Lettura della lettera di san Paolo apostolo agli Efesini
Benedetto sia il Dio e Padre del nostro Signore Gesù Cristo! Egli ci ha benedetti e arricchiti di benedizioni spirituali nei luoghi celesti in Cristo.
Egli ci ha scelti in Cristo prima della creazione del mondo, affinché fossimo santi e irreprensibili al suo cospetto nell'amore.
Egli ci ha predestinati a diventare suoi figli adottivi per mezzo di Gesù Cristo, secondo il beneplacito della sua volontà, a lode della gloria della sua grazia, che ci ha dato nel suo Figlio diletto.
In lui siamo diventati proprietà di Dio, predestinati secondo il piano di colui che opera ogni cosa che egli ha prestabilito, perché fossimo a lode della sua gloria, noi che per primi abbiamo sperato in Cristo.
Scelti prima della creazione del mondo: vivere la rivoluzione dell'elezione divina
Scopri come la nostra dignità eterna in Cristo trasforma radicalmente la nostra identità, la nostra vocazione e il nostro modo di abitare il mondo..
Immagina di essere scelto prima ancora che il mondo esistesse. Questa sconvolgente realtà è al centro dell' Lettera agli Efesini, In questo brano, Paolo rivela un mistero abbagliante: Dio ci ha scelti in Cristo prima della fondazione del mondo. Questa elezione divina non è una questione di caso o di merito, ma di un amore che precede ogni esistenza. Trasforma radicalmente la nostra comprensione di noi stessi e del nostro stesso essere. Lungi dall'essere una mera dottrina astratta, questa verità coinvolge la nostra vita quotidiana e la nostra missione nel mondo.
Esploreremo innanzitutto il contesto e la ricchezza del testo di Efesini. Poi analizzeremo la dinamica centrale dell'elezione divina. Tre assi tematici svilupperanno la portata di questa rivelazione: l'identità trasformata, la vocazione alla santità, e il dimensione comunitaria. Esamineremo anche la tradizione spirituale prima di proporre percorsi concreti di meditazione e azione.
Una benedizione cosmica
Là Lettera agli Efesini Rappresenta uno dei vertici del pensiero paolino. Scritto probabilmente durante la prigionia dell'apostolo, è rivolto alle comunità dell'Asia Minore, composte da cristiani di origine ebraica e gentile. Il contesto è quello di una Chiesa nascente che cerca di comprendere la propria identità in un mondo attraversato da divisioni etniche, sociali e religiose. Paolo scrive per rivelare il piano eterno di Dio e unire questi credenti attorno a una visione condivisa.
Il brano che stiamo considerando apre la lettera con un'esplosione di lode. Il testo greco originale forma un'unica, mozzafiato frase, un torrente di benedizioni che trascina il lettore in un movimento ascendente. Questa forma letteraria ricorda le berakoth ebraiche, le benedizioni liturgiche che punteggiano le preghiere di Israele. Paolo adatta questa tradizione, indirizzandola interamente a Cristo. La struttura ritmica e poetica del testo suggerisce che potrebbe trattarsi di un antico inno liturgico, utilizzato nelle celebrazioni delle prime comunità cristiane.
Il vocabolario utilizzato è sorprendente per la sua densità teologica. I termini benedizione, elezione, predestinazione, figliolanza adottiva, grazia e gloria si intrecciano per tessere un arazzo complesso. Ogni parola ha un peso considerevole nella tradizione biblica. Benedizione evoca l'atto creativo della Genesi, in cui Dio benedice l'umanità. Elezione richiama la scelta di Israele, un popolo prescelto per una missione universale. Predestinazione si riferisce al piano sovrano di Dio che guida la storia verso il suo compimento.
Il testo colloca questa elezione in un contesto temporale mozzafiato: prima della fondazione del mondo. Questa espressione proietta il lettore oltre ogni cronologia umana, nell'eternità divina. L'amore di Dio per l'umanità, quindi, non inizia con l'Incarnazione, né con la creazione. Esiste da tutta l'eternità, nel mistero della vita trinitaria. Questa anteriorità assoluta capovolge la nostra consueta comprensione del rapporto tra Dio e l'umanità.
Lo scopo di questa elezione è chiaro: che possiamo essere santi e irreprensibili davanti a Lui, nell'amore. santità Il termine "immacolato" qui non si riferisce a una perfezione morale irraggiungibile, ma a una consacrazione a Dio, a un'appartenenza radicale. Il termine evoca il vocabolario sacrificale del Tempio, dove potevano essere offerte solo vittime immacolate. Paolo traspone questa esigenza cultuale nell'ambito esistenziale: siamo chiamati a diventare noi stessi l'offerta vivente, trasformati dall'amore.
Un altro tema fondamentale del brano è la genitorialità adottiva. Nel mondo greco-romano, l'adozione consentiva la trasmissione di un'eredità e di un nome a qualcuno esterno alla famiglia. Paolo usa questa realtà giuridica per esprimere la straordinaria grazia di Dio: diventiamo figli nel Figlio, eredi della sua gloria. Questa genitorialità non deriva dalla natura, ma dalla pura bontà divina, manifestata in Gesù Cristo.
Infine, il testo sottolinea la dimensione della lode. L'espressione "a lode della gloria della sua grazia" ricorre come un ritornello. L'elezione divina non è finalizzata principalmente alla nostra felicità individuale, ma alla manifestazione della gloria di Dio. Siamo scelti per diventare testimoni ammirati e abbaglianti della sua bontà gratuita. Questa prospettiva teocentrica riorienta la nostra intera esistenza verso la gratitudine e la celebrazione.
Il paradosso della libertà nelle elezioni
L'affermazione dell'elezione divina solleva immediatamente una tensione fondamentale. Come si può conciliare questa scelta preventiva di Dio con la libertà umana e la responsabilità personale? Questa domanda ha permeato l'intera storia della teologia cristiana, suscitando dibattiti e controversie. Eppure, il testo di Efesini non presenta mai l'elezione come un'inevitabilità schiacciante, ma come una gioiosa liberazione.
La chiave per comprenderla risiede nella natura stessa dell'amore divino. Dio non sceglie alcuni per escludere altri, ma chiama tutti a entrare in Cristo. L'elezione non crea una cerchia ristretta di individui privilegiati, ma apre uno spazio di grazia infinita dove tutti possono trovare il loro posto. In Cristo cadono le barriere: ebrei e gentili, schiavi e liberi, uomini e donne sono chiamati a formare un solo corpo.
Questa elezione in Cristo costituisce proprio il cuore del paradosso. Non siamo scelti come individui isolati, secondo misteriosi criteri di predilezione divina. Siamo scelti in Cristo, cioè incorporati a Lui mediante la fede e il battesimo. L'elezione diventa allora partecipazione alla figliolanza unica del Figlio. Non è arbitraria ma cristologica: chi aderisce a Cristo entra nel movimento dell'elezione eterna.
Questa prospettiva trasforma radicalmente la nostra comprensione della predestinazione. Lungi dall'essere un determinismo cieco, rivela il piano benevolo di Dio per l'umanità. Dio desidera radunare tutte le cose in Cristo, ricapitolare l'intero universo sotto un solo capo. La nostra predestinazione individuale fa parte di questo piano universale di salvezza. Siamo predestinati a diventare ciò che siamo chiamati a essere: figli nel Figlio, testimoni della grazia.
La libertà umana non è quindi negata, ma accolta e trasfigurata dall'elezione divina. Dio non ci tratta come marionette, ma come collaboratori della sua opera. Ci sceglie affinché, a nostra volta, possiamo scegliere di appartenergli. Questa reciprocità non stabilisce l'uguaglianza tra Dio e l'umanità, ma manifesta la straordinaria dignità riconosciuta alla creazione. Siamo capaci di rispondere alla chiamata divina, di accogliere o rifiutare la grazia.
Il testo sottolinea anche la natura gratuita di questa elezione. Essa deriva da gentilezza di Dio, non dei nostri meriti attesi. Nulla in noi giustifica questa scelta, nessuna qualità preesistente la spiega. Questa gratuità radicale disarma ogni orgoglio e stabilisce un umiltà gioiosi. Non possiamo vantarci di nulla se non misericordia infinito che ci ha afferrati. Questa consapevolezza dissolve pretese e sterili paragoni.
Infine, l'elezione divina orienta tutta la nostra esistenza verso un obiettivo trascendente: vivere nella lode della gloria di Dio. Questa finalità dossologica non è un vincolo esterno, ma la fioritura del nostro essere più profondo. Creati a immagine di Dio, troviamo la nostra vera gioia nel contemplare e celebrare il suo splendore. L'elezione ci rivela la nostra vocazione fondamentale: essere adoratori in spirito e verità, testimoni radiosi di Dio. gentilezza divine.
Una nuova identità: dalla vergogna alla dignità
L'elezione divina opera una trasformazione radicale della nostra identità. Prima di incontrare Cristo, l'esistenza umana è spesso caratterizzata da una ricerca di identità segnata da incertezza e fragilità. Cerchiamo il nostro valore nei nostri successi, nel nostro aspetto, nelle nostre relazioni o nei nostri beni. Queste fondamenta si dimostrano sempre precarie, soggette ai capricci del tempo e delle circostanze. La rivelazione della nostra elezione eterna capovolge questa situazione.
Scoprire di essere sempre stati scelti stabilisce una sicurezza ontologica incrollabile. Il nostro valore non dipende più dalle nostre prestazioni o dalle opinioni degli altri. Si fonda sull'amore previo di Dio, che precede ogni esistenza. Questa certezza ci libera dalle molteplici tirannie che gravano sulla vita contemporanea: l'ossessione del successo, la paura del fallimento, il costante bisogno di approvazione. Possiamo finalmente respirare, sapendo che la nostra dignità è stata stabilita per tutta l'eternità.
Questa nuova identità è particolarmente evidente nel nostro rapporto con il peccato e la colpa. L'uomo contemporaneo oscilla tra due estremi ugualmente distruttivi: o un senso di colpa opprimente che paralizza ogni iniziativa, o una negazione del male che impedisce ogni vera conversione. L'elezione divina apre una terza via. Riconosce la realtà del peccato senza confinarci ad esso. Siamo peccatori, certo, ma questa realtà non definisce il nostro essere più profondo. Siamo prima di tutto i figli eletti, amati, adottati.
Questa rivelazione trasforma anche il nostro rapporto con gli altri. Riconoscere di essere stati scelti ci permette di riconoscere che lo è anche ogni essere umano. L'elezione in Cristo ha una portata universale: riguarda potenzialmente tutta l'umanità. Nessuno è escluso a priori da questa chiamata. Questa consapevolezza distrugge le gerarchie umane basate sulla razza, sullo status sociale o sulle capacità naturali. Davanti a Dio, siamo tutti ugualmente amati, ugualmente chiamati a santità.
Il testo sottolinea la nostra vocazione ad essere santi e immacolati nell'amore. Questa espressione merita particolare attenzione. santità Non consiste nel raggiungere una perfezione morale irraggiungibile con le nostre sole forze. Significa innanzitutto una relazione, un'appartenenza esclusiva a Dio. Essere santi significa essere separati per Dio, consacrati al suo servizio. Questa consacrazione non è una fuga dal mondo, ma un modo nuovo di abitarlo, trasfigurati dalla presenza divina.
L'immacolata si riferisce alla purezza sacrificale richiesta nel culto ebraico. Paolo traspone questo requisito nel regno etico e spirituale. Siamo chiamati a diventare noi stessi l'offerta, a fare della nostra intera vita un atto spirituale di adorazione. Questa offerta non si realizza nell'isolamento ascetico, ma nell'amore. santità Il cristianesimo è essenzialmente relazionale: si realizza nell'amore di Dio e del prossimo.
Questa trasformazione dell'identità implica una lotta spirituale costante. Il vecchio io, segnato dal peccato e dai desideri, non scompare all'istante. Persiste come una tendenza, un peso che ci tira verso il basso. Il nuovo io, creato secondo Dio nella giustizia e santità, Deve crescere gradualmente. Questa crescita richiede la nostra attiva cooperazione: rinunciare alle opere morte, accogliere la grazia e praticare la virtù. L'elezione divina non ci esenta dallo sforzo, ma gli conferisce significato e potere.

La santità come vocazione collettiva
L'elezione divina non riguarda mai individui isolati, ma un popolo. Paolo usa costantemente il "noi" nel nostro brano. Questa dimensione collettiva dell'elezione contrasta nettamente con l'individualismo contemporaneo. Siamo tentati di pensare al nostro rapporto con Dio come a una questione strettamente personale, un dialogo privato tra l'anima e il suo creatore. La prospettiva biblica è radicalmente diversa.
Dio sceglie un popolo che sia il suo dominio speciale, il suo bene prezioso. Questa espressione evoca il vocabolario dell'alleanza con Israele. Il popolo eletto dell'Antica Alleanza prefigurava la Chiesa, il nuovo popolo di Dio radunato in Cristo. Questa continuità è evidente. lealtà divino nel corso della storia. Dio non cambia idea; adempie ciò che ha promesso fin dall'inizio.
La dimensione ecclesiale dell’elezione ha notevoli implicazioni pratiche. Significa che non possiamo vivere pienamente la nostra vocazione cristiana in solitudine. Abbiamo bisogno l'uno dell'altro per crescere nella santità. La Chiesa non è semplicemente un'aggregazione di individui salvati, ma un corpo organico in cui ogni membro contribuisce al bene dell'insieme. I doni e i carismi distribuiti dallo Spirito servono al bene comune.
Questa interdipendenza spirituale richiede una conversione di mentalità. La moderna società occidentale valorizza l'autonomia, l'indipendenza e l'autorealizzazione. Questi valori hanno aspetti positivi, ma diventano tossici quando assolutizzano l'individuo. L'autentica vita cristiana, al contrario, presuppone un gioioso riconoscimento della nostra reciproca dipendenza. Portiamo i pesi gli uni degli altri, gioiamo insieme, soffriamo insieme.
Là santità Questo aspetto collettivo è particolarmente evidente nella liturgia. Il culto cristiano non è mai una mera giustapposizione di preghiere individuali. Costituisce l'atto preminente del corpo ecclesiale unito a Cristo. Quando celebriamo l'Eucaristia, Non siamo una moltitudine di individui isolati, ma un solo corpo offerto con Cristo al Padre. Questa unione sacramentale anticipa la comunione perfetta del Regno.
Essere scelti come popolo implica anche una responsabilità missionaria. Israele è stato scelto per essere luce per le nazioni, testimone di lealtà divino davanti a tutti i popoli. La Chiesa eredita questa vocazione. Siamo scelti non per godere egoisticamente di privilegi spirituali, ma per annunciare a tutta la creazione le meraviglie di Dio. Il nostro santità deve irradiare e attrarre, manifestando la bellezza trasformante del Vangelo.
Questa missione si realizza innanzitutto nella qualità delle nostre relazioni fraterne. Gesù afferma che tutti riconosceranno i suoi discepoli dall'amore che hanno gli uni per gli altri. Beneficenza La vita vissuta all'interno della comunità cristiana diventa la principale testimonianza del Vangelo. Divisioni, gelosie e giudizi reciproci costituiscono quindi una scandalosa contro-testimonianza. Contraddicono nei fatti ciò che proclamiamo a parole.
La dimensione collettiva dell'elezione ci protegge anche dal settarismo e dall'esclusivismo. Non siamo scelti contro gli altri, ma per gli altri. L'elezione in Cristo ha una dinamica inclusiva; tende a radunare tutta l'umanità nell'unità. Certo, non tutti rispondono attualmente a questa chiamata. Ma nessuno è escluso in linea di principio. La Chiesa rimane aperta, accogliente, tendendo le braccia a tutti coloro che cercano verità e vita.
La grazia che precede e accompagna
Il testo di Efesini sottolinea con forza il ruolo centrale della grazia nell'elezione divina. Paolo scrive che siamo scelti secondo gentilezza di Dio, a lode della gloria della sua grazia. Questa ripetuta enfasi sottolinea che la nostra salvezza non proviene dai nostri meriti, ma dalla pura generosità divina. Questa verità fondamentale percorre tutta la Scrittura e costituisce il cuore della fede cristiana.
La grazia si riferisce all'amore incondizionato di Dio per le creature che non lo meritano. Precede ogni iniziativa umana, anticipa ogni buona volontà da parte nostra. Prima ancora che cercassimo Dio, Lui ha cercato noi. Prima che lo amassimo, Lui ci ha amati. Questa priorità radicale della grazia distrugge ogni spirito di calcolo o di pretesa nel nostro rapporto con Dio. Non possiamo presentargli alcun conto, rivendicare alcun diritto. Riceviamo tutto dalla sua bontà.
Questa gratuità non significa arbitrarietà. Dio non distribuisce la sua grazia a caso, come un giocatore che lancia i dadi. La sua volontà di salvare l'umanità deriva dalla sua stessa natura: Dio è amore. Non può agire se non amando, perché l'amore costituisce la sua essenza. La creazione stessa scaturisce da questo amore traboccante che desidera essere condiviso. La grazia dell'elezione prolunga e compie l'atto iniziale della creazione.
Cristo appare come il luogo e il mediatore di questa grazia. Paolo specifica che riceviamo la grazia nel Figlio amato. Questa formulazione cristologica è cruciale. La grazia non ci raggiunge in modo astratto o impersonale. Prende carne in Gesù; si rivela nella sua esistenza concreta, nelle sue parole, nelle sue azioni, nella sua morte e nella sua risurrezione. Contemplare Cristo crocifisso significa misurare le profondità insondabili dell'amore divino.
La grazia opera una vera trasformazione del nostro essere. Non si limita a dichiararci giusti lasciandoci peccatori. Ci santifica veramente, rendendoci partecipi della natura divina. Questa santificazione progredisce lungo tutta la vita cristiana. Inizia con il battesimo e si rafforza in i sacramenti, Ciò si approfondisce attraverso la preghiera e le opere di carità. Il cristiano diventa gradualmente ciò che già è per grazia: un figlio di Dio.
Questa cooperazione tra grazia divina e libertà umana definisce la vita spirituale. Dio fa tutto, ma vuole che noi facciamo tutto con Lui. Questa sinergia non si limita ad aggiungere due potenze dello stesso ordine, ma unisce l'infinito e il finito, il creatore e la creatura. La grazia non elimina la natura, ma la restaura ed eleva. Guarisce le nostre ferite, rafforza le nostre debolezze e orienta i nostri desideri verso il vero bene.
La consapevolezza di questa grazia genera’umiltà e riconoscimento.’umiltà Il cristianesimo non consiste nel disprezzare se stessi, ma nel riconoscere chiaramente la fonte di ogni bene. Possediamo doni, talenti e virtù. Ma niente di tutto questo ci appartiene in sé e per sé. Tutto è grazia ricevuta, tutto proviene da gentilezza Divino. Questa verità sradica l'orgoglio alla radice, preservando al contempo una sana autostima.
Da questa consapevolezza scaturisce spontaneamente la gratitudine. Il cuore che ha compreso la grandezza della grazia ricevuta non può che traboccare di gratitudine. La vita cristiana diventa un Eucaristia permanente, una celebrazione continua gentilezza Divino. Questa gratitudine trasforma la prospettiva su ogni cosa. Gli eventi quotidiani, anche i più ordinari, diventano occasioni per benedire Dio e riconoscere la sua presenza.
Echi della grande tradizione
La meditazione sull'elezione divina percorre tutta la storia della spiritualità cristiana. I Padri della Chiesa hanno ampiamente commentato questo passo della Lettera agli Efesini, trovandovi materiale per alimentare la fede dei fedeli. Agostino d'Ippona ha sviluppato una teologia della grazia che attinge ampiamente a questo testo. Egli sottolinea l'assoluta priorità dell'iniziativa divina nella salvezza. L'umanità decaduta, corrotta dal peccato, non può salvarsi da sola. Solo la grazia preveniente di Dio le permette di desiderare e realizzare il bene.
La tradizione monastica medievale ha profondamente contemplato il mistero dell'elezione. Bernardo di Chiaravalle ha riflettuto sull'amore speciale con cui Dio ci circonda. Ha incoraggiato i monaci ad ammirare questa straordinaria dignità: essere stati scelti da Dio prima della creazione del mondo. Questa contemplazione non li ha allontanati dal mondo, ma li ha resi più disponibili a servire i fratelli e le sorelle. Riconoscere la propria elezione porta a riconoscere quella di ogni essere umano.
Spiritualità carmelitana, con Teresa d'Avila E Giovanni della Croce, Ciò approfondisce l'esperienza mistica dell'unione con Dio. Questa unione non è un'impresa spirituale, ma il compimento dell'elezione divina. Siamo creati per Dio, predestinati a essere uniti a Lui nell'amore. Il cammino mistico non è quindi riservato a pochi privilegiati, ma rappresenta il naturale dispiegarsi della grazia battesimale. Ogni cristiano è chiamato a questa intimità trasformante con il Signore.
La Riforma protestante pose la dottrina dell'elezione al centro della riflessione teologica. Lutero sottolineò la giustificazione per sola fede, ricordandoci che non possiamo aggiungere nulla all'opera di Cristo. Calvino sviluppò una dottrina della doppia predestinazione che suscitò vivaci dibattiti. Al di là delle controversie, i Riformatori riaffermarono una verità essenziale: la salvezza procede interamente per grazia, non per opere umane.
La tradizione cattolica, in particolare con Ignazio di Loyola, Questa consapevolezza dell'elezione è integrata in una spiritualità d'azione. Siamo scelti per una missione, inviati nel mondo come Cristo fu inviato dal Padre. Questa missione è discernuta nella preghiera, illuminata dalla meditazione della Scrittura e confermata dall'obbedienza ecclesiale. L'elezione divina non è mai passiva, ma dinamica e missionaria.
La liturgia cristiana celebra questo mistero dell'elezione durante i principali eventi dell'anno liturgico. La Veglia pasquale annuncia il passaggio dalle tenebre alla luce, dalla morte alla vita. Il Battesimo ci incorpora a Cristo morto e risorto, inserendoci nel popolo degli eletti. L'Eucaristia Ci unisce al sacrificio di Cristo, conformandoci a Lui affinché possiamo vivere la sua vita. Queste celebrazioni non si limitano a commemorare eventi passati, ma rendono presente la grazia dell'elezione.
I grandi santi dimostrano concretamente cosa significa vivere secondo l'elezione divina. Francesco d'Assisi abbandona ricchezza e sicurezza per sposare Lady Povertà, Riconoscendo che Dio solo basta, Teresa di Lisieux scopre la piccola via dell'infanzia spirituale, abbandonandosi completamente all'amore misericordioso. Charles de Foucauld abbraccia la vita nascosta di Nazareth, testimone silenzioso della presenza divina nel cuore del deserto. Ognuno incarna, a modo suo, la chiamata unica che Dio rivolge loro.

Un percorso di vita interiore
Meditare sul mistero dell'elezione divina richiede un approccio graduale e concreto. Ecco alcuni passi per integrare questa rivelazione nella nostra vita quotidiana.
Iniziamo con un momento di silenzio e riflessione. Troviamo un luogo tranquillo, mettiamo da parte le distrazioni e adottiamo una postura che favorisca la contemplazione. Respiriamo con calma, lasciando che le tensioni si dissolvano. Invochiamo lo Spirito Santo affinché apra la nostra mente e il nostro cuore alla Parola. Questa preparazione non è facoltativa, ma essenziale per ricevere la grazia.
Leggiamo il testo di Efesini lentamente, più volte se necessario. Lasciamo che le parole risuonino, accogliamo le immagini che emergono. Non cerchiamo subito la comprensione intellettuale, ma assaporiamo le frasi, godiamone la bellezza. Soffermiamoci sulle espressioni che ci toccano particolarmente. Forse l'espressione dell'essere stati scelti prima della fondazione del mondo, o quella della figliolanza adottiva, o anche quella della grazia nell'Amato.
Chiediamo allora allo Spirito di aiutarci a comprendere cosa significhi veramente essere scelti da Dio. In che modo questa verità trasforma la nostra visione di noi stessi? Quali paure e insicurezze questa rivelazione lenisce? Accogliamo la consolazione che scaturisce da questa certezza di essere amati fin dal principio. Lasciamo che questa gioia penetri anche nelle nostre zone di dubbio e di oscurità.
Siamo consapevoli delle resistenze che possono sorgere. Forse un senso di indegnità, l'impressione di non meritare questo amore. O, al contrario, un sottile orgoglio che vorrebbe rivendicare questa elezione come propria. Affidiamo tutto questo a Dio con fiducia. L'elezione divina non si basa né sui nostri meriti né sui nostri demeriti, ma sulla pura bontà di Dio. Accogliamola umilmente, senza calcoli o pretese.
Contempliamo Cristo come luogo della nostra elezione. Guardiamo a lui crocifisso, misurando la portata del suo amore. Guardiamo a lui risorto, vittorioso sulla morte e sul peccato. Comprendiamo che siamo scelti in lui, incorporati nella sua Il mistero di Pascal. La nostra vita cristiana consiste nel lasciarci conformare a Lui, nell'assumere i suoi sentimenti, nel condividere le sue scelte.
Chiediamo la grazia di vivere secondo la nostra elezione. Se Dio ci ha scelti per essere santi, chiediamo il coraggio di rifiutare il peccato. Se siamo predestinati a diventare figli di Dio, comportiamoci come figli del Padre. Se la nostra vocazione è vivere nella lode della sua gloria, orientiamo tutta la nostra vita verso questo fine. Questa preghiera di conversione non è un evento isolato, ma dovrebbe nutrire il nostro cammino quotidiano.
Concludiamo con il ringraziamento, fonte e culmine della preghiera cristiana. Benediciamo Dio per le meraviglie che opera in noi. Lodiamolo per la sua bontà incondizionata, la sua infinita pazienza, la sua inesauribile misericordia. Affidiamogli le nostre intenzioni, i nostri progetti, le nostre relazioni. Chiediamogli di farci strumenti della sua pace, testimoni della sua tenerezza per il mondo.
La rivoluzione dell'amore eterno
Il mistero dell'elezione divina rivelato nel Lettera agli Efesini Trasforma radicalmente la nostra comprensione di noi stessi, di Dio e del mondo. Scopriamo che la nostra esistenza non è frutto del caso, ma nasce da un progetto d'amore che precede ogni creazione. Questa rivelazione trasforma la nostra identità, la nostra vocazione e la nostra missione.
Riconoscere di essere stati da sempre scelti da Dio fonda la nostra dignità su un fondamento incrollabile. Nulla può separarci da questo amore, né la morte né la vita, né gli angeli né i principati. Questa certezza ci libera dalle tante paure che paralizzano l'esistenza contemporanea. Possiamo affrontare le prove con fiducia, sapendo di essere sostenuti da una grazia più forte di ogni altra cosa.
La chiamata a santità La responsabilità che scaturisce dalla nostra elezione non è un peso opprimente, ma un invito gioioso. Dio ci ha predestinati a diventare conformi all'immagine del suo Figlio. Questa trasformazione avviene gradualmente, attraverso la cooperazione della grazia divina e della nostra libertà. Ogni giorno offre nuove opportunità per crescere nell'amore, per lasciarci plasmare dallo Spirito.
La dimensione collettiva dell'elezione ci ricorda che non siamo individui isolati, ma membri di un corpo. La Chiesa costituisce il popolo degli eletti, riuniti da ogni nazione, razza e lingua. Questa comunione trascende ogni divisione umana e anticipa la perfetta unità del Regno. Siamo chiamati a manifestarla ora. fratellanza universale.
Vivere secondo il cammino scelto richiede un impegno concreto e quotidiano. Non si tratta semplicemente di aderire intellettualmente a una dottrina, ma di permettere a questa verità di trasformare la nostra intera esistenza. Le nostre scelte, le nostre parole, le nostre azioni devono testimoniare questa nuova identità. Siamo figli adottivi, eredi della gloria, templi dello Spirito.
Questa vita vissuta secondo il cammino da noi scelto si irradia necessariamente verso l'esterno, nel mondo. Non siamo scelti per noi stessi, ma per diventare la luce delle nazioni, il sale della terra. Il nostro santità Deve attrarre e convertire, manifestando la bellezza del Vangelo. Ogni incontro diventa un'occasione per rivelare l'amore di Dio, ogni gesto un sacramento della sua presenza.
Lo scopo ultimo della nostra elezione rimane la lode della gloria divina. Siamo creati, scelti e santificati per diventare adoratori in spirito e verità. Questa vocazione dossologica troverà piena realizzazione nella vita eterna, dove contempleremo la bellezza di Dio faccia a faccia. Ma inizia ora, nella liturgia terrena che prefigura la liturgia celeste. Possa tutta la nostra vita diventare una cosa sola. Eucaristia, un continuo ringraziamento per le meraviglie compiute in noi.

Pratico
- Medita ogni mattina sulla frase "Dio mi ha scelto prima della fondazione del mondo" per ancorare la mia dignità al suo amore eterno.
- Esaminare ogni giorno se le mie scelte riflettono la mia identità di figlio adottivo o se sto vivendo secondo le mie vecchie abitudini.
- Prego ogni giorno per un membro della mia comunità, riconoscendo che insieme formiamo il popolo eletto.
- Ringraziare Dio in modo specifico per tre grazie ricevute, coltivando la gratitudine come atteggiamento fondamentale dell'esistenza cristiana.
- Identificare un'area della mia vita che resiste al santità e chiediamo la grazia di una trasformazione graduale.
- Partecipare attivamente alla liturgia domenicale come atto del popolo eletto radunato per la lode della gloria divina.
- Per dare prova concreta della mia elezione attraverso un atto di carità verso una persona bisognosa questa settimana.
Riferimenti
Lettera di San Paolo agli Efesini, capitoli da 1 a 3, per il contesto generale della teologia paolina dell'elezione
Lettera ai Romani, Capitoli 8 e 9, sviluppo della dottrina della predestinazione e della grazia
Agostino d'Ippona, La città di Dio e Della grazia, opere principali sulla teologia dell'elezione
Tommaso d'Aquino, Summa Theologica, Domande sulla predestinazione e la divina provvidenza
Giovanni Calvino, Istituzione della religione cristiana, Libro III, Esposizione riformata della dottrina dell'elezione
Teresa di Lisieux, Storia di un'anima, testimonianza spirituale della piccola via fondata sull'abbandono a misericordia
Hans Urs von Balthasar, Il dramma divino, una riflessione contemporanea sulla libertà e la grazia umana
Catechismo della Chiesa Cattolica, paragrafi 257-260 e 1426-1429, insegnamento magisteriale sulla predestinazione e la conversione


