mostrare che San Giuseppe era strettamente legato alla discendenza di Davide.
Luca 2.5 da contare con Sposato sua moglie, che era incinta. – Per registrarsi con Sposato sua moglie. Sposato Era quindi tenuta a comparire di persona a Betlemme Molti esegeti hanno pensato di sì, seguendo diversi Padri della Chiesa. Si dice che fosse figlia unica ed erede, e in tale veste avrebbe dovuto presentarsi personalmente per registrarsi. Secondo altri, avrebbe accompagnato spontaneamente San Giuseppe a Betlemme. Comprendendo che "la Provvidenza ha così disposto gli eventi e che ha voluto che Gesù Cristo nascesse in Betlemme »Per realizzare le profezie che l'avevano così segnata» (Dom A. Calmet, hl), si era messa in cammino con generosità, abbandonandosi senza riserve alla guida di Dio. Le parole sua moglie descrivere con squisita delicatezza la condizione attuale di Sposato. Ora era la moglie di Giuseppe, il cui matrimonio era stato celebrato qualche tempo dopo il suo ritorno da Ebron (cfr. Mt 13,20), ma era rimasta vergine come una sposa: da qui questa sorprendente associazione di idee.
Luca 2.6 Ma mentre si trovavano in quel luogo, giunse per lei il tempo del parto. – A quanto pare, la sacra coppia era venuta a Betlemme Per una ragione banale, come umili cittadini che obbediscono al decreto di un imperatore; ma Dio si serve delle libere azioni degli uomini per realizzare i suoi grandi disegni. Senza rendersene conto, Augusto stava servendo gli interessi del Regno dei Cieli. La sua firma in calce a un editto aveva contribuito all'adempimento di un antico oracolo. Cfr. Bossuet, Elevazioni sui Misteri, XVI settimana, V Elevazione. I giorni in cui avrebbe dovuto partorire. Vedi 1:57 e il commento. Tutto suggerisce, dalla narrazione nel suo insieme, che la nascita di Sposato ebbe luogo durante la prima notte successiva al suo arrivo a Betlemme. Poi, secondo la magnifica espressione di San Paolo, Galati 4:4, giunse la pienezza del tempo. «Quando venne la pienezza del tempo, Dio mandò il suo Figlio, nato da donna, sotto la legge».»
Luca 2.7 E diede alla luce il suo figlio primogenito, lo avvolse in fasce e lo depose in una mangiatoia, perché non c'era posto per loro nell'albergo. – L’antichità è unanime nel ritenere che la nascita di Gesù sia stata prodigiosa e soprannaturale, così come il suo concepimento. Sposato Lo ha partorito senza dolore e senza cessare di essere vergine. «Vergine prima del parto, durante il parto e dopo il parto». Sant'Agostino, Sermone 123. Sulla parola «primogenito», cfr. Matteo. Come ha notato San Cirillo, Gesù è chiamato primogenito da due punti di vista, come figlio di Dio e come figlio di Maria; è quindi figlio unico nel secondo caso tanto quanto nel primo. Lo avvolse in fasce.. Prima di lasciare Nazareth, Sposato Si era munita di tutto il necessario per il Bambino divino che aspettava. E lo depose in una mangiatoia. Nelle cure che la Vergine Madre stessa profuse verso il figlio, con un ineffabile misto di riverenza e tenerezza, ci piace vedere, seguendo gli antichi esegeti cattolici, la prova della sua nascita miracolosa. "Da questo testo si ricava un argomento non trascurabile a conferma dell'insegnamento della Chiesa cattolica, e cioè che..." Sposato "partori senza incisione e senza dolore". Maldonat. Da questo brano consegue comunque che Cristo nacque in una stalla. Che luogo d'origine e che culla! Ma, come osserva Bossuet nella sesta elevazione della diciassettesima settimana, "un degno ritiro per colui che, nel corso della sua vita, avrebbe detto: 'Le volpi hanno le loro tane e gli uccelli del cielo, che sono le famiglie più erranti del mondo, hanno i loro nidi, mentre il Figlio dell'uomo non ha dove posare il capo...'. E letteralmente, fin dalla sua nascita, non aveva dove posare il capo". Una degna culla, aggiungeremmo, per colui che sarebbe morto su una croce. Gesù entra nel mondo come lo lascerà, in povertà e nell'umiliazione. Si è spesso pensato che Gesù fosse nato in una stalla determinata dal contesto, cioè in quella appartenente alla locanda menzionata di seguito. Oggi, è in una grotta (sormontata da una ricca basilica fatta costruire da Sant'Elena nel 327) che al pellegrino commosso viene mostrato il luogo consacrato dalla nascita del Dio-Uomo; e gli scrittori protestanti, solitamente così irrispettosi di quelle che chiamano "tradizioni monastiche", sono costretti a riconoscere che la cosiddetta cripta della Natività ha reali pretese sulla nostra venerazione.Questa grotta è menzionata già nel II secolo da San Giustino Martire, adv. Trif. 78. Anche Origene la menziona, contra Celso 1, 51; allo stesso modo Eusebio, Demonstr. Evang. 7, 2, Vita Cost. 3, 43; allo stesso modo San Girolamo, lettera 49 a Paolo, che trascorse gli ultimi anni della sua vita in una grotta vicina; allo stesso modo il Protovangelo di San Giacomo, cap. 18. La piccola cappella della Natività è interamente rivestita di marmi preziosi. Davanti all'altare, su una lastra bianca, ornata da una stella d'argento e sormontata da numerose lampade che ardono costantemente, si leggono queste parole: "Qui nacque Gesù Cristo dalla Vergine Maria". Beati coloro che si sono inginocchiati in questo luogo benedetto. Quanto al bue e all'asino così spesso raffigurati vicino alla mangiatoia di Gesù, è forse lecito vedervi solo un'applicazione allegorica di vari passi dei profeti, in particolare Isaia 1,3 e Abacuc 3,2 (secondo la Settanta e l'Itala: "Sarai riconosciuto in mezzo a due animali"), e quindi una leggenda pia e ingenua. Tuttavia, è notevole che diversi Padri, e tra i più autorevoli, affermino in termini formali la presenza di questi due animali, ad esempio San Pietro Crisologo, Sermone 156, 159; San Girolamo, Epistola a Eustochio 108, paragrafi 27, 10; San Paolino di Nola, Epistola 31, paragrafo 11, a Severo, ecc. (cfr. Il Vangelo apocrifo della Natività di Maria, capitolo 14); 2. Che il bue e l'asino compaiano sui monumenti più antichi dell'arte cristiana. Cfr. Bottari, Roma sotterran. 22, 85, 86, 143. "Non è stato ancora possibile identificare alcuna di queste effigi prima del II secolo, in cui i due animali erano assenti". Sicuramente una tradizione così antica e costante non è priva di valore. Nulla era più naturale della presenza di un bue e di un asino in una stalla. – Sulla scena della Natività conservata a Roma nella chiesa di Santa Maria Maggiore, vedi Rohault de Fleury, Mémoire sur les Instruments de la Passion de Notre-Seigneur Jésus-Christ, pp. 278 ss. Perché non c'era posto per loro… L’evangelista indica, attraverso questa riflessione, semplice e toccante, perché Sposato e Giuseppe dovette rifugiarsi in una stalla. Per dei nobili, si sarebbe potuto esitare a far loro posto; ma nessuno degli abitanti originari volle sacrificare le proprie comodità per degli stranieri dall'aspetto così umile, e così Gesù non trovò altro rifugio alla nascita che una stalla, nemmeno nella terra dei suoi antenati reali. Inoltre, in quella stessa regione, Ruth E Davide non aveva forse condotto una vita umilissima, spigolando il pane nei campi di Boaz?, Ruth, 2, 2 e seguenti, questo mentre pascolava i greggi della sua famiglia, 1 Samuele 16, 11? – Nel settore alberghiero. Con questa espressione, l'immaginazione di un occidentale evoca una vera e propria locanda, con i vari gradi di comfort che ci si può aspettare in base al proprio budget; ma siamo in Oriente, e l'Oriente, soprattutto a quel tempo, conosceva a malapena questo tipo di struttura. È quindi il kahn, o caravanserraglio, che il viaggiatore trova quasi sempre nelle città orientali, e dove gli viene fornito gratuitamente, non provviste, a cui deve provvedere da solo, ma un alloggio, cioè un semplice rifugio. Un caravanserraglio consiste solitamente in un edificio piuttosto grande, basso, a un solo piano, costruito in modo rozzo, che diventa presto insalubre. Ogni viaggiatore si sistema come preferisce; in caso di folla, gli ultimi arrivati si arrangiano come meglio possono, ed è facile capire che alla vigilia di un censimento, la locanda pubblica di Betlemme brulicante di stranieri. – Prima di proseguire, ammiriamo la semplicità del racconto di San Luca. Solo poche righe per raccontare la nascita del Messia. È così che si sarebbe scritto un mito o una leggenda? Leggete i Vangeli apocrifi e vedrete la differenza. È come paragonare una bella notte d'estate, dolcemente illuminata dalla luna, a una scenografia teatrale illuminata alla cinese. Eppure, nonostante questa estrema concisione, quale bellezza, quale freschezza, quale pittorescità, quale fascino veramente divino! C'è, come è stato spesso detto, una chiara prova di autenticità e veridicità.
Luca 2.8 Nei dintorni c'erano pastori che trascorrevano la notte nei campi, vegliando sui loro greggi. I primi testimoni, i primi adoratori di Cristo, erano umili e poveri, come sua madre, come il suo padre adottivo, come l'umile luogo in cui era nato. Gesù non chiamò membri del Sinedrio, sacerdoti, scribi o dottori alla sua mangiatoia, ma pastori. "Ma Dio ha scelto ciò che è stolto nel mondo per confondere i sapienti; Dio ha scelto ciò che è debole nel mondo per confondere i forti... affinché, come sta scritto: «Chi si vanta, si vanti nel Signore»" (1 Corinzi 1,27ss. cfr. Matteo 11,25; Luca 10,21). I rappresentanti del paganesimo alla culla del Bambino Gesù sarebbero stati tuttavia più nobili e illustri. Ma c'erano così tanti pregiudizi orgogliosi all'interno della nazione ebraica riguardo al Messia, e il Signore volle combatterli fin dall'inizio. Non abbiamo dettagli sui fortunati pastori in favore dei quali ebbe luogo la prima manifestazione di Cristo. Non c'è dubbio, tuttavia, che fossero tra quelle anime fedeli che allora attendevano con santa impazienza "la consolazione d'Israele". Vedi versetto 38. La leggenda suppone che fossero quattro e che i loro nomi fossero Misaele, Acheele, Ciriaco e Stefano. Nelle vicinanze, cioè nelle vicinanze di Betlemme. Secondo una tradizione molto venerabile, si trovava nel territorio dell'attuale villaggio di Bet-Sahour, in una piccola pianura piacevole, calda e fertile, piena di ottimi pascoli dove un tempo venivano ingrassati i greggi destinati ai sacrifici del tempio, e situata ai piedi e a est della collina su cui sorge Betlemme, dove si trovavano i pastori quando l'angelo apparve loro. – Qche ha passato la notte nei campi. Gli antichi osservavano quattro divisioni della notte (dalle 18:00 alle 21:00, dalle 9:00 a mezzogiorno, da mezzogiorno alle 3:00 e dalle 3:00 alle 6:00): i pastori si alternavano quindi nella guardia e probabilmente si sostituivano a vicenda ogni tre ore. Questo pittoresco dettaglio dell'evangelista, che ci mostra pastori e greggi nei campi nel cuore della notte di Natale, è spesso servito da punto di partenza per attacchi a volte piuttosto violenti contro la data tradizionale del 25 dicembre. Abbiamo spiegato altrove (Introduzione generale, Cronologia dei Vangeli) cosa pensare di questa data: ma la presente obiezione è infondata, poiché è evidente dalle osservazioni fatte da numerosi viaggiatori che, dopo le prime piogge, la Palestina sperimenta spesso temperature miti e piacevoli verso la fine di dicembre e l'inizio di gennaio. L'erba inizia a crescere e, anche di notte, si incontrano numerose greggi nei campi.
Luca 2.9 Ed ecco, un angelo del Signore apparve loro e lo splendore della gloria del Signore li avvolse e furono presi da grande timore. – Un angelo del Signore. Questo angelo, come credevano diversi antichi, era probabilmente San Gabriele, che abbiamo visto prima costantemente coinvolto nel mistero dell'Incarnazione. La parola è apparso Indica l'improvvisa e rapida apparizione. Cfr. 24:4; Atti 12:7. Una luce divina risplende La vivida e misteriosa luminosità che accompagna quasi sempre le teofanie formava un alone abbagliante attorno all'angelo. Furono presi dalla paura : l'impressione così spesso menzionata nei Libri Sacri quando ci mostrano l'uomo in contatto immediato con il divino.
Luca 2.10 Ma l'angelo disse loro: «Non temete, perché vi porto una buona notizia, che sarà di grande gioia per tutto il popolo. Dopo aver rassicurato i pastori con la frase di rito, l'angelo annuncia loro la Buona Novella per eccellenza. Il Vangelo risuonerà davvero in tutto il mondo per la prima volta, perché mentre i Profeti, parlando di Cristo, gridavano spesso: Nascerà, ora si può dire: È nato. Per questo il messaggero celeste annuncia ai pastori che la notizia che porterà sarà fonte di grande gioia, non solo per loro, ma per tutto il popolo ebraico, a cui appartenevano e a cui era stato specificamente promesso il Messia. Questo significato ristretto delle parole a tutte le persone è richiesto dal contesto.
Luca 2. 11 Poiché oggi vi è nato nella città di Davide un Salvatore, che è Cristo Signore.– Lui è nato per te…Questo pronome è enfatico. Isaia aveva già detto qualcosa di simile in anticipo, 9:6: «Poiché un bambino ci è nato, un figlio ci è stato dato». Gesù è nato per tutti gli uomini e per ciascuno di loro in particolare. È nato quindi per i pastori di Betlemme. – Un Salvatore. L'angelo non rivelò ai pastori il nome del Bambino divino; lo indicò loro almeno con un'espressione equivalente, poiché Gesù significa Salvatore. Chi è Cristo il Signore?. «Magnifico Nome», esclama giustamente Bengel, Gnomon, hl. Cristo il Signore, questo significa davvero «Cristo YHWH», di conseguenza «Cristo Dio». cfr. Atto 2, 36. Come possiamo vedere, le parole dell'angelo ai pastori, come le parole di Gabriele precedentemente a Sposato, I capitoli 1, 31-32 contengono una definizione popolare del Messia: annunciano il Salvatore e il Signore per eccellenza, nato, come avevano predetto i profeti, nella città di Davide. Anche i pastori potevano capire, e lo fecero, come racconterà il resto della narrazione.
Luca 2.12 E questo per voi il segno: troverete un bambino appena nato, avvolto in fasce, adagiato in una mangiatoia».»- Allo stesso modo Sposato, I pastori ricevono un segno senza averlo chiesto. Gli esegeti antichi hanno spesso dibattuto sulla natura di questo segno. Era un mezzo con cui i pastori potevano verificare la veridicità dell'angelo (Eutimio, Maldonato, Schegg, ecc.) o un biglietto che servisse a distinguere Gesù da tutti gli altri bambini (Giansenio)? Si trattava di entrambi i segni contemporaneamente, risponderemo con Luca di Bruges: "L'angelo dà qui un segno ambiguo, ma nondimeno distintivo". Ma che contrasto tra questo indizio e le nuove informazioni di cui sopra. Troverai un neonato Questo bambino sarà deposto in una mangiatoia. Gesù esige la fede dai suoi primi adoratori, come la esigerà da tutti coloro che lo seguiranno. Il segno dato dall'angelo era, del resto, più che sufficiente per distinguere il figlio di Sposato. Quella notte, probabilmente nessun altro bambino nacque nella piccola città di Betlemme ; sicuramente solo uno è nato in una stalla e ha riposato in una mangiatoia.
Luca 2.13 In quello stesso istante, una moltitudine dell'esercito celeste si unì all'angelo, lodando Dio e dicendo: – Non appena l'angelo ebbe finito di parlare, il grido "Gloria a Dio", cantato da una moltitudine di altri spiriti celesti, risuonò nell'aria. Il primo messaggero non scomparve; una schiera dell'esercito celeste si unì a lui, formando un coro di cui egli era il capo. Lodando Dio. Gli angeli Avevano cantato la prima creazione (Giobbe 38:7); era giusto che cantassero anche la seconda, tanto più che il Signore aveva dato loro un comandamento esplicito di farlo (Ebrei 1:6). Inoltre, il loro Natale non è meno una festa celeste che terrena; ecco perché gli angeli esprimere la loro gioia con un inno di lode.
Luca 2.14 «"Gloria a Dio nel più alto dei cieli e pace in terra agli uomini di buona volontà."»Il canto delle schiere celesti è straordinariamente espressivo nella sua brevità. È una sublime dossologia, che riassume mirabilmente i benefici dell'Incarnazione del Verbo. Come il canto dei Serafini davanti al trono di Dio (Isaia 6,3), si compone di due note, una rivolta al Signore, l'altra rivolta alla terra. Prima nota: Gloria a Dio nell'alto dei cieli. A Colui che abita nelle regioni superiori del cielo, la nascita di Cristo porterà gloria, una gloria perfettamente commisurata alla Sua infinita grandezza. Seconda nota: E sulla terra pace agli uomini... A coloro che vivono sulla terra, la natività di Gesù porta pace, cioè la felicità per questo mondo e per l'altro. cfr. 1:79. Era stato predetto da tempo che il Messia avrebbe dato pace alla nostra povera e travagliata terra (cfr. Isaia 2, 4; 9, 6-7; 11, 6-9, ecc.); gli scritti del Nuovo Testamento affermano in termini formali che questi oracoli divini si sono adempiuti (cfr. Giovanni 14, 27; Efesini 2, 14, 17; Colossesi 1, 20; Romani 5, 1, ecc.). Tuttavia, non tutti gli uomini apprezzeranno pace messianico; sarà veramente concesso solo agli uomini di buona volontà, e queste due parole devono essere intese come buona volontà divina, benevolenza, amore del Signore per noi, e non buona volontà umana, le sante disposizioni degli uomini verso Dio. cfr. Salmo 5:13; 50:20; Filippesi 2:13. L'espressione "uomini di buona volontà" si oppone quindi a "figli dell'ira" (Efesini 2, 3); designa, come dice Bossuet, gli uomini prediletti dal cielo. – Tra le due parti della sinfonia angelica regna un parallelismo perfetto: la «pace» corrisponde alla «gloria», «sulla terra» ai «cieli più alti», «gli uomini di buona volontà» a «Dio». Maldonat ha nel suo commento un'eccellente spiegazione del cantico degli angeli.
Luca 2.15 Quando gli angeli, Mentre salivano al cielo, i pastori, dopo averli lasciati, dicevano tra loro: «Andiamo avanti, Betlemme Consideriamo questo evento che è accaduto e che il Signore ci ha fatto conoscere.» – Dopo il loro concerto celeste, gli angeli Scomparvero all'improvviso come erano apparsi. Ma la loro manifestazione aveva prodotto l'effetto voluto da Dio, e l'evangelista, tornando dai pastori, ce li mostra pieni di fede, mirabilmente docili alla grazia, mentre si esortavano a vicenda a partire in tutta fretta per la città per vedere il Bambino divino che era nato da loro. Dalla pianura dove vivevano i pastori (vedi nota al versetto 8), ci vollero circa venti minuti per raggiungere la collina che domina Betlemme.
Luca 2.16 Andarono lì in fretta e trovarono Sposato, Giuseppe e il neonato adagiato nella mangiatoia.Senza indugio, misero in atto il loro piano: giunsero in città, trovarono la stalla e, nella stalla, il Bambino divino adagiato in una mangiatoia, come l'angelo aveva predetto, e circondato da Sposato e di Giuseppe. Secondo altri (Olshausen, ecc.), i pastori si recarono direttamente alla stalla, guidati da una grazia segreta.
Luca 2.17 Dopo averlo visto, raccontarono la rivelazione che era stata loro fatta riguardo a quel Bambino. – Dopo aver trovato le cose come erano state predette, i pastori «scoprirono in realtà che le cose che gli angeli aveva detto loro» (Maldonat), e riconobbero il loro Salvatore nel bambino nella mangiatoia. I pastori di Betlemme diventare i primi predicatori del Vangelo. «Era necessario», dice Bossuet, XI Elevazione della XVI settimana, «che colui che avrebbe scelto i pescatori fosse il suo primo discepolo e il futuro dottore della sua Chiesa. Tutto è, per così dire, della stessa natura nei misteri di Gesù Cristo».
Luca 2.18 E tutti quelli che li udirono si stupirono delle cose dette loro dai pastori. L'umile cerchia a cui i pastori raccontarono le meraviglie che Dio aveva loro rivelato fu naturalmente piena di stupore e ammirazione. Molti senza dubbio credettero e andarono a loro volta a far visita al Bambino Gesù. Tutto suggerisce, tuttavia, che il loro numero fosse molto esiguo, poiché il ricordo di Gesù sembra essersi presto sbiadito. Betlemme, così come in seguito passò in secondo piano a Gerusalemme, nonostante gli eventi straordinari che accompagnarono la Presentazione (vv. 25-38).
Luca 2.19 Oro Sposato Egli conservava con cura tutte queste cose, meditandole nel suo cuore.– San Luca inserisce qui, in relazione a Sposato, un dettaglio prezioso e delizioso, che ci apre vasti orizzonti su questa anima ammirevole: Sposato Conservava tutte queste cose (le tante cose straordinarie a cui aveva assistito, o i racconti che aveva sentito dai pastori). È uno splendido ritratto in poche parole. La Beata Vergine non perse la sua pace interiore in mezzo ai grandi eventi che accadevano intorno a lei. Raccolta in Dio, osservava attentamente. miracoli di ogni genere che accadeva riguardo a suo Figlio e nel suo Figlio: nessun fatto, nessuna parola le sfuggì, e dai suoi ricordi compose un tesoro sacro che in seguito trasmise ai discepoli, forse direttamente a san Luca (vedi Prefazione § 3). Combinando le più piccole circostanze, stava, in un certo senso, creando una filosofia della storia di Gesù. Quale profondità ci sarebbe senza le sue serene contemplazioni! Ma l'evangelista non dice che parlasse, sebbene avesse tanti miracoli da rivelare. Perché "la sua bocca era casta come il suo cuore" (Sant'Ambrogio), e "le grandi cose che Dio compie nelle sue creature suscitano naturalmente silenzio, stupore e qualcosa di divino che sopprime ogni espressione" (Bossuet, 11a Elevazione).
Luca 2.20 E i pastori se ne tornarono, glorificando e lodando Dio per tutto quello che avevano visto e udito, com'era stato detto loro. – Dopo i versetti 17-19, che formano una specie di parentesi, san Luca riprende il racconto e spiega quali furono i sentimenti dei pastori quando uscirono dalla stalla. Glorificare e lodare Dio Queste parole riassumono tutto ciò che accadeva nei loro cuori. Esse glorificano, cioè proclamano la grandezza che Dio ha manifestato nei misteri da loro contemplati; lodano, cioè cantano la sua bontà altrettanto radiosa. La loro gratitudine era rivolta a ciò che avevano udito dagli angeli (secondo altri, da...). Sposato e di Giuseppe), e ciò che avevano visto a Betlemme, una visione così in linea con la predizione angelica.
Attorno ai misteri del Natale raccontati in questi venti versi, arte visiva, poesia ed eloquenza hanno intrecciato una corona imperitura. Citiamo i principali capolavori. Si tratta, per la pittura, dei dipinti di Filippo Lippi, del Perugino, di Lorenzo di Credi, di Albrecht Dürer, di Botticelli, di Ercole Grandi, di Raffaello, e soprattutto del Correggio (la famosa "Notte"); Per la poesia, gli inni "A solis ortus cardine" di Sedulius, "Jesu, redemptor omnium" di autore ignoto, "Quid est quod arctum circulum" di Prudenzio, "Agnoscet omne saeculum" di Fortunato, la leggiadra sequenza "Adeste fideles", mille "Natali" o cantici a volte semplici e ingenui, a volte elevati e sublimi, le odi di Milton, Papa, Metastasio, Manzoni, ecc.; per l'eloquenza, i sermoni di Bossuet, Bourdaloue e Massillon.
Luca 2.21 Quando furono compiuti gli otto giorni prescritti per la circoncisione, gli fu messo nome Gesù, come il nome che l'angelo gli aveva dato prima che fosse concepito nel grembo della madre. Non appena Gesù nacque dalla donna, come dice san Paolo (Gal 4,4), fu sottoposto alla legge. Cfr. Romani 8, Ebrei 2:17; Ebrei 3:17. Non appena il suo sangue è formato, egli ne versa le prime gocce per noi, in attesa di un'abbondante effusione durante la sua Passione. Gli fu dato il nome Gesù. L'evangelista non menziona direttamente la circoncisione del Salvatore, a cui attribuisce solo un'importanza secondaria; l'evento principale per lui è l'imposizione del nome, solitamente associata a questa cerimonia cruenta (vedi 1,59 e la spiegazione), ed è su questo secondo punto che insiste particolarmente. Nostro Signore riceve così per la prima volta il sacro nome di Gesù, Yeshua in ebraico, un nome sempre caro agli ebrei, perché ricordava loro Giosuè, L'illustre condottiero che conquistò la terra promessa e il sommo sacerdote che la riconquistò dopo l'esilio babilonese (cfr Esdra 2,2; 3,2; Zaccaria 3,1); un nome ancora più caro ai cristiani, per i quali è, secondo le parole appropriate di san Bernardo, «miele in bocca, melodia nelle orecchie, gioia nel cuore». Filone, sulla mutazione dei nomi, § 21, ne dà il vero significato: salvezza dal Signore. Che l'angelo gli aveva dato… cfr. 1, 31. – «Noi cristiani abbiamo il battesimo, rito pieno di grazia e libero da ogni sofferenza. Dobbiamo tuttavia praticare la circoncisione del cuore». San Bonavento. Vita Christi, 5. Dipinti di Guercino, Barbieri e Parmigianino.
Luca 2.22 Poi, quando furono compiuti i giorni della loro purificazione, secondo la legge di Mosè, Sposato E Giuseppe portò il bambino a Gerusalemme per presentarlo al Signore 23 secondo quanto è scritto nella legge del Signore: «Ogni maschio primogenito sarà sacro al Signore»,» 24 e per offrire in sacrificio, come prescrive la legge del Signore, una coppia di tortore o due piccoli colombi.– I tre versetti con cui san Luca apre questo nuovo episodio dell'infanzia del Salvatore riassumono, in modo un po' oscuro a causa della loro concisione, due distinte leggi e cerimonie dell'ebraismo. La prima riguardava le madri e prescriveva per loro, dopo ogni parto, una speciale purificazione per liberarle dalla contaminazione legale contratta; a questo si fa riferimento nel versetto 24 e all'inizio del versetto 22. La seconda riguardava i figli primogeniti e ingiungeva ai loro genitori di presentarli al Signore e di riscattarli per una somma specifica: a questo si fa riferimento alla fine del versetto 22 e al versetto 23. Quando furono compiuti i giorni della loro purificazione. La purificazione si applica a Sposato Poiché la legge ebraica imponeva la purificazione alle madri e non ai figli, Giuseppe non era vincolato da alcuna purificazione cerimoniale, ma era lui, in quanto padre adottivo, a preoccuparsi della presentazione del Bambino: per questo l'evangelista applica collettivamente ai santi sposi ciò che li riguardava individualmente; li tratta come una persona morale. Secondo la Legge di Mosè. Si veda il capitolo 12 del Levitico, che tratta interamente questo argomento. L'impurità legale delle madri durava, a rigor di termini, solo sette o quattordici giorni, a seconda che avessero dato alla luce un figlio maschio o una figlia femmina; ma, trascorso questo periodo, dovevano ancora attendere 33 o 66 giorni prima di presentarsi al tempio. Non venivano quindi completamente purificate fino al 40° o all'80° giorno, dopo la cerimonia religiosa. Pertanto, i "giorni di purificazione" menzionati qui da San Luca rappresentano i primi quaranta giorni trascorsi dopo Natale. Lo condussero a Gerusalemme. La distanza che separa Betlemme (dalla capitale ebraica sono circa nove chilometri). Passiamo ora alla seconda legge, che riguardava i primogeniti. Secondo un precedente decreto di Dio, ogni primogenito maschio, come primizia, doveva appartenere al Signore e servirlo come sacerdote per tutta la vita. Ma in seguito, Dio modificò questa legge quando affidò la cura del culto esclusivamente alla tribù di Levi: richiese solo che il primogenito Gli fosse offerto nel tempio, come segno del Suo dominio su tutto il loro essere, e permise ai genitori di riscattarlo offrendo cinque sicli, che venivano gettati nel tesoro dei Leviti. La cerimonia di presentazione non veniva ripetuta per gli altri figli; non veniva nemmeno eseguita per il primogenito finché non fosse stato idoneo all'ufficio sacerdotale. Se nasceva con una delle deformità corporee che, secondo il rituale mosaico, escludevano i Leviti stessi dalle funzioni sacre, non doveva essere presentato al Signore, né essere riscattato cfr. Esodo 3, 2:12-15; Numeri 8:16-18; 18:15-16. La citazione della legge nel versetto 23 è fatta in modo piuttosto libero, come talvolta accade agli scrittori del Nuovo Testamento. Consacrati al Signore : qualcosa di sacro al Signore. Il significato originale della parola Santo è: mettere da parte, separare. E da offrire in sacrificio. Qui l'evangelista ci riporta alla purificazione di Sposato e al sacrificio che doveva accompagnare questo rito. «La madre porterà alla tenda della testimonianza un agnello di un anno per l'olocausto e una colomba o una tortora per il sacrificio espiatorio. Li darà al sacerdote, che li offrirà davanti al Signore e pregherà per lei, e lei sarà purificata... Se una donna non ha mezzi per un agnello, prenderà due tortore o due giovani colombi, uno per l'olocausto e l'altro per il sacrificio espiatorio». Levitico 12,6-8. Questo è il testo completo della legge. San Luca cita solo l'ultima parte, indicando così che il sacrificio di Sposato era quello dei poveri. – È forse necessario aggiungere qui, seguendo i Padri e gli antichi esegeti, che i due precetti menzionati da san Luca non vincolavano né Gesù né Maria? La madre di Cristo aveva partorito al di fuori di tutte le ordinarie regole della natura; secondo i termini stessi della legge mosaica, era esente dalla purificazione ordinaria. Quanto al divino Bambino, poiché non era altri che Dio, il legislatore di Israele, è chiaro che non cadeva sotto i suoi stessi decreti (cfr. Sant'Ilario, Hom. 17 in Evangel.). Essi tuttavia non esitarono a sottomettersi a queste umilianti prescrizioni. "O profondità della sapienza e della scienza di Dio! Colui che è l'autore della legge come Dio l'ha osservata come uomo" San Cirillo (Cat. Graec.).«umiltà, L'obbedienza è sempre stata una virtù caratteristica di Gesù e di Sposato.
Luca 2.25 Ora a Gerusalemme c'era un uomo di nome Simeone, che era giusto e timorato di Dio, e aspettava la consolazione d'Israele; e lo Spirito Santo era su di lui.– San Luca non fornisce dettagli sulla purificazione della Beata Vergine e sulla presentazione di Gesù; ma, d'altra parte, si sofferma con amore su due episodi, non meno significativi che pittoreschi, accaduti in quella splendida giornata. Il primo episodio pone improvvisamente San Simeone al centro del quadro: chi era questo pio abitante di Gerusalemme? A volte si è tentato di identificarlo con varie figure della storia ebraica, che portavano anche il nome allora così comune di Simeone, in particolare con il rabbino Simeone, presidente del Sinedrio intorno all'anno 13 d.C., figlio del famoso Hillel e padre dell'altrettanto famoso Gamaliele. Altri lo hanno identificato come un sommo sacerdote, seguendo il Vangelo apocrifo di Nicodemo, capitolo 16. Ma tutte queste congetture sono prive di fondamento storico. È inoltre improbabile che San Luca abbia semplicemente designato un sommo sacerdote o un alto presidente con la parola Uomo. Una tradizione del tutto legittima, supportata dal testo evangelico (cfr. vv. 26 e 29), raffigura Simeone come un uomo anziano, anche se non necessariamente decrepito, come vorrebbe la letteratura apocrifa. Inoltre, mentre l'autore sacro non ci dice nulla dell'aspetto esteriore di San Simeone, abbozza in poche righe un magnifico ritratto morale del suo eroe. Era un uomo giusti e timorati di Dio, un uomo perfetto dal punto di vista della religione ebraica. Soprattutto, era un uomo di fede che, tra le umiliazioni del suo popolo, non aveva dimenticato né le promesse fatte ai patriarchi né le successive profezie dei profeti riguardanti il Messia: Aspettava consolazione da Israele, Vale a dire, il grande liberatore, il consolatore supremo, colui al quale Isaia 61:1-3 rivolge queste parole: "Lo Spirito del Signore Dio è sopra di me... Mi ha mandato a guarire quelli che hanno il cuore spezzato... Per dare a quelli che fanno lutto in Sion una corona invece della cenere, olio di letizia invece dell'abito da lutto, il manto della lode invece di uno spirito abbattuto". La rettitudine, la pietà e la fede di Simeone avevano, in un certo senso, fissato lo Spirito Santo nel suo cuore: lo Spirito Santo era dentro di lui. Questo tempo imperfetto, come sottolineano i commentatori, significa una dimora permanente dello Spirito di Dio, e non semplicemente un soggiorno temporaneo.
Luca 2.26 Lo Spirito Santo gli aveva rivelato che non sarebbe morto prima di aver visto il Cristo del Signore. – In uno di quei momenti di intima e dolce unione che spesso accompagnano la dimora dello Spirito Santo in un’anima, a Simeone fu chiaramente rivelato che avrebbe avuto la gioia di vedere Cristo prima di morire. È degna di nota l’antitesi dell’oracolo divino: non avrebbe visto la morte prima di aver visto Cristo. Anche nel quarto Vangelo, 8,51, si parla di «vedere la morte». Cfr. Salmo 88,48. Il Cristo del Signore non più Cristo Dio, come nel versetto 11, ma il Cristo di Dio, cioè inviato, donato dal Signore.
Luca 2.27 Mosso dunque dallo Spirito, egli andò al tempio. E mentre i genitori vi portavano il bambino Gesù per osservare le consuetudini legali che lo riguardavano, Arrivò al tempio mosso dallo Spirito, spinto da un impulso irresistibile dello Spirito Santo (cfr Mt 22,43). La promessa celeste stava finalmente per compiersi per Simeone. Mentre i genitori portavano il bambino Gesù. I razionalisti hanno affermato che esiste una contraddizione tra la parola genitori e il pensiero precedente nel racconto di San Luca (1:34 ss.); ma gli stessi protestanti si impegnano a confutarli. "Quale critica! La parola 'genitori' è usata semplicemente per designare la qualità in cui Giuseppe e Sposato apparve in quel momento nel tempio e presentò il bambino» (Godet). Quando l’anziano Simeone si unì alla santa coppia, stavano quindi attraversando la porta del tempio per offrire Nostro Signore Gesù Cristo al Dio d’Israele e pagare il suo riscatto. Da ciò consegue che Sposato Era stata prima purificata, poiché l'accesso al tempio le era proibito finché non fosse stata purificata dalla macchia legale di cui si presumeva fosse afflitta, come le madri comuni. Il sacerdote della settimana si era recato da lei alla Porta di Nicanore, o Porta Orientale, riservata a questo tipo di cerimonia, e aveva compiuto su di lei i riti consueti. Nulla impediva ora alla madre di Cristo di offrire lei stessa il Figlio al Padre Celeste.
Luca 2.28 Anche lui lo accolse tra le sue braccia e benedisse Dio, dicendo:– Fin dalla sua Incarnazione, Gesù ha avuto diversi testimoni che hanno proclamato il suo ingresso nel mondo e cantato la sua Redenzione: in cielo gli angeli, sulla terra Elisabetta, Giovanni Battista, Zaccaria, i pastori di Betlemme. Ora aggiunge al loro numero. «Tutte le età e tutti i sessi hanno fede negli eventi miracolosi: una vergine partorisce, una sterile concepisce, un muto parla, Elisabetta profetizza... chi è nel grembo materno gioisce, la vedova è aiutata, il giusto attende...». S. Ambrogio, Esposizione in Luca. Simeone, nella sua estasi, strappò quindi dolcemente il bambino dalle braccia di Sposato o di Giuseppe per abbracciarlo. "Beate le mani che hanno toccato il Verbo della Vita, e le braccia pronte ad accoglierlo!" San Gregorio di Nissa in Catone theologica. Che immagine veramente divina! San Luca la descrisse così bene che gli artisti non dovettero far altro che copiarla, e questo è ciò che hanno fatto mirabilmente, tra molti altri: van Eyck, Guido Reni, Rubens, Fra Bartolomeo Filiberto di Champaigne, Francia, Veronese, Fra Angelico, Tiziano, Raffaello. Si vedano nella letteratura apocrifa (Vangelo dell'Infanzia, cap. 6, e Protovangelo di San Giacomo, cap. 15) curiose leggende su come Simeone riconobbe il Messia. Benedisse Dio e disse:. Inondato di consolazioni, illuminato più che mai dallo Spirito Santo, Simeone, divenuto profeta e poeta insieme, canta il suo sublime cantico, che fu per lui il suo canto del cigno, come è stato più volte ripetuto.
Luca 2.29 Ora, o Signore, tu lasci che il tuo servo vada in pace, secondo la tua parola, – Ora. Nulla ora ostacola la sua morte, poiché ha contemplato il Messia. Gli esegeti sottolineano giustamente che l'uso del tempo presente, permettere, corrobora l'idea espressa dall'avverbio ORA. Simeone parla della sua morte come di qualcosa di imminente, il cui ritardo non avrebbe ragione di esistere, poiché la condizione per cui Dio lo aveva preservato sulla terra si era appena adempiuta. Il verbo nel testo greco denota la liberazione di un prigioniero, l'atto di congedare le truppe, di sollevare un soldato dal suo posto. Significa sempre una felice liberazione. Gli autori classici lo usano anche per riferirsi alla morte. Il pio vecchio parla quindi come un uomo per il quale questa vita era ormai un peso e l'aldilà un dolce riposo, un'emancipazione ardentemente desiderata. In pace, non solo completamente rassicurato sul futuro del suo popolo (Eutimio), ma anche con i suoi desideri personali pienamente realizzati.
Luca 2.30 poiché i miei occhi hanno visto la tua salvezza, – Simeone ora ci rivela il motivo della sua pace e della sua felicità: Da quando i miei occhi hanno visto…Il vecchio felice avrebbe potuto anche dire che le sue braccia avevano portato Cristo; ma preferisce menzionare l’adempimento della promessa divina, v. 26. Salvezza, Salvezza messianica donata al mondo dal Signore nella persona di Gesù.
Luca 2.31 che hai preparato davanti a tutti i popoli:Questa è proprio la cattolicità, l'universalità del regno di Cristo, nettamente contrapposta da un ebreo al ristretto particolarismo dei suoi contemporanei. Gli Israeliti di allora, dimenticando le chiarissime profezie (cfr. Isaia 46,13; 49,6; 52,7-10, ecc.) che avevano annunciato un Messia destinato a salvare tutti i popoli senza eccezione, si aspettavano per lo più solo un Salvatore le cui benedizioni sarebbero state limitate alla nazione teocratica. Simeone si libera da questo circolo vizioso: il Cristo che celebra non sarà un Redentore parziale; egli porterà la salvezza al mondo intero.
Luca 2.32 luce per dissipare le tenebre delle nazioni e gloria di Israele, tuo popolo. Tuttavia, il Messia non benedirà tutti i popoli allo stesso modo. Dal punto di vista della vera religione, l'umanità era allora divisa in due categorie distinte: Israele e i Gentili. Simeone conclude il suo cantico indicando i favori speciali che Gesù porterà a ciascuno di loro. Per i Gentili, egli sarà una luce per illuminare le nazioni, una luce che rischiarerà le loro tenebre, che rivelerà loro la verità. Questa immagine si adatta perfettamente allo stato in cui si trovava allora il mondo pagano. "Prima della venuta di Cristo", dice Sant'Atanasio (ap. Cat. D. Thom.), "le nazioni, private della conoscenza di Dio, erano immerse nelle tenebre più profonde. Ma Cristo, facendo la sua apparizione", aggiunge San Cirillo (ibid.), "fu la luce per coloro che erano nelle tenebre dell'errore e che la mano del diavolo aveva afferrato; furono chiamati da Dio Padre alla conoscenza del Figlio, che è la vera luce". cfr. Isaia 25, 7; 42,6; 49,6; Matteo 4,16. – Agli ebrei, Gesù Cristo porterà una gloria del tutto speciale, perché era soprattutto a loro che era stato promesso e donato direttamente (cfr. Matteo 1,21 e il commento); gloria, perché proveniva dalle loro fila; gloria anche perché vivrà e agirà personalmente in mezzo a loro. Nel tempo e nell'eternità, il loro titolo di fratelli di Cristo secondo la carne sarà per loro motivo di legittimo orgoglio. Tale è il "Nunc dimittis", un delizioso "gioiello lirico", un poema di grande ricchezza nonostante la sua concisione, poiché riassume la storia religiosa di tutti i tempi da Cristo in poi. Come il "Magnificat", come il "Benedictus", fu conservato da San Luca per la perpetua consolazione della Chiesa; così, questi poemi concludono ogni giorno tre dei principali uffici liturgici. Il cantico del santo vecchio Simeone continua e completa quelli di Sposato e Zaccaria. Si può dire che apre orizzonti più ampi: questi, infatti, erano più specificamente israeliti, Sposato Avendo cantato l'Incarnazione del Verbo solo in relazione a sé stesso e al suo popolo, anche Zaccaria si è limitato a lodare il Salvatore d'Israele, mentre, come abbiamo appena visto, Simeone è andato oltre, celebrando in Gesù il liberatore universale. – Il parallelismo del «Nunc dimittis» è meno perfetto di quello dei due cantici precedenti; inoltre, varia quasi in ogni versetto. Sintetico nel versetto 29, antitetico nel versetto 32, è semplicemente ritmico nei versetti 30 e 31.
Luca 2.33 Il padre e la madre del bambino erano meravigliati dalle cose che si dicevano di lui. – Dopo aver ascoltato le parole del santo vecchio, Sposato E Giuseppe non riusciva a contenere la loro ammirazione. Non che imparassero qualcosa di nuovo. Quanto più avrebbero suscitato lo stupore di Simeone se gli avessero raccontato anche solo una piccola parte delle meraviglie di cui erano stati autori e testimoni negli ultimi mesi? Ciò che ammiravano erano le circostanze prodigiose che accompagnavano ogni mistero della vita del Bambino divino. Soprattutto, il modo in cui il Signore rivelava Gesù a cuori umili come il loro li riempiva di stupore sempre crescente. "Ogni volta che si rinnova la manifestazione delle cose soprannaturali, si rinnova anche l'ammirazione nelle nostre menti". (Catenaria dei Greci)
Luca 2.34 E Simeone li benedisse e disse loro: Sposato, sua madre: "Questo Bambino è nel mondo per la caduta e la resurrezione di un gran numero in Israele e segno di contraddizione, – Dopo aver terminato il suo canto di gioia e di amore, Simeone «benedisse» Sposato e Giuseppe. Certamente, questa non è una benedizione in senso stretto: "beato" qui significa che si è congratulato con loro, li ha proclamati beati. Ma improvvisamente, riceve nuove rivelazioni dall'alto. La luce di cui aveva cantato in modo così ammirevole, la vede offuscata dalle nubi che si avvicinano. Poi, volgendosi verso Sposato sua madre (la madre, il cui affetto è più intenso e tenero; la madre, in contrapposizione a Giuseppe, che era solo il tutore), le disse con accento di dolore: Questo bambino è al mondo perQueste parole contengono una predizione molto importante riguardo al Bambino Gesù. Gesù non era destinato, nel senso stretto dell'espressione, a portare rovina a nessuno nel mondo; al contrario, è venuto per salvare e redimere tutti gli uomini. Sarà tuttavia causa indiretta e involontaria di rovina per molti. È facile capire a quale tipo di rovina si riferisca Simeone: rovina spirituale, una caduta morale, sia in questo mondo che nell'altro, per tutti coloro che resistono a Gesù. La resurrezione Ciò che segue è della stessa natura: è, anche in questa vita, l'elevazione, la rigenerazione delle anime umiliate dal peccato, la gloria celeste dopo la morte. – Causa involontaria di rovina per alcuni, causa diretta di risurrezione per altri, il Salvatore sarà quindi segno di contraddizione. Isaia aveva predetto questo carattere del Messia con non meno chiarezza di Simeone: «Sarà un santuario, ma anche una pietra d'inciampo e una roccia di scandalo per entrambe le case d'Israele, una trappola e un laccio per gli abitanti di Gerusalemme. Molti inciamperanno, cadranno e saranno sfracellati, saranno presi e catturati». Isaia 8,14-15. «Rivolgiamoci al Vangelo, e specialmente a quello di san Giovanni, dove il mistero di Gesù Cristo è rivelato più pienamente: è il commento più perfetto alle parole di Simeone». Ascoltiamo il mormorio del popolo: alcuni dicevano: «È un uomo buono»; Altri dicevano: «No, inganna la gente…». Alcuni dicevano: «È il Cristo»; altri dicevano: «Il Cristo deve venire dalla Galilea…?». Ci fu quindi una grande discussione su questo argomento… «È indemoniato», dicevano alcuni, «è un pazzo; perché ascoltarlo ancora?». Altri dicevano: «Non sono forse queste le parole di un indemoniato?». Bossuet, XII Elevazioni della XVIII settimana (cfr. Elevazioni 13-18). Del resto, solo pochi giorni dopo la sua nascita, Gesù era già oggetto di contraddizione: fu occasione di rovina per Erode, causa di resurrezione per i pastori, per i Magi e per le anime fedeli. La lotta è continuata attraverso i secoli (cfr. Ebrei 12,3); oggi è più ardente che mai e durerà fino alla fine del mondo. L'umanità sarà sempre divisa in due campi riguardo a Gesù e alla sua Chiesa: il campo degli amici e il campo dei nemici.
Luca 2.35 "Una spada trafiggerà anche la tua anima, e così saranno svelati i pensieri nascosti nei cuori di molti."» – Oggetto di odio e di contraddizione da parte di molti, Gesù sarà dunque immerso nell’amarezza: ciò è chiaro dal versetto 34. Ma alla «Passione» di Cristo corrisponderà naturalmente la «Compassione» di sua Madre, come ora aggiunge il santo vegliardo. Una spada ti trafiggerà l’anima… L’anima è qui usata per riferirsi al cuore, in quanto sede degli affetti, e di conseguenza dell’amore materno. La spada simboleggia qui i dolori acuti e lancinanti che trafissero il cuore di Sposato durante la vita del suo divin Figlio, ma che lo dilaniò soprattutto al Calvario, come canta la Chiesa: «La spada trafisse la sua anima gemente, addolorata e sofferente». Vedi Eutimio, hl. Questa bella metafora è del tutto classica. È quindi sbagliato che Sant'Epifanio nell'antichità, Lightfoot in epoca moderna e alcuni altri esegeti successivi abbiano preso la parola spada in senso letterale e abbiano concluso dalle parole di Simeone che Sposato sarebbe morta di morte violenta. Come afferma opportunamente Beda il Venerabile spiegando questo passo, "Nessun resoconto riporta che la Vergine Maria abbia lasciato questa vita dopo essere stata trafitta da una spada, soprattutto perché non è l'anima, ma il corpo, che la spada di solito trafigge". Ma c'è un'altra interpretazione, ancora più strana: consiste nel vedere nella spada la rappresentazione figurata di una battaglia che si sarebbe combattuta in Sposato tra dubbio e fede riguardo al Figlio, come se Gesù dovesse essere momentaneamente un segno di contraddizione persino per sua Madre. Che diversi protestanti adottino questo sentimento non sorprende; è più sorprendente trovarne tracce tra gli ex cristiani ortodossi (vedi citazioni in D. Calmet), e persino negli scritti di Sant'Agostino, poiché egli non può basarsi sul testo di San Luca, né sul resto della narrazione evangelica: pertanto, è giustamente respinto dalla maggior parte dei commentatori, qualunque siano le loro convinzioni. Affinché i pensieri di molti cuori possano essere svelati…Queste ultime parole della profezia sono chiare in sé, ma i commentatori non sono d'accordo sul loro collegamento con le proposizioni precedenti. Alcuni le collegano semplicemente a «segno di contraddizione». Gesù, dicono, per il fatto stesso di essere segno di contraddizione, costringerà i suoi nemici a rivelare i pensieri più segreti dei loro cuori. La predizione riguardante Sposato Essendo così isolata tra due proposizioni a cui non è direttamente collegata, è posta tra parentesi. Ma crediamo, insieme ad altri esegeti, che sia più naturale e più coerente con il flusso del pensiero considerare questa proposizione finale di Simeone come la conclusione, la conseguenza delle tre precedenti prese insieme. Le prime tre proposizioni costituiscono un insieme inscindibile: Sposato Gesù soffrirà molto a causa delle contraddizioni a cui sarà sottoposto suo Figlio; queste contraddizioni deriveranno dal ruolo stesso di Gesù nei confronti di Israele. Tutte queste cose combinate daranno luogo alla rivelazione dei cuori. Schierandosi a favore o contro Cristo, le persone riveleranno necessariamente ciò che pensano e desiderano, le loro intenzioni e i loro affetti più nascosti.
Luca 2.36 C'era anche una profetessa, Anna, figlia di Fanuel, della tribù di Aser; era molto avanzata in età, aveva vissuto con il marito sette anni dal tempo della sua verginità. 37 Rimasta vedova e giunta all'età di ottantaquattro anni, non si allontanava mai dal tempio, servendo Dio notte e giorno con digiuni e preghiere. »Un'antica leggenda narra che Simeone morì di felicità in quello stesso momento ai piedi del Bambino Gesù. Poi si avvicinò Anna, figlia di Fanuele, della tribù di Aser. L'evangelista«, esclama Teofilatto, »si sofferma con piacere a raffigurare Sant'Anna». Se ci dà non solo il nome di questa pia donna, ma anche quello di suo padre e quello della sua tribù, potrebbe essere per il loro significato figurato? È stato suggerito: «Poiché Anna significa Grazia, Fanuele il Volto di Dio e Aser il Felice, si potrebbe trovare in questo triplice appellativo una meravigliosa congruenza. Tutto ciò si era verificato in Anna: questi nomi contenevano la sua storia». Ma il ragionamento ci sembra più ingegnoso che vero. Il testo sacro aggiunge che Anna era una profetessa. Anch'essa aveva ricevuto intuizioni soprannaturali che, per la maggior parte, riguardavano senza dubbio il Messia: il versetto 10.38 sembra indicarlo almeno. San Luca sottolinea ulteriormente la sua età avanzata; specifica la durata della sua vita coniugale; poi nota il suo stato di vedova, e di vedova santa. Ottantaquattro anni. Alcuni esegeti ritengono che questo si riferisca all'età complessiva di Sant'Anna in quel momento della sua vita; altri, seguendo Sant'Ambrogio, lo applicano solo agli anni della sua vedovanza. Ipotizzando, secondo questa seconda ipotesi, che Anna si fosse sposata a 15 anni, secondo l'usanza ebraica, avrebbe avuto 106 anni (15+7+84). Ma riteniamo più probabile la prima ipotesi. – Nell'antichità, la vedovanza era molto meno comune di quanto non lo sia oggi: donne Si risposavano quasi sempre, almeno quando erano ancora giovani al momento della morte del primo marito. Anna, come Giuditta, fu una gloriosa eccezione a questa regola; e usò la sua libertà per servire Dio con maggiore perfezione. Non lasciò il tempio. Dobbiamo prendere queste parole alla lettera e supporre che sant'Anna avesse effettivamente la sua residenza in uno degli annessi del tempio? O non è meglio credere che l'autore sacro le abbia usate in senso iperbolico, per dire che la pia vedova trascorreva gran parte delle sue giornate nei cortili sacri (cfr. 24, 53; cfr.; Atto 2, (p. 46)? Siamo più propensi a questa seconda interpretazione. In ogni caso, è chiaro che Anna era morta al mondo e viveva solo per Dio. Incarnava l'immagine della vera vedova descritta da San Paolo in 1 Timoteo 5:5. Perseverava nella sua incessante adorazione, notte e giorno. Sebbene avesse superato da tempo l'età in cui le penitenze corporali costituiscono un elemento importante della santità, la sua vita fu tuttavia un digiuno continuo. Se la preghiera era l'attività della sua vita, la penitenza ne era il riposo.
Luca 2.38 Anche lei, giunta in quell'ora, cominciò a lodare il Signore e a parlare del Bambino a tutti coloro che a Gerusalemme aspettavano la redenzione. – Mossa, come Simeone, da un potente impulso dello Spirito Santo che abitava in lei, Anna arrivò quasi nello stesso momento del santo vecchio, nel momento in cui Sposato e Giuseppe stavano per compiere la cerimonia della redenzione del Bambino; e, riconoscendo in questo neonato il Liberatore d'Israele, il Messia, cominciò a glorificare pubblicamente il Signore. cominciò a lodare il Signore. Da allora in poi, Sant'Anna provò una grande gioia nel parlare di Gesù a tutti coloro che attendevano il Messia. – L'episodio si conclude bruscamente con questo dettaglio e San Luca ci riporta a Nazareth, seguendo la Sacra Famiglia.
Luca 2:39-52 = Matteo 2:23.
Luca 2.39 Dopo aver compiuto ogni cosa secondo la legge del Signore, ritornarono in Galilea, a Nazaret, la loro città. Questo versetto costituisce una transizione tra il mistero della presentazione di Gesù al tempio e quello del suo oscuro ritiro a Nazareth. Abbiamo visto in precedenza, spiegando i versetti 22-24, cosa la legge mosaica richiedesse alle madri e ai loro figli primogeniti. Prima di passare a un altro episodio, l'evangelista si preoccupa di dire che Sposato E Giuseppe rimase fedele a tutti i suoi comandamenti. Betlemme era la «città di Davide», il loro antenato, v. 4, ed erano venuti lì solo di passaggio, per obbedire a un decreto di Cesare, o meglio, alla volontà della Provvidenza divina; ma Nazaret era la loro casa, dove si erano stabiliti da tempo (cfr 1,56): vi tornarono quindi non appena non ci fu più nulla che li trattenesse in Giudea. Spieghiamo la concordanza tra il racconto di san Matteo e quello di san Luca riguardo all’infanzia di Gesù: ciascuna delle due narrazioni può essere ridotta a cinque eventi distinti. Secondo il primo Vangelo, capitolo 2, c’è 1° la nascita di Gesù in Betlemme, 2. L'adorazione dei Magi in quella stessa città, 3. La fuga in Egitto, 4. La strage dei Santi Innocenti, 5. Il ritorno dall'Egitto e l'insediamento della Sacra Famiglia a Nazareth. Secondo Luca 2:1-39, c'è 1. La nascita di Gesù a Betlemme, 2. Il culto dei pastori, 3. La circoncisione, 4. La purificazione Sposato e la Presentazione di Gesù al Tempio, 5° il ritorno della Sacra Famiglia in Galilea. Mentre San Matteo conduce Gesù, Sposato e Giuseppe di Betlemme in Egitto prima di riportarli a Nazareth, San Luca sembra affermare che, avendo lasciato Betlemme, Tornarono direttamente a Nazareth. Seguendo Celso e Porfirio (cfr. S. Epiph. Haer. 51, 8), i razionalisti contrappongono spesso San Matteo a San Luca, a volte rifiutando una versione a scapito dell'altra (Schleiermacher, Schneckenburger, ecc.), a volte rifiutandole entrambe (Strauss, Leben Jesu, 1835, §§ 34 e 35). Lo stesso Meyer, sebbene molto meno avanzato, afferma che "la riconciliazione è impossibile". Alford, nonostante la sua convinzione, non esitò ad affermare: "Nello stato attuale delle due versioni, non è affatto possibile suggerire un metodo soddisfacente per unirle. Chiunque vi abbia tentato ha violato, in qualche parte della sua ipotesi, la probabilità o il buon senso". Sebbene noi, come esegeti cattolici, seguiamo regole di critica molto più rigide di quelle a cui è tenuto un ministro anglicano, troviamo le due versioni compatibili. – 1. È facile comprendere che gli autori sacri non hanno raccontato esattamente gli stessi eventi: san Matteo ha scelto quelli che più si adattavano al suo progetto (vedi il nostro commento a Matteo 2,22); san Luca ha incluso nel suo racconto quelli che ha trovato nei documenti di cui si è servito. 2. La concordanza si realizza nel modo più semplice per gli eventi iniziali: Gesù nasce a Betlemme Secondo i due evangelisti, egli viene adorato dai pastori, poi circonciso l'ottavo giorno, secondo san Luca. L'accordo tra i due esiste anche per quanto riguarda il soggiorno a Nazareth, che san Matteo e san Luca raccontano insieme. 3. Tutto avviene prima come lo descrive san Luca, fino alla Presentazione. I Magi vengono poi ad adorare Gesù a Betlemme, dove i suoi genitori lo avevano riportato dopo aver lasciato Gerusalemme. Seguono la fuga in Egitto, la strage dei Santi Innocenti, il ritorno dall'Egitto e l'insediamento della Sacra Famiglia a Nazareth. Pertanto, i racconti nella loro integrità originale sono rispettati; c'è solo l'inserimento del racconto di San Matteo dopo quello di San Luca nel modo più naturale. – I due evangelisti non si contraddicono, ma si completano a vicenda. San Luca, non volendo raccontare la visita dei Magi e le sue dolorose conseguenze, avrebbe potuto benissimo condurre la Sacra Famiglia direttamente da Gerusalemme a Nazareth, senza escludere viaggi intermedi. Gli storici secolari usano frequentemente questa libertà, e nessuno pensa di criticarli per questo. – Vedi su questo argomento Sant'Agostino, *De consensu Evangelica*; Dehaut, *L'Évangile expliqué, défendu*, 5a ed., vol. 1, p. 343 ss.; Maldonat, Comment. in Matteo 2, 13, 22, 23.
Luca 2.40 Intanto il bambino cresceva e si fortificava, pieno di sapienza, e la grazia di Dio era sopra di lui. – In queste poche righe l’evangelista riassume i primi dodici anni di Nostro Signore Gesù Cristo: li presenta generalmente come un tempo di crescita e di sviluppo universale, come avviene per tutti gli uomini. cfr. Giustino Martire, Dialoghi su Trifo, capitolo 88. Pieno di saggezza. Sotto l'aspetto di un umile bambino, Gesù nascondeva una sapienza infinita, in virtù della sua natura divina. Si veda la spiegazione del versetto 52. In greco, la forma verbale sembrerebbe indicare una perenne e costantemente reiterata effusione della Sapienza divina sull'anima di Nostro Signore Gesù Cristo. cfr. Schegg, hl – La grazia di Dio era in lui. Il favore di Dio, quindi, si posò, o meglio, discese visibilmente sul Figlio di Maria: il Signore ripose da allora in poi tutta la sua delizia in questo Bambino benedetto. Quanto blando diventerebbe il pensiero se si vedesse in questo, seguendo alcuni esegeti, un'indicazione delle grazie corporee di Gesù. – San Luca aveva già fatto un'osservazione simile riguardo al Precursore, 1:66 e 80. Ma quale differenza tra la crescita di San Giovanni e quella di Cristo! Lì, inoltre, si diceva solo che la mano di Dio era con il figlio di Zaccaria, mentre qui è la grazia stessa di Dio che dimora in Gesù.
Gesù tra i dottori. vv. 41-50
«L'evangelista ora dimostra la verità di ciò che ha appena detto». San Cirillo, apostolico, D. Tommaso. San Luca, infatti, mette in luce la sapienza veramente divina di Gesù attraverso un aneddoto toccante. Questo episodio è tanto più prezioso per noi perché contiene la prima manifestazione personale del Salvatore, perché ci permette di intravedere le profondità della sua anima e della sua infanzia, e perché è unico nei Santi Vangeli. È vero che la letteratura apocrifa ha cercato di sollevare il velo che copre i primi anni di Nostro Signore Gesù Cristo, e che abbonda di informazioni sulla vita nascosta a Nazareth. Ma, a parte alcuni dettagli che, come San Girolamo, nella sua lettera Ad Laetam, può paragonare a un po' d'oro in molto fango, che povera idea ci dà del Bambino-Dio. Una rappresentazione teatrale di miracoli inutili, favole sconvolgenti, un Gesù che non è né umile, né obbediente, né semplice, che si atteggia davanti a tutti: questo è ciò che vi si trova. La Provvidenza ha permesso che questi strani libri giungessero fino a noi affinché potessimo meglio comprendere la differenza tra i Vangeli del cielo e i Vangeli della terra. Vedi l'opera di Brunet già citata.
Luca 2.41 Ma i suoi genitori si recavano ogni anno a Gerusalemme per la festa della Pasqua. – Questo versetto e quello seguente contengono i dettagli preliminari della storia. I suoi genitori andavano ogni anno…Primo dettaglio, di natura più generale. Ogni anno è un'ellissi per "in occasione della festa di Pasqua", quindi i genitori di Gesù fecero un pellegrinaggio a Gerusalemme. Ma è probabile che l'evangelista stia abbreviando in questo punto, e che se menziona solo la Pasqua è perché l'episodio che racconta ebbe luogo durante questa solennità. Infatti, secondo la legge ebraica, tre volte all'anno – a Pasqua, a Pentecoste e alla Festa delle Capanne – gli Israeliti dovevano visitare il santuario e rafforzare così i legami che li univano alla teocrazia (cfr. Esodo 2,14 ss.; 34,23; Deuteronomio 16,16). Non c'era eccezione, tranne che per... i malati, gli anziani, i bambini piccoli e donne. Ma queste donne, per pietà, si recavano spesso a Gerusalemme per celebrare almeno la festa della Pasqua (cfr. 1 Samuele 1,7; Matteo 27,55; Marco 15,4; Luca 23,55). Hillel aveva persino tentato di rendere obbligatoria per loro questa presenza. In ogni caso, non ci sorprende affatto vedere che Sposato accompagnò il suo santo sposo a Gerusalemme.
Luca 2.42 Quando ebbe compiuto il dodicesimo anno, salirono là, secondo l'usanza di questa festa, Questa età ricopriva un'importanza fondamentale tra gli ebrei, a causa di un'antica usanza legata a vari dettagli della vita di Mosè, Salomone e altri. Da bambini prima di raggiungerla, si diventava uomini al suo superamento; ma soprattutto, in questo periodo, si diventava "figli della legge", ovvero soggetti a tutti i precetti della legge mosaica, perché ormai considerati abbastanza forti da osservarli, anche nei loro aspetti più difficili. Di conseguenza, all'età di dodici anni, il giovane israelita era vincolato ai digiuni e ai pellegrinaggi di cui abbiamo parlato. Ne consegue, quindi, che il viaggio descritto in questo luogo da san Luca sia stato il primo di quelli compiuti da Gesù a Gerusalemme dopo la sua Presentazione al Tempio? Diversi esegeti lo hanno accettato (von Burger, Abbott, ecc.). Ma sembra più naturale credere, con sant'Agostino, Maldonato, Luca di Bruges, Giansenio e altri, che i suoi genitori non lo avessero abbandonato nei loro precedenti pellegrinaggi. La circostanza della sua età è del tutto incidentale nel racconto dell'evangelista.
Luca 2.43 E quando tornarono a casa, trascorsi i giorni della festa, il bambino Gesù rimase in città, senza che i genitori se ne accorgessero. 44 Pensando che fosse con i loro compagni di viaggio, camminarono tutto il giorno, poi lo cercarono tra i parenti e i conoscenti. – Gesù smarrito a Gerusalemme. Le celebrazioni pasquali duravano un’intera ottava, cioè 8 giorni consecutivi (cfr Esodo 12,15; Levitico 23,3 ss.; Deuteronomio 16,3), ed è molto probabile, secondo l’espressione di san Luca, che Sposato E Giuseppe rimase a Gerusalemme per otto giorni interi prima ancora di prendere in considerazione l'idea di partire. Tuttavia, si poteva partire anche il terzo giorno, una volta conclusa la parte più importante della cerimonia. Il bambino Gesù rimase a Gerusalemme. Rimase, come egli stesso spiega poco più avanti, al versetto 49, perché «gli affari del Padre suo» lo richiedevano: non avvertì né la Madre né san Giuseppe, perché era secondo il piano segreto di Dio che essi fossero addolorati per la sua temporanea perdita. I suoi genitori non se ne accorsero.. Vedi il versetto 33 e la spiegazione. Sembra a prima vista molto strano che Sposato e Giuseppe furono così separati da Gesù, e che poi lasciarono Gerusalemme senza trovarlo. Ma tutto si spiega facilmente se consideriamo le circostanze della scomparsa del Bambino. La Sacra Famiglia non viaggiava da sola (cfr v. 44); stava tornando a Nazaret con una carovana composta da molti pellegrini galilei. Ora, la partenza di una carovana orientale è tanto lenta e caotica quanto rumorosa. Spesso, quindi, i giovani impazienti prendono l'iniziativa e tutti si incontrano alla fermata successiva; le madri lo sanno e non si preoccupano. Oppure, anche se erano partiti insieme, si formano presto vari gruppi. Donne E gli anziani di solito cavalcano gli asini; gli uomini e i giovani vanno a piedi; mille incidenti rallentano o accelerano il viaggio; i bambini, che all'inizio corrono accanto ai padri, presto si uniscono a un gruppo vicino. Non dimentichiamo, inoltre, che siamo in Oriente, dove, a dodici anni, si è già spesso trattati come un giovane. Infine Sposato Giuseppe e sua moglie conoscevano Nostro Signore e, sebbene la sua sapienza fosse evidente a tutti fin dai suoi primi anni, nessuno ne aveva la prova più di sua madre e custode. Per tutte queste ragioni, a cui possiamo aggiungere, seguendo Eutimio, l'economia della divina Provvidenza, Sposato Giuseppe e la sua famiglia non furono troppo sorpresi dall'assenza di Gesù, presumendo giustamente che fosse con la loro gente. Tuttavia, dopo un giorno di cammino (sei o sette ore) durante il quale il Bambino non era ricomparso, la carovana si fermò per la notte e i membri di ogni famiglia si riunirono per preparare un accampamento comune. Fu allora che Sposato E Giuseppe, vedendo che Gesù non si univa a loro, cominciò a cercarlo tra i diversi gruppi. «Il Salvatore rimase nascosto affinché i suoi genitori non potessero opporsi alla discussione che voleva avere con i dottori della legge; o forse voleva evitare di dare l'impressione di disprezzare l'autorità dei suoi genitori rifiutando di obbedire loro. Perciò rimase nascosto, o per agire con piena libertà o per non essere accusato di disobbedienza». (Catena dei Padri Greci).
Luca 2.45 Non avendolo trovato, tornarono a Gerusalemme per cercarlo.Dopo inutili sforzi, ripresero il cammino verso Gerusalemme. La santa coppia continuò la sua straziante ricerca dal luogo in cui si erano fermati fino a Gerusalemme. Quel giorno, la spada del dolore predetta da Simeone dovette trafiggerli crudelmente nell'anima. Sposato.
Luca 2.46 Dopo tre giorni lo trovarono nel tempio, seduto in mezzo ai dottori, mentre li ascoltava e li interrogava. – Gesù trovato nel tempio, vv. 46-50. – Dopo tre giorni. Non è il ritorno dei genitori di Gesù a Gerusalemme, come vorrebbero de Wette, Baumgarten-Crusius, ecc., ma la loro partenza, che serve da punto di partenza per il conteggio. Il primo giorno, lasciarono la città santa e si diressero verso nord; il secondo giorno, giunsero a Gerusalemme; il terzo, incontrarono il Salvatore. Nel tempio. Gesù non si trovava nel santuario stesso, ma in uno degli annessi del tempio. Tra i molti edifici designati con questo nome c'erano stanze utilizzate per le lezioni accademiche dei rabbini: fu in una di queste stanze che Gesù fu trovato. L'evangelista descrive la sua postura in termini pittoreschi, che rendono viva la scena davanti ai nostri occhi. È seduto tra i maestri, non però come uno di loro, come erroneamente credono i pittori (i migliori che hanno raffigurato questa scena sono Giotto, Ferrari, Bernardino Luini, Pinturicchio, Giovanni d'Udine e Valentino), ma su una stuoia, alla maniera degli scolari orientali. È vero che non si limitò ad ascoltare l'insegnamento dei rabbini, poiché il testo sacro afferma espressamente che egli stesso parlò per interrogarli; ma anche in questo, si comportò più come uno studente che come un insegnante. In effetti, il metodo rabbinico incoraggiava notevolmente le domande e le obiezioni degli studenti: questo è evidente in ogni pagina del Talmud. "Ho imparato molto dai miei rabbini", diceva un vecchio insegnante ebreo; "Ho imparato ancora di più dai miei colleghi; ma è dai miei studenti che ho imparato di più". Del resto, la nostra opinione è quella dei Padri (cfr. Orig. hl; S. Greg. Pastoral. 3, 26; Maldonat e D. Calmet), e l'idea contraria sarebbe del tutto contraria allo spirito del bambino Gesù. – Qual era l'oggetto delle domande di Gesù? Possiamo dedurlo dal resto della sua vita: "Che ne pensate del Cristo?" avrebbe poi chiesto ai dottori ebrei. "Di chi è figlio?" Le domande del bambino erano indubbiamente della stessa natura di quelle dell'uomo maturo. Un Vangelo apocrifo afferma falsamente che Gesù iniziò a spiegare ai rabbini stupiti il numero delle sfere e dei corpi celesti, la loro natura e il loro funzionamento, e a descrivere la fisica, la metafisica, l'iperfisica e l'ipofisica. cfr. Evang. Infantiae arabicum, capp. 48-52.
Luca 2.47 E tutti quelli che lo ascoltavano erano deliziati dalla sua intelligenza e dalle sue risposte. – Il loro stupore li sopraffece. Lo storico Giuseppe Flavio, sempre pronto a parlare di sé, racconta nella sua Vita, capitolo 1, che a 14 anni stupì tutti con la precocità e la profondità della sua intelligenza, al punto che sacerdoti e dottori si divertivano a interrogarlo sulla Legge mosaica. Ma cos'era la sapienza di un bambino in confronto a quella di Gesù? La risposta di Nostro Signore a sua Madre, versetto 49, ci aiuterà a comprendere la profondità delle sue risposte ai rabbini. Beda: Per dimostrare di essere un uomo, ascoltò modestamente i dottori che erano solo uomini; ma per dimostrare di essere Dio, rispose alle loro domande in modo sublime. Le sue parole, infatti, rivelavano la sapienza divina, ma la sua età lo copriva con l'apparenza esteriore della debolezza umana; anche gli ebrei, divisi tra le cose sublimi che udivano e la debolezza esteriore che appariva loro, provavano un senso di ammirazione misto a dubbio e incertezza. Ma per noi non c'è nulla di sorprendente, perché sappiamo dal profeta Isaia che, sebbene abbia scelto di nascere piccolo bambino per noi, rimane comunque il Dio potente.
Luca 2.48 Quando lo videro, rimasero stupiti e sua madre gli disse: «Figlio mio, perché ci hai fatto questo? Tuo padre e io, angosciati, ti cercavamo».» – A sua volta, Joseph e Sposato Sono sorpresi. È Sposato Chi parla, e non Giuseppe: un dettaglio del tutto naturale, poiché l'affetto di una madre è più intenso di quello di un padre, e persino più di quello di un padre adottivo. Diversi esegeti antichi (Salmeron, Maldonat, ecc.) suggeriscono con delicatezza che la Vergine Maria abbia atteso che l'assemblea in mezzo alla quale aveva trovato Gesù si fosse dispersa prima di condividergli le sue ansie materne. In questa ipotesi, la scena che segue sarebbe stata vista solo dai membri della Sacra Famiglia. Perché ti sei comportato in questo modo nei nostri confronti? Mai prima di allora Gesù aveva rattristato i suoi genitori. Nell'esclamazione che così spontaneamente sgorga dal cuore di Sposato, Scrittori protestanti e razionalisti hanno cercato di trovare in questo un certo asprezza. Per quanto ci sforziamo, troviamo solo l'espressione di un tenero affetto, unito al più profondo rispetto. Vedi Luca di Bruges, hl. Sposato Non si lamenta direttamente; lascia semplicemente che siano i fatti a parlare da soli, così eloquenti: ti abbiamo cercato, profondamente angosciati. Il termine greco per "angosciati" è molto potente: descrive dolori intensi come quelli del parto. L'imperfetto indica ricerche lunghe e ardue. Sposato Prende umilmente il nome di San Giuseppe e conferisce al custode di Gesù il glorioso titolo di padre. Questo era il titolo che portava in famiglia, così come di fronte all'opinione pubblica; e lo meritava per la generosità del suo amore per il Bambino divino. (cfr. Bossuet, 5a lezione della XX settimana).
Luca 2.49 Ed egli rispose loro: «Perché mi cercavate? Non sapevate che io devo occuparmi delle cose del Padre mio?».» – Sposato aveva parlato a nome di San Giuseppe non meno che a nome proprio: ecco perché Nostro Signore rivolge la sua risposta a loro collettivamente. Questa risposta è di infinito valore per noi, non solo per la sua immensa portata e i suoi significativi insegnamenti, ma anche perché contiene il primo detto evangelico di Gesù, anzi, l'unico detto che i Santi Vangeli hanno conservato dai suoi primi trent'anni. Il razionalismo, che non conosce rispetto, l'ha anche attaccato, sostenendo che Gesù mostra rigidità e persino insubordinazione verso la madre e il padre adottivo; mentre, al contrario, è ammirevole sotto ogni aspetto e veramente degno di Gesù. Nobile e semplice allo stesso tempo, che unisce maestà e’umiltà, Non è meno appropriato al Figlio dell'uomo che al Figlio di Dio. Ma ha profondità insondabili, e si può capire che menti ristrette e superficiali, accecate dai pregiudizi religiosi, siano state incapaci di comprenderlo. Alle due domande di Sposato, Il Divino Bambino risponde con due contro-domande. Gesù non biasima in alcun modo sua Madre e San Giuseppe per aver cercato con ansia il loro amato figlio; semplicemente ricorda loro, in termini rispettosi e delicati, la sua natura superiore e i grandi doveri che essa gli impone. Vedi Beda il Venerabile, hl La frase alle cose del Padre mio Questa espressione ha ricevuto due interpretazioni, entrambe ugualmente autorizzate dall'uso classico. Le versioni siriaca e armena, diversi Padri (Origene, Sant'Epifanio, Teofilatto, Eutimio) e vari esegeti (Kuinoel, Meyer, ecc.) l'hanno considerata sinonimo di "nella casa del Padre mio" e di conseguenza di "nel tempio". Perché non dare subito per scontato, come avrebbe pensato Gesù, che fossi nel palazzo di Dio, il mio Padre celeste? In questo modo vi sareste risparmiati una ricerca ardua. La maggior parte dei commentatori mantiene il significato di "affari del Padre mio", il che è molto meglio, crediamo, perché la prima traduzione limita inutilmente l'idea (cfr. 1 Timoteo 4:15 e Genesi 41:5 nella Settanta). Sposato aveva menzionato il «padre» di Gesù: il Salvatore riprende questo titolo, ma per dargli un significato infinitamente più alto, l’unico, del resto, che corrispondesse alla realtà dei fatti. «Correggendo, in un certo senso, le parole di Sposato Riguardo a colui che si credeva suo padre, rivela il vero Padre, insegnando che viene dall'alto» (Graec. ap. Cat. D. Thom. hl) – Gesù indica così il motivo per cui era rimasto a Gerusalemme: gli affari del Padre celeste lo avevano trattenuto. Sublime distinzione tra i diritti di Dio e di Sposato di lui. Gesù ama profondamente sua madre e il suo padre adottivo; ma il suo amore per loro non può prevalere sul dovere, sulla volontà del cielo. Si stupisce quindi, per così dire, che non abbiano avuto questo pensiero prima, proprio come "un amante si stupirebbe se gli si volesse assegnare una direzione diversa da quella del Polo Nord". Il "programma" di tutta la vita di Gesù, la chiave di tutti i suoi misteri, è stato trovato proprio in questa parola. Occuparsi delle cose del Padre era costantemente il suo ideale. (cfr Gv 4,34; 8,29; 9,4; 14,31, ecc.) Se mai l'espressione di un bambino è stata profetica, è sicuramente quella che abbiamo appena letto. Ma prefigurava la rinuncia e il sacrificio, generosamente accettati ogni volta che era in gioco la gloria di Dio.
Luca 2.50 Ma non capirono cosa stava dicendo loro. Questo versetto non significa che le parole di Gesù fossero un enigma assoluto per i suoi genitori, poiché sapevano meglio di chiunque altro che egli era il Cristo predetto dai profeti. San Luca intendeva semplicemente dire che allora non avevano colto appieno la portata della risposta di Gesù. Qual era il nesso tra l'attuale presenza del Bambino nel tempio e le vicende del Padre celeste? Si sarebbe rivelato al mondo subito? Aveva intenzione di dimorare regolarmente nel Tempio? Di tornarvi frequentemente? Avrebbe iniziato lì la sua predicazione e il suo ministero? Queste e altre domande simili affollavano le loro menti e non riuscivano a trovare una soluzione completa. Poiché si aspettavano grandi cose da lui, tutto sembrava loro misterioso e non riuscivano a indovinare il tempo o i mezzi con cui i suoi piani si sarebbero realizzati. La loro immensa umiltà Ciò impedì loro di sottoporre Gesù a una serie di domande. Ricordavano chiaramente il modo scelto da Dio per l'Annunciazione, l'Incarnazione e la dissipazione dei dubbi di San Giuseppe su come comportarsi con la Vergine. Sposato. Ci sono innumerevoli cose nelle profezie che sono molto chiare e che sono state comprese solo in seguito, cfr. Dom Calmet. «San Giovanni (…) spiega a più riprese che le parole del Maestro, enigmatiche all'epoca, dovevano essere comprese in seguito, cfr. 12,16; 13,7; 14,25-26; 15,26-27; 16,12-15» cfr. La Bibbia cristiana, I quattro Vangeli, Québec, edizioni Anne Sigier, 1988, §18, p. 120.
Luca 2.51 Scese dunque con loro e venne a Nazaret e stava loro sottomesso. Sua madre custodiva tutte queste cose nel suo cuore. – Gesù, torna nell’ombra dopo questo momentaneo splendore. Il grazioso fiore di Nazareth si era aperto leggermente e aveva sprigionato un po’ del suo profumo; ma ora si richiude per molti anni, per diciotto anni interi, che San Luca ha riassunto in due versetti. È vero che questo riassunto è inesauribilmente ricco. Era soggetto a loro. «Sono pieno di stupore per questa affermazione», ha scritto Bossuet, nell'ottava lezione della XX settimana. «È forse questo l'intero scopo di Gesù Cristo, il Figlio di Dio? Il suo ruolo è solo quello di obbedire a due delle sue creature» (cfr. Filippesi 2,7). Che immagine ammirevole in queste tre parole: «Era loro sottomesso». Sua madre conservava tutte queste cose… Nel versetto 19, san Luca aveva già indicato questa contemplazione perpetua di Sposato di fronte ai misteri di Gesù; tuttavia, qui usa un'espressione più forte. La Madre meditava quindi giorno e notte sulle parole e sulle azioni del Figlio. Questo ritiro a Nazareth fu per lei un tempo di dolci gioie, che nulla turbò dopo l'episodio del tempio, tranne la morte di San Giuseppe, avvenuta, con ogni probabilità, qualche tempo prima del ministero pubblico di Nostro Signore. cfr. Giovanni 2, 12, dove il santo patriarca non è neppure menzionato in una enumerazione molto accurata della famiglia umana del Salvatore.
Luca 2.52 E Gesù cresceva in sapienza, statura e grazia davanti a Dio e agli uomini. – San Luca aveva già indicato, al versetto 40, l'infanzia di Nostro Signore Gesù Cristo come un periodo di sviluppo universale. Prima di lasciare la vita nascosta per entrare nella vita pubblica, fa una riflessione simile sull'adolescenza del Messia. Gesù stava progredendo. Questa crescita aveva un triplice scopo: la mente, il corpo e l'anima. – 1. La mente. Fin dai primi secoli della Chiesa, sorse un serio dibattito su questo punto. In che senso, ci si chiedeva, si può parlare di sviluppo intellettuale in Nostro Signore Gesù Cristo? L'accordo su questo argomento non è sempre prevalso tra i teologi. Diversi Padri, e in particolare Sant'Atanasio, Orat. 3 contra Arian. c. 51 ss., non esitarono ad ammettere un genuino progresso nella conoscenza di Cristo. Come Dio, dicevano, Gesù conosceva tutte le cose dall'eternità; ma, come uomo, cresceva in sapienza man mano che la sua intelligenza veniva illuminata dagli splendori del Verbo. A Sant'Atanasio e ad altri santi Dottori sembrò che questa interpretazione delle parole di San Luca permettesse di confutare più chiaramente e facilmente gli ariani, che ne abusavano per affermare che Gesù Cristo non era Dio, poiché il suo essere era limitato. Ma altri Padri affermavano allo stesso tempo che in Gesù non c'era stato alcuno sviluppo intellettuale propriamente detto. Secondo San Cirillo, Thesaur. Assert., l. 10, c. 7, se egli cresceva, "non era perché la sua umanità, che era perfetta fin dall'inizio, potesse aumentare, ma perché si manifestava progressivamente". La crescita, quindi, avveniva solo in relazione agli altri esseri umani. Nel Medioevo, la questione fu ripresa e chiarita nel modo più felice. I teologi scolastici distinsero tra la conoscenza divina o increata di Nostro Signore, che non è diversa dalla conoscenza della Santissima Trinità, e la conoscenza umana o creata che Cristo possiede come uomo. Divisero ulteriormente questa conoscenza umana in tre rami: conoscenza beatifica (o visionaria), conoscenza infusa e conoscenza acquisita (derivante dall'esperienza). Per conoscenza visionaria, intendevano la conoscenza che l'anima di Cristo traeva, come quella degli angeli e dei beati, dalla contemplazione intuitiva dell'essenza divina; per conoscenza infusa, le intuizioni che Dio gli trasmetteva costantemente e direttamente; dalla conoscenza acquisita, dalle nozioni che gli venivano dal ragionamento, dall'esperienza e così via. Ora, secondo l'opinione comune, la conoscenza beatifica e infusa di Nostro Signore Gesù Cristo furono perfette fin dal primo istante del suo concepimento; pertanto, non avrebbero potuto essere aumentate. Tuttavia, emettevano raggi più luminosi ogni giorno, "come il sole, che, dal suo sorgere allo zenit, diventa sempre più luminoso e si dice che progredisce, non perché vi sia una crescita in lui, ma solo di fatto, perché gradualmente diffonde su di noi una luce più abbondante" (Coron. Jansenius, Comm. in Luc. 2, 52). Al contrario, la sua scienza sperimentale crebbe costantemente. Non che, tuttavia, insegnasse a Gesù cose completamente nuove; ma gli mostrava, sotto una nuova luce, idee che già conosceva in virtù della sua conoscenza infusa. Così, secondo Lettera agli Ebrei, 5,8: «Pur essendo Figlio, imparò dalle proprie sofferenze che cosa significa obbedire». Queste distinzioni ci sembrano chiarire perfettamente questo punto delicato: esse ristabiliscono anche l'armonia tra i Padri, poiché spiegano come alcuni potessero ammettere il progresso nella sapienza del Salvatore mentre altri lo rifiutavano. – 2. Il corpo. Il termine greco è ambiguo e può significare sia «altezza» che «età». Seguendo molti esegeti, preferiamo il primo di questi due significati. Del resto, la differenza non è grande, poiché, durante una parte significativa della vita umana, lo sviluppo dell'altezza e del vigore fisico accompagna la crescita nell'età. – 3. L'anima, o sviluppo morale. Qui incontriamo la stessa difficoltà che si è verificata con il progresso intellettuale di Gesù. Si risolve in modo simile. Seguendo i teologi, distinguiamo ulteriormente tra "abitudini e atti soprannaturali, principi ed effetti. Le opere di grazia o gli atti di virtù crescevano e si moltiplicavano incessantemente; ma le abitudini infuse, le disposizioni virtuose, la grazia santificante – tutto ciò che la sua natura di Dio-Uomo richiedeva nella sua anima – non potevano crescere. Il Salvatore possedeva sempre questi doni al massimo grado" (Bacuez, Manuale Biblico, vol. 3, Nuovo Testamento, Parigi 1878, p. 171). Questa è in effetti la dottrina di San Tommaso, terza parte, domande da 7 a 12: "In Cristo, non poteva esserci aumento di grazia come nei beati... se non secondo l'effetto, cioè nella misura in cui qualcuno compie opere più virtuose". Da ciò, possiamo comprendere come la crescita di Gesù, sia in sapienza che in grazia, sia avvenuta non solo tra gli uomini, ma anche presso Dio. (Cfr. 1 Samuele 2:26, dove si fa una riflessione simile a proposito del giovane Samuele). Da allora in poi, un silenzio assoluto circondò Nostro Signore Gesù Cristo. I primi eventi della sua vita sembravano prefigurare una serie ininterrotta di miracoli; ma ora la cronaca sacra lo mostra vivere in profonda oscurità, come un povero artigiano (cfr. Mc 6,3) che si guadagna il pane col sudore della fronte. Tuttavia, dice San Bonaventura, Vita Christi, cap. 15, "senza fare nulla di meraviglioso, compì proprio una specie di miracolo".
Se ora dovessimo confrontare i racconti della Santa Infanzia secondo San Matteo e San Luca, potremmo dire che, pur armonizzandosi molto bene, come è stato dimostrato sopra (vedi nota al versetto 39), differiscono tuttavia notevolmente tra loro. Nel Vangelo secondo San Matteo, San Giuseppe sembra essere la figura principale; nel racconto di San Luca, al contrario, non lo è. Sposato che è generalmente in primo piano. San Luca racconta un numero maggiore di eventi; la sua narrazione ci permette di comprendere meglio i primi trent'anni della vita di Gesù. Sembrerebbe, secondo un'affascinante finzione di Padre Faber, Betlemme, (p. 239 ss.) che fu tra i primi ad adorare Gesù presso la mangiatoia, e che assistette anche ai misteri della Presentazione, di Nazareth, ecc., tanto dettagliate e vivide sono le sue descrizioni. È preminentemente l'evangelista della Santa Infanzia, proprio come San Giovanni è l'evangelista della divinità del Verbo.


